Il salario minimo generale è stato introdotto in Germania il primo gennaio 2015, diventando da allora la soglia a tutela dei lavoratori al di sotto della quale tutti i salari non possono scendere, contribuendo al contempo ad un’onesta concorrenza e garantendo contestualmente maggiore stabilità dei sistemi di assicurazione sociale. Oggi, dopo nove aumenti, è pari a 12 euro all’ora, mentre al suo esordio era di 8,50 euro. La Commissione paritetica composta da datori di lavoro e sindacati che ogni due anni è chiamata a valutarne la congruità ha suggerito che dal primo gennaio 2024 il salario minimo salga a 12,42 euro e nel 2025 a 12,82. I dati dell’Ufficio nazionale di statistica dell’aprile 2022 indicano che il 23,35% dei lavoratori – circa 9,3 milioni su 39,8 di occupati – guadagnano meno di 14 euro l’ora, mentre il 14,8% il minimo attuale di 12 euro. Per Dietmar Bartsch, co-capo dei Linke, sarebbero necessari minimi salariali di almeno 14 euro orari per compensare l’inflazione. Sulla stessa linea si era espresso a inizio luglio anche il capo della Spd, Lars Klingbeil, chiedendo aumenti tra 13,50 e 14 euro, smentito però dal cancelliere Scholz che ha dichiarato di non voler superare le indicazioni della Commissione. Il capo del sindacato DGB Yasmin Fahimi per contro ha definito gli aumenti previsti “uno schiaffo in faccia a quasi sei milioni di lavoratori”.
Il salario minimo unitario era stato previsto nella Mindestlohngesetz o MiLoG l’11 agosto 2014. La legge integrava i minimi già stabiliti dalla contrattazione collettiva e quelli previsti per gli appalti pubblici, che non sempre però erano già a quel livello. Era opinione diffusa peraltro che il minimo salariale legale dovesse essere accompagnato da controlli e che non dovesse essere interpretato come un freno all’estensione della contrattazione collettiva, volta a garantire retribuzioni più elevate. La MiLoG poi non si applicava – ed è così ancora oggi – ad alcuni gruppi: giovani sotto i 18 anni senza completamento dell’istruzione professionale; praticanti in ambito scolastico o di studio, volontario, o di orientamento fino a tre mesi; disoccupati di lunga data per i primi sei mesi. Erano anche ipotizzate esenzioni per un massimo di due anni nei settori in cui già vigeva un salario inferiore ma scaturito dalla contrattazione collettiva, generalmente vincolante, con sindacati rappresentativi.
Secondo i dati dell’Istituto di economia e studi sociali WSI, diffusi dalla fondazione Hans Böckler, all’epoca esistevano 18 minimi salariali settoriali diversi che riguardavano 4,6 milioni di occupati; oggi sono invece 12. In sei settori il minimo restava ancora inferiore agli 8,50 euro l’ora e furono previsti aumenti a scalini per arrivare a introdurre la soglia stabilita per legge entro un biennio. Si trattava dell’industria della macellazione in cui dall’ottobre 2015 il minimo da 8 euro venne elevato a 8,60 e da dicembre 2016 a 8,75. Per i parrucchieri il minimo vigente dal 2013 venne elevato nell’agosto 2015 a 8,50 euro. In agricoltura, forestazione e giardinaggio in cui c’era ancor una differenza tra est ed ovest (rispettivamente 7,20/7,40 euro), da gennaio 2016 i minimi salirono a 7,90/8 euro l’ora, per poi unificarsi dal gennaio 2017 a 9,10. Il lavoro interinale, che ad est aveva un minimo salariale di 7,86 euro, sarebbe stato elevato a 8.20 da aprile 2015 per passare a 8,50 nel giugno 2016. Il tessile pure con un minimo più basso ad est (7,50 euro), da gennaio 2016 salì a 8,25 e ancora a novembre 2016 a 8,75. Infine, nelle lavanderie, sempre ad est il minimo di 8 euro venne aumentato nel giugno 2016 a 8,75. Dal 2017 entrò in vigore in tutti i settori un minimo di 8,84 euro l’ora.
Per i transfrontalieri impiegati regolarmente in Germania c’erano – come adesso per tutti i lavoratori con contratto estero in Germania, inclusi stagionali o addetti ad orario ridotto (Mini-Jobber) – anche le regole della Arbeitnehmer-Entsenendengesetz (AEntG) che rimandava alle condizioni di lavoro minime determinate con la contrattazione collettiva, che all’epoca oscillavano tra i 7,20 ed i 14,20 euro orari, a seconda del settore e della regione. Allo stesso modo per i lavoratori interinali vigeva -e così anche oggi- la tutela della Arbeitnehmerüberlassungsgesetz (AÜG).
In 12 Länder su 16 esistevano già delle indicazioni sui minimi salariali per gli appalti pubblici. In quattro – Berlino, Brema, Amburgo e Schleswig-Holstein- erano state emesse delle vere e proprie leggi regionali estese a tutti i casi di concessione di contributi pubblici. Il minimo salariale per gli appalti in Nord-Reno Vestfalia, Schleswig-Holstein, Renania Palatinato e Brema era così già superiore a quello legale di 8,50 euro l’ora. In generale nel 2015 oscillava tra gli 8,50 ed i 9,18 euro.
L’Unione europea ha legiferato con un proprio regolamento che se non impone una soglia di salario minimo, delinea comunque degli standard per determinarla, attualizzarla ed imporla. Vincolando al contempo i Paesi membri a presentare entro novembre 2024 dei piani per estendere la vincolatività della contrattazione collettiva dove essa sia inferiore all’80%, rimettendo la determinazione dei minimi tariffari anche all’esterno del controllo pubblico.