di Francesco Torrigiani*
Siamo a Deir ez Zor, nel nord-est della Siria, a oltre 500 km da Damasco. Una città che era splendida, ma che dopo 12 anni di guerra, oggi appare in molte zone ancora spettrale: distrutta per il 75%, con buona parte della popolazione colpita da insicurezza alimentare, interi quartieri ridotti a un cumulo di macerie, molte delle infrastrutture essenziali inservibili, a partire da quelle idriche. Solo gli aiuti paracadutati dal cielo, consentirono ai suoi abitanti di sopravvivere ai 3 anni di assedio dell’Isis tra il 2014 e il settembre 2017.
Coraggio tra le rovine
Sono qui da pochi giorni per seguire due interventi di Oxfam che hanno l’obiettivo di garantire acqua, cibo e un reddito alle comunità dell’area, ma ho capito subito che è grande da parte di tutti la voglia di mettersi al lavoro, superando quell’angoscia che la distruzione di vite e luoghi inevitabilmente mette in circolo tra menti e strade.
Molti giovani colleghi siriani, impegnati a riportare un po’ di normalità in questa terra flagellata, hanno vissuto buona parte della loro vita in guerra, ma non mollano e con coraggio aiutano le persone a rimettersi in piedi, contribuendo alla ricostruzione del Paese, convinti che riuscirà a rialzarsi, che i suoi cittadini riavranno una vita dignitosa.
Le botteghe che hanno riaperto tra le rovine di Deir ez Zor offrono lavoro e insegnano un mestiere ai ragazzi, danno speranza e fiducia.
La più grave crisi alimentare dall’inizio del conflitto
Dopo il terremoto dello scorso febbraio, la Siria è finita sull’orlo del collasso economico, oltre 15 milioni di persone dipendono dagli aiuti umanitari per sopravvivere e il 90% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Tra gli altri effetti: un aumento esponenziale dei prezzi dei beni alimentari, una inarrestabile svalutazione della moneta nazionale, 12 milioni di siriani che soffrono la fame, uno dei dati più alti dall’inizio del conflitto, e circa 6,8 milioni di sfollati interni.
L’area di Deir ez Zor in particolare, è desertica, il clima è estremo, e si riesce a coltivare solo nelle zone servite dall’Eufrate o dai pozzi.
Anche per questo, oltre che nell’area rurale di Damasco, Oxfam concentra qui i suoi sforzi per riattivare l’agricoltura e ripristinare i canali di irrigazione millenari andati distrutti, sostenendo i coltivatori e la produzione e commercializzazione di beni agricoli come formaggio, frutta e ortaggi, mangimi per animali e cereali. Può apparire come un paradosso, ma il nostro è un obiettivo che ha a che fare con la realtà: sostenere l’agricoltura proprio dov’è nata molto tempo fa, al centro della Mezzaluna fertile.
Siamo in un contesto tradizionale, il ruolo della donna è limitato. Molte famiglie, a volte allargate, però sono guidate proprio da loro, rimaste sole a farsene carico. Il nostro progetto darà supporto quindi anche ad associazioni che si battono per i diritti delle donne siriane e per un loro maggiore coinvolgimento nei processi decisionali, aiutandole a trovare spazio nella propria comunità e nella società siriana, non solo nei campi o tra le mura domestiche.
La sfida di garantire il pane alla popolazione
Per garantire la sussistenza della popolazione siriana è fondamentale allo stesso tempo garantire la disponibilità di prodotti alimentari di base come il pane a prezzi calmierati.
In Siria esiste un sistema organizzato di panifici pubblici, che però a causa della drastica riduzione della produzione interna di grano causata dal conflitto (passata da circa 4 milioni di tonnellate nel 2011/12 a circa 1 milione di tonnellate nel 2022/23), non riesce a garantire la quantità di pane minima giornaliera già oggi, e ancor meno riuscirà a farlo in futuro con il rientro di molti sfollati dopo la fine degli scontri. Qualcosa si può fare con l’aiuto di interventi tecnici, come aggiustare il sistema di raffreddamento delle impastatrici, che migliorano la qualità del pane e delle condizioni di chi lo produce.
La comunità internazionale continua a girarsi dall’altra parte
Resta deludente intanto la risposta della comunità internazionale per fronteggiare l’emergenza: gli aiuti anche per il 2023 saranno insufficienti.
Nel corso della Conferenza sulla crisi che si è tenuta lo scorso giugno a Bruxelles sono stati annunciati 5,6 miliardi di euro sotto forma di sovvenzioni e 4 miliardi come prestiti per la popolazione siriana all’interno del Paese e nei paesi vicini. Una goccia nel mare, di fronte ai reali bisogni di una popolazione costretta ogni giorno a scelte impossibili per poter sopravvivere: comprare cibo o medicine? Mandare i bambini a scuola o farli lavorare?
Nel frattempo nei giorni scorsi il Consiglio di Sicurezza dell’Onu non è riuscito a trovare un accordo per la proroga dell’invio degli aiuti transfrontalieri in ingresso nel Paese. Un passo indietro, che adesso mette ulteriormente a rischio la sopravvivenza di milioni di persone.
*referente per le filiere agricole di Oxfam Italia