A Estrela Que Todos Querem così titola un giornale brasiliano del 1983. La stella che vogliono tutti, reduce da un torneo di Tolone meraviglioso e secondo il giornale futuro protagonista della nazionale verdeoro ai mondiali in Messico del 1986 è Luvanor Donizete Borges, detto semplicemente Luvanor. Qualche settimana prima il Catania del mitico presidente Angelo Massimino era tornato in Serie A dopo tre combattutissimi spareggi, superati in maniera quasi inaspettata. Alla fine di Giugno il Catania è in A…e il mercato della Serie A alla fine di Giugno del 1983 si chiude. Massimino ottiene una deroga e parte con il mister, il compianto Gianni Di Marzio, per il Brasile: sì, ricorda molto L’allenatore nel pallone.
Pare che Massimino addirittura annunciò ai giornalisti che di lì a breve sarebbe partito per un paese top secret per comprare due brasiliani… Il tempo è tiranno e i giorni di proroga sono pochi (tre): seppure le idee di Massimino e in particolare di Gianni Di Marzio, che per i calciatori ha sempre avuto il palato fine, fossero ottime, tra Careca e altri campioni per fare in fretta meglio puntare su nomi meno impegnativi.
E Luvanor è una promessa vera in quel momento in Brasile: gioca al Goias come centrocampista avanzato: veloce, buon dribbling, bel tiro e descritto come un giovane Zico che certo, secondo Placar “non tira con tanta precisione quanto Gerson o Rivelino” ma in compenso “tira bene con entrambi piedi mentre loro soltanto con uno”. Il secondo brasiliano prelevato dal paese che Massimino non aveva voluto svelare ai giornalisti era invece più affermato di Luvanor: Pedro Luis Vicencote, detto Pedrinho. Terzino con un sinistro vellutato, aveva esordito al Palmeiras e si era trasferito poi al Vasco Da Gama, entrando già nel giro della nazionale verdeoro con cui aveva partecipato alla Coppa America del 1979 e al Mondiale del 1982, pur non scendendo mai in campo.
Sono i due colpi di Massimino per la Serie A: Luvanor arriva a Catania con l’allora fidanzata, si ambienta poco, Pedrinho invece molto di più. Tuttavia già la partenza è difficile, e non riserva neppure le illusioni che solitamente sulle ali dell’entusiasmo si sviluppano per le neopromosse. Il Catania è subito fuori ai gironi in Coppa Italia, nonostante avversarie non impegnative come Reggiana, Carrarese, Verona, Cagliari e Campobasso. In campionato invece va un po’ meglio: le prime cinque partite riservano due sconfitte, due pareggi e una vittoria, con Pedrinho già autore di due reti. Più evanescente invece Luvanor, che mostra sprazzi di classe ma pure le difficoltà di confrontarsi con gli arcigni stopper italiani e soprattutto di muoversi per conquistare palla. Seguono 7 partite in cui il Catania non segna neppure un gol e conquista solo due punti: dopo una sconfitta contro il Genoa arriva il cambio in panchina e Di Marzio viene sostituito da Fabbri, ma cambia poco.
Alla fine del girone d’andata gli etnei sono ultimi con solo 8 punti conquistati. Quando arriva l’Udinese a Catania, alla seconda di ritorno, il pubblico evidentemente non soddisfatto da quello che doveva essere l’erede di Zico tifa per la versione originale del “Galinho”, incitandolo quando è sul punto di tirare le punizioni. Finirà due a zero con doppietta proprio di Zico e col pubblico catanese che lo applaude, atteggiamento che getta Pedrinho nello sconforto. Proprio lui, salutando il connazionale a fine partita gli dirà: “Come possiamo vincere se pure il nostro pubblico tifa per te?”.
La squadra riuscirà a mettere insieme solo quattro punti nel girone di ritorno e retrocederà da ultima in classifica: entrambi resteranno con gli etnei anche in Serie B. Il primo gol di Luvanor arriverà nel novembre del 1984 contro il Monza, segnerà ancora contro il Pisa alla penultima di campionato e al Verona in Coppa Italia, mentre Pedrinho si ripeterà ben più spesso. I campionati del Catania saranno in ogni caso tutt’altro che esaltanti ed entrambi torneranno in Brasile: Luvanor al Santos e Pedrinho al Vasco Da Gama. Il primo giocherà benino, terminando la carriera nel 1993, il secondo più grande di tre anni si fermerà al Bangu nel 1988. Sempre a Placar, Luvanor racconterà l’avventura a Catania come un incubo, tirando in ballo in maniera un po’ romanzata pure la mafia. Pedrinho si è affermato come procuratore, di Luvanor si sono perse le tracce…sebbene sia stata creata una varietà di peperone da serra che prende il suo nome…ci piace pensare in suo onore.
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Ti ricordi… Luvanor e Pedrinho a Catania: dalla promessa di uno Zico etneo alla varietà di peperoni in serra
A Estrela Que Todos Querem così titola un giornale brasiliano del 1983. La stella che vogliono tutti, reduce da un torneo di Tolone meraviglioso e secondo il giornale futuro protagonista della nazionale verdeoro ai mondiali in Messico del 1986 è Luvanor Donizete Borges, detto semplicemente Luvanor. Qualche settimana prima il Catania del mitico presidente Angelo Massimino era tornato in Serie A dopo tre combattutissimi spareggi, superati in maniera quasi inaspettata. Alla fine di Giugno il Catania è in A…e il mercato della Serie A alla fine di Giugno del 1983 si chiude. Massimino ottiene una deroga e parte con il mister, il compianto Gianni Di Marzio, per il Brasile: sì, ricorda molto L’allenatore nel pallone.
Pare che Massimino addirittura annunciò ai giornalisti che di lì a breve sarebbe partito per un paese top secret per comprare due brasiliani… Il tempo è tiranno e i giorni di proroga sono pochi (tre): seppure le idee di Massimino e in particolare di Gianni Di Marzio, che per i calciatori ha sempre avuto il palato fine, fossero ottime, tra Careca e altri campioni per fare in fretta meglio puntare su nomi meno impegnativi.
E Luvanor è una promessa vera in quel momento in Brasile: gioca al Goias come centrocampista avanzato: veloce, buon dribbling, bel tiro e descritto come un giovane Zico che certo, secondo Placar “non tira con tanta precisione quanto Gerson o Rivelino” ma in compenso “tira bene con entrambi piedi mentre loro soltanto con uno”. Il secondo brasiliano prelevato dal paese che Massimino non aveva voluto svelare ai giornalisti era invece più affermato di Luvanor: Pedro Luis Vicencote, detto Pedrinho. Terzino con un sinistro vellutato, aveva esordito al Palmeiras e si era trasferito poi al Vasco Da Gama, entrando già nel giro della nazionale verdeoro con cui aveva partecipato alla Coppa America del 1979 e al Mondiale del 1982, pur non scendendo mai in campo.
Sono i due colpi di Massimino per la Serie A: Luvanor arriva a Catania con l’allora fidanzata, si ambienta poco, Pedrinho invece molto di più. Tuttavia già la partenza è difficile, e non riserva neppure le illusioni che solitamente sulle ali dell’entusiasmo si sviluppano per le neopromosse. Il Catania è subito fuori ai gironi in Coppa Italia, nonostante avversarie non impegnative come Reggiana, Carrarese, Verona, Cagliari e Campobasso. In campionato invece va un po’ meglio: le prime cinque partite riservano due sconfitte, due pareggi e una vittoria, con Pedrinho già autore di due reti. Più evanescente invece Luvanor, che mostra sprazzi di classe ma pure le difficoltà di confrontarsi con gli arcigni stopper italiani e soprattutto di muoversi per conquistare palla. Seguono 7 partite in cui il Catania non segna neppure un gol e conquista solo due punti: dopo una sconfitta contro il Genoa arriva il cambio in panchina e Di Marzio viene sostituito da Fabbri, ma cambia poco.
Alla fine del girone d’andata gli etnei sono ultimi con solo 8 punti conquistati. Quando arriva l’Udinese a Catania, alla seconda di ritorno, il pubblico evidentemente non soddisfatto da quello che doveva essere l’erede di Zico tifa per la versione originale del “Galinho”, incitandolo quando è sul punto di tirare le punizioni. Finirà due a zero con doppietta proprio di Zico e col pubblico catanese che lo applaude, atteggiamento che getta Pedrinho nello sconforto. Proprio lui, salutando il connazionale a fine partita gli dirà: “Come possiamo vincere se pure il nostro pubblico tifa per te?”.
La squadra riuscirà a mettere insieme solo quattro punti nel girone di ritorno e retrocederà da ultima in classifica: entrambi resteranno con gli etnei anche in Serie B. Il primo gol di Luvanor arriverà nel novembre del 1984 contro il Monza, segnerà ancora contro il Pisa alla penultima di campionato e al Verona in Coppa Italia, mentre Pedrinho si ripeterà ben più spesso. I campionati del Catania saranno in ogni caso tutt’altro che esaltanti ed entrambi torneranno in Brasile: Luvanor al Santos e Pedrinho al Vasco Da Gama. Il primo giocherà benino, terminando la carriera nel 1993, il secondo più grande di tre anni si fermerà al Bangu nel 1988. Sempre a Placar, Luvanor racconterà l’avventura a Catania come un incubo, tirando in ballo in maniera un po’ romanzata pure la mafia. Pedrinho si è affermato come procuratore, di Luvanor si sono perse le tracce…sebbene sia stata creata una varietà di peperone da serra che prende il suo nome…ci piace pensare in suo onore.
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Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - "Affronterò il processo con la massima serenità e con la consapevolezza di poter dimostrare la correttezza del mio operato, avendo sempre agito nel pieno rispetto del regolamento previsto dall’Assemblea Regionale Siciliana. Non ho mai, nella mia vita, sottratto un solo centesimo in modo indebito e confido che nel corso del giudizio emergerà la verità, restituendo chiarezza e trasparenza alla mia posizione. Resto fiducioso nella giustizia e determinato a far valere le mie ragioni con il rispetto e la serietà che ho sempre riservato alle istituzioni". Così Gianfranco Miccichè, rinviato a giudizio per l'uso dell'auto blu, commenta il processo che partirà a luglio. "Sono però amareggiato da quanto la stampa riporta sul fatto che, secondo il pm avrei arraffato quanto più possibile- dice - Nella mia vita non ho mai arraffato alcun che e su questo pretendo rispetto da parte di tutti".
Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - L'ex Presidente dell'Assemblea regionale siciliana Gianfranco Miccichè è stato rinviato a giudizio con l'accuaa di peculato e concorso in truffa aggravata il. La prima udienza del processo si terrà il 7 luglio davanti alla terza sezione del tribunale di Palermo. Secondo l'accusa il politico, ex viceministro dell'Economia, avrebbe usato l'auto blu in dotazione, in quanto ex Presidente dell'Ars, per fini personali. In particolare avrebbe usato, non per fini istituzionali, l’Audi della Regione, per una trentina di volte, tra marzo e novembre del 2023, anche per fare visite mediche, e persino per andare dal veterinario con il gatto. Avrebbe fatto salire sull'auto anche componenti della sua segreteria e familiari.
Il suo ex autista, Maurizio Messina, che ha scelto il rito abbreviato, è stato invece condannato dal giudice per l’udienza preliminare Marco Gaeta a un anno e mezzo di carcere per truffa, più sei mesi con l'accusa di avere sottratto la somma che gli era stata sequestrata durante le indagini.
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - La Corte di Assise di Appello di Milano ha assolto, ribaltando la sentenza a sette anni inflitta in primo grado, Salvatore Pace per il concorso nell'omicidio di Umberto Mormile, l'educatore del carcere di Opera ammazzato l'11 aprile 1990. Il delitto fu rivendicato dalla Falange Armata, organizzazione terroristica sulla quale gravitavano mafiosi, 'ndranghetista e componenti dei servizi segreti deviati. Mormile, 34 anni, venne assassinato a Carpiano, nel Milanese, mentre andava al lavoro, quando due individui in sella a una moto esplosero contro di lui sei colpi di pistola. Secondo l'accusa, Pace, 69 anni, diventato collaboratore di giustizia, si sarebbe messo a disposizione dei mandanti dell'omicidio. "Attendo di leggere le motivazioni" è il commento dell'avvocato Fabio Rapici, legale di alcuni dei familiari della vittima.
Roma, 12 mar (Adnkronos) - La Difesa europea non salva il Pd. Anzi, lo spacca. A Strasburgo, al momento del voto sul piano ReArmEu, gli europarlamentari dem si sono divisi: 10 favorevoli e 11 astenuti. Non un banale testa a testa, che già sarebbe una notizia, ma una spaccatura politica. La prima, almeno così evidente, nella gestione di Elly Schlein. I riformisti dem, infatti, si sono tutti schierati per il sì. Mentre sino all'ultimo istante il capo delegazione Nicola Zingaretti ha lavorato per portare il gruppo sull'astensione in modo da disinnescare ogni tentazione a votare no. Ma la frattura non si è ricomposta.
Dopo il voto, la segretaria dem ha tenuto il punto, confermando le "molte critiche" avanzate su ReArmEu: "Quel piano va cambiato" e per farlo "continueremo a impegnarci ogni giorno", ha detto tra le altre cose. Ma l'onda del voto sulla Difesa Ue è arrivata fino al Nazareno, aprendo una discussione interna al partito in cui è riemersa anche la parola 'magica' Congresso. La foto di Strasburgo, del resto, è netta. Per il sì si sono schierati Stefano Bonaccini (il presidente del partito), Antonio Decaro, Giorgio Gori, Elisabetta Gualmini, Giuseppe Lupo, Pierfrancesco Maran, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Irene Tinagli, Raffaele Topo.
Tra gli astenuti Zingaretti, Lucia Annunziata, Brando Benifei, Annalisa Corrado, Camilla Laureti, Dario Nardella, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo, Cecilia Strada, Marco Tarquinio, Alessandro Zan. Dalle tabelle dell'aula emerge tra l'altro che nel gruppo S&D gli unici ad astenersi sono stati gli italiani più un bulgaro, un irlandese e uno sloveno. Per non farsi mancare nulla, c'è stato anche il 'giallo' Annunziata, inizialmente conteggiata tra i sì e poi conteggiata come astenuta.
(Adnkronos) - Mentre a Strasburgo i più maliziosi hanno enfatizzato non solo la presenza di Nardella tra gli astenuti, ma soprattutto quella di Strada e Tarquinio: apertamente contrari al Piano Ue, alla vigilia erano dati certi tra i no. "C'è stato l'aiutino per non far vincere il sì", ha valutato un eurodeputato dem. Lo stesso Tarquinio, del resto, a Un giorno da pecora ha ammesso: "Se avessi votato no sarebbe mancato quel po' di più che ha consentito alla delegazione Pd di avere la maggioranza pro Elly Schlein".
"E' stata sconfitta la linea dell'astensione? E' stato sconfitto il no, perché si partiva dal no", è stata la valutazione di Lia Quartapelle. La deputata dem è stata tra quelli che hanno subito chiesto l'apertura di un confronto interno. "Dobbiamo dimostrarci all'altezza. Il Pd, un grande partito, deve argomentare dove vuole stare con una discussione che sino ad oggi non c'è stata", ha spiegato. Sulla stessa linea Piero Fassino e anche Marianna Madia: "Abbiamo la necessità di discutere e capire. Non possiamo fare tutto questo stando zitti o con un mezzo voto. Congresso o Direzione? Va bene tutto, basta che ci sia una discussione", ha detto la deputata.
Ai riformisti ha risposto Laura Boldrini: "Mi sarei aspettata che il gruppo del Pd al Parlamento europeo votasse compatto sull'astensione, che è la strada trovata dalla segretaria Schlein. Non è il momento di alimentare divisioni". Ma anche nell'area di maggioranza interna non è mancata la chiamata al confronto: "E' giusto che ci sia una discussione seria. E' una responsabilità che abbiamo tutti ed è interesse della segretaria, che io sostengo, che questa discussione si faccia nelle forme e con la rapidità necessarie", ha detto Gianni Cuperlo. Mentre è stato Andrea Orlando a chiedere un Congresso tematico: "Potrebbe essere utile anche per portare la discussione fuori dal solo gruppo dirigente" e per "chiarirsi le idee".
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - "Morte naturale per infarto". Sono questi i primi risultati dell'autopsia per Carmine Gallo, l'ex super poliziotto protagonista della lotta contro la criminalità organizzata a Milano e ai domiciliari dallo scorso ottobre per l'inchiesta Equalize sui presunti dossier illeciti, morto domenica nella sua abitazione a Garbagnate Milanese. Si tratta dei primi riscontri dei medici legali, poi "arriveranno i tossicologici" chiesti in via precauzionale per escludere qualsiasi altra causa.
Roma, 12 mar (Adnkronos) - "Il libro di Follini rappresenta la foto di un mondo rovesciato rispetto al presente, un’America rovesciata, ieri prevaleva il senso della misura e il ragionamento, oggi prevale il populismo”. Lo ha detto il deputato del Pd Stefano Graziano presentando in conferenza stampa a Montecitorio il libro di Marco Follini 'Beneficio d’inventario'.
"Centrale è la parte che racconta della vita politica all’epoca del padre di Marco Follini, Vittorio, e dei leader politici del tempo da Francesco Cossiga, ad Aldo Moro, passando per Marco Pannella. Non tutti avevano la stessa idea politica ma erano tutti uniti nella forza di voler difendere la democrazia, una democrazia ottenuta con lotte, sangue, catastrofi e quindi seppur lontani politicamente, erano uniti dal dialogo. Una differenza abissale con l’Italia di oggi pericolosamente in mano ai sovranisti, dove tutto è concepito fuorché il dialogo. Forse questo abisso non è solo italiano ma sta prevalendo in tutto l’Occidente e la cosa è abbastanza preoccupante”, ha aggiunto Graziano.
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - "La manovra repentina, improvvisa e del tutto imprevedibile, frutto certamente di una decisione di decimi di secondo attuata dal conducente del motoveicolo TMax non ha consentito al conducente del veicolo Giulietta di poter attuare alcuna manovra difensiva efficace". E' quanto sostiene la consulenza cinematica disposta dalla Procura di Milano e affidata all'ingegnere Domenico Romaniello. La relazione attribuisce la responsabilità dell'incidente a Fares Bouzidi, già indagato per omicidio stradale, l’amico di Ramy Elgaml che guidava lo scooter. Quando lo scooter da via Ripamonti svolta a sinistra verso via Quaranta, "con una deviazione improvvisa", per il consulente Fares imprime "una correzione di rotta verso destra", in direzione del marciapiede, e il carabiniere alla guida "non poteva certamente prevedere tale pericolosissima manovra e nulla ha potuto fare per evitare tale contatto, in ragione della impossibilità di poter attuare sia una correzione di rotta, sia una frenata efficace nello spazio a disposizione".
Non solo: il militare alla guida "non avrebbe altresì potuto neanche sterzare verso destra per la presenza del pedone (il testimone che riprende la scena con il cellulare) che per il conducente dell’autovettura è stato chiaramente percepito con la vista periferica" spiega l'ingegnere che ha realizzato la consulenza ricostruendo le condizioni di visibilità e velocità dell'inseguimento avvenuto la notte del 24 novembre scorso. Quella che mette in atto il carabiniere ora indagato per omicidio stradale (per lui si va verso la richiesta di archiviazione) è "una manovra difensiva obbligata": se lo scooter guidato da Fares avrebbe mantenuto la traiettoria 'naturale' chi guidava la Giulietta "non avrebbe sostanzialmente avuto problemi a mantenere il proprio veicolo iscritto nella curva da percorrere per la svolta a sinistra".
Quando Fares imposta la curva verso via Quaranta il T Max viaggia a una velocità di quasi 55 chilometri l'ora, quando il motociclo finisce la sua corsa contro il palo semaforico l'urto avviene a circa 33 chilometri orari. Per il consulente incaricato dalla procura la macchina che insegue, per evitare l'urto, "avrebbe dovuto disporre di uno spazio complessivo per l’arresto di circa 24 metri", mentre "il conducente aveva a disposizione circa 12 metri soltanto prima di giungere all’urto contro il palo semaforico".