Dalle donne al vertice della politica non è ancora arrivato, in questo secolo, alcun segnale di guida sicura. Sparita la tedesca Angela Merkel, le colleghe che hanno sostituito a livello europeo lei da un lato e Mario Draghi dall’altro sono ancora lontanissime dal riuscire a mostrare qualcosa di soddisfacente proveniente dal loro operato. Giorgia Meloni è tuttora lontana anni luce dai risultati, anche solo iniziali, mostrati dalla Merkel post sovietica al suo esordio da Cancelliera, che doveva completare l’unificazione delle due Germanie. Christine Lagarde è addirittura più deludente, se guardiamo un po’ più in dettaglio ai risultati che ottiene coi suoi prudentissimi rialzi da un quarto di punto ogni volta (ma è già al quarto, che vale quindi due punti netti oltre il limite fisiologico del 2%). Speriamo non voglia davvero imitare il coriaceo ma vincente Paul Volcker.
Metà Europa è già in recessione, l’altra ci arriverà presto se la sua politica finanziaria continuerà su questa traccia. Infatti l’unico risultato tangibile che ottiene ogni volta che alza i tassi è l’immediato balzo in su dei valori di Borsa (che possono servire solo a confortare i “poveri” risparmiatori recentemente disturbati nei loro viaggi pre-agostani dai pretenziosi scioperi selvaggi della manovalanza nostrana, palesemente “incapace” di risparmiare). Ma queste cose ormai le sanno tutti e comunque Lagarde ha già avvisato che lei non mollerà la presa finché non sarà certa di aver sconfitto l’inflazione (potrebbe impiegarci anni).
Obbligazioni e titoli pubblici “europei” aiuterebbero certamente molto a completare il già lungo percorso per il raggiungimento di una Unione europea vera, ma lei non ne parla nemmeno (di che ha paura?). Draghi era riuscito ad ottenere dalla Commissione europea il via libera ai Quantitative easing europei (ovvero l’acquisto da parte della Bce e il deposito presso di essa di titoli statali emessi dalle nazioni europee aderenti all’Unione). Presto potrebbe essere di nuovo necessario questo aiuto soprattutto per evitare, o almeno contenere, l’inevitabile rialzo dei tassi sul nostro debito, non appena dovesse diventare reale la caduta in recessione.
Tutto questo accade nelle ovattate stanze dei banchieri (non solo “centrali”), ma sono proprio loro quelli che decidono, di fatto, chi nei prossimi due o tre anni diventerà ricco e chi invece diventerà povero.
Qualche merito (di questo tipo) appartiene tuttavia anche a chi, nel contempo, avanza col passo dello “schiacciasassi” nel nostro Parlamento allo scopo di attuare la riforma fiscale per la nuova tassazione. Questo incarico è in mano a uno che ha già combinato abbastanza guai con le sue “leggi elettorali” (definite da lui stesso “porcate”, per l’evidente modo di turlupinare gli elettori con leggi che favoriscono il partito invece che il popolo). Non contento di pilotare la Riforma sanitaria inventando le “Autonomie differenziate”, adesso vuole realizzare un nuovo sistema di tassazione… indovinate in favore di chi?
Ne parla proprio l’ottimo Carlo Cottarelli nel numero del 23 luglio dell’Espresso, criticando in modo netto l’attuale proposta allo studio della Lega, pesantemente squilibrata a danno delle categorie più povere. Ma Cottarelli rileva persino di peggio nel “disegno legislativo della Lega”: ovvero l’utilizzo della “legge delega” (del Parlamento al Governo) a mezzo della quale il Governo è autorizzato a legiferare in vece del Parlamento stesso. Questa funzione, prevista nella nostra Costituzione, ha lo scopo di accelerare i tempi sul piano legislativo ma dovrebbe comunque, come fa rilevare Cottarelli, rispettare il primato del Parlamento, titolare a tutti gli effetti di questa funzione democratica. Il Governo dovrebbe perciò scrivere lo scopo legislativo che vuole raggiungere, ma senza entrare troppo nei dettagli.
Cottarelli fa alcuni esempi sulle differenze tra una proposta e l’altra, ma ricorda anche l’infausto precedente della legge delega (fiscale!) n.1601 del 3/12/1922 “…che iniziò il percorso verso la dittatura fascista”. Lui precisa che non pensa di certo che questo possa accadere di nuovo, ma è bene comunque ricordarlo. E’ anche il mio parere e in ogni caso, sul piano legislativo, con certi precedenti già della Lega è difficile fidarsi, ma di Calderoli… proprio per niente! Delle sue “leggi porcata” (come le chiama lui stesso) nessuno ne sente il bisogno.
Dei tre soggetti che ho illustrato in questo articolo, lui è senza dubbio l’unico del quale boccerei, se potessi, proprio ogni lavoro legislativo compiuto: troppo di parte! Troppo discriminatorio con chi non è della sua parte.