Dando ragione a Matteo Renzi sul caso Open, la Corte costituzionale potrebbe aver fatto un favore anche a Daniela Santanchè. La decisione con cui giovedì la Consulta ha accolto il conflitto di attribuzioni sollevato dal Senato contro la Procura di Firenze, infatti, rischia di complicare il lavoro dei pm di Milano che indagano la ministra del Turismo (e gli altri amministratori delle sue società, tra cui il compagno e la sorella) per falso in bilancio, bancarotta e truffa ai danni dello Stato. Il motivo? Ribaltando l’orientamento consolidato della Cassazione, i giudici delle leggi hanno deciso che le mail e le chat in cui è interlocutore un parlamentare devono essere considerate corrispondenza, e non semplici documenti. Pertanto, per sequestrarle serve l’autorizzazione della Camera di appartenenza in base all’articolo 68 della Carta. Una novità che avrà riflessi su tutte le indagini in cui sono coinvolti politici, a partire, appunto, da quella su Santanchè. La Guardia di finanza, infatti, ha sequestrato da mesi i pc di Visibilia, il gruppo editoriale fondato dalla ministra di cui i magistrati sospettano la falsità dei bilanci 2016-2020. Sui dispositivi aziendali ci sono decine di mail in cui la “pitonessa” è tra i destinatari (a volte multipli) o anche solo in copia conoscenza. Da oggi, in seguito alla pronuncia 170/2023 della Consulta, quelle comunicazioni sono divenute inutilizzabili.
Per acquisirle in modo valido, infatti, secondo la sentenza i pm avrebbero dovuto “sospendere l’estrazione di tali messaggi dalla memoria del dispositivo (o dalla relativa copia) e chiedere l’autorizzazione della Camera di appartenenza (…) al fine di coinvolgerli nel sequestro”. Il procuratore Marcello Viola e i pm titolari del fascicolo (la procuratrice aggiunta Laura Pedio e la sostituta Celestina Gravina) stanno studiando in queste ore la decisione e dovranno valutare se rivolgersi al Senato per chiedere ex post il via libera (che difficilmente verrebbe concesso) oppure rinunciare del tutto a quel materiale. Non è nemmeno detto, però, che la strada dell’autorizzazione successiva sia percorribile: la legge 140/2003, che dà attuazione all’articolo 68 della Costituzione, la prevede esplicitamente solo nel caso di intercettazione “fortuita” di conversazioni di parlamentari (o di comparsa delle loro utenze nei tabulati) e non in quello di sequestro di corrispondenza. In ogni caso, per la natura dei reati da dimostrare (principalmente basati su irregolarità contabili) difficilmente le conversazioni tra Santanché, dirigenti e impiegati avranno un valore decisivo. Potrebbero però essere utili a dimostrare il dolo della ministra, cioè la consapevolezza che i bilanci fossero truccati. Dovrebbe essere al sicuro, invece, l’accusa di truffa ai danni dello Stato relativa ai dipendenti di Visibilia che lavoravano pur essendo formalmente in cassa integrazione Covid a zero ore (per questo reato, peraltro, non risulta che Santanché sia stata iscritta nel registro degli indagati).