Il progetto per la riqualifica del borgo di Isnello aveva nobili fini di “rigenerazione culturale e sociale”. Peccato che quel progetto, inserito dal ministero della Cultura tra quelli che avranno una tranche milionaria del Pnrr, riguardi l’abbattimento e la ricostruzione di un palazzo che invece si trova a Palermo: “Il fatto che si parli di un palazzo del Settecento avrebbe dovuto mettere in allarme i tecnici del ministero”, nota Gianpiero Caldarella, capogruppo di minoranza in Consiglio comunale nel paesino di 1.300 abitanti. Già giornalista e autore di satira (vicedirettore del settimanale dell’Unità “Emme” e caporedattore de “Il Male” di Vauro e Vincino), è stato lui a notare il vistoso errore. Nel progetto che assegna a Isnello un milione e 344mila euro, infatti, viene infatti indicato un palazzo settecentesco che porta sì il nome del borgo, ma si trova nel capoluogo: “Itinera (il nome del progetto, ndr) parte dal riconoscimento di un ruolo di assoluta centralità nei confronti del palazzo Termine di Isnello o palazzo Sant’Antimo al Cassaro, noto oggi come palazzo delle Poste”, si legge nelle schede pubblicate nel sito del ministero della Cultura. Ed ecco l’equivoco: il palazzo a Palermo, spesso chiamato per brevità “palazzo Isnello”, porta il nome del borgo madonita e si trova alla Kalsa, ovvero nel cuore del centro storico del capoluogo siciliano. Il palazzo delle Poste, invece, è il vero edificio che a Isnello si vuol demolire e ricostruire.

E dire che per redigere il progetto il Comune aveva stanziato 1.550 euro (Iva inclusa) per affidare alla società Eu Consulting “l’assistenza tecnica, la consulenza, la redazione del progetto definitivo (…) e la compilazione delle schede tecniche progettuali, compreso l’inoltro su piattaforma telematica al MiC”. “Effettivamente a pagina 3 c’è un refuso, un singolo refuso su 156 pagine. Più avanti è indicato il palazzo giusto, così come nei trenta allegati. Mi spiace, ma poi è tutto dettagliato, e si tratta di un finanziamento molto importante per il borgo. I tempi sono molto stretti e qualche cosa ci è sfuggita, ma teniamo moltissimo a questo progetto”, spiega, con grande umiltà e sincerità, Rosario Genchi di Eu Consulting.

È anche vero, però, che nelle schede del progetto si indugia addirittura nella descrizione del palazzo palermitano: “Un edificio risalente al XVIII secolo e monumento di grande interesse architettonico, artistico e storico dallo stile post-barocco del 1750 e che incorpora al suo interno ben sei edifici medievali preesistenti”. Il piccolo palazzo delle Poste di Isnello, vero oggetto del finanziamento, è un piccolo edificio di due piani: difficile, dunque, che possa incorporare addirittura “sei edifici medievali preesistenti”. “Un errore può anche capitare”, apre le braccia Caldarella. Che però sottolinea un altro aspetto: “Nella descrizione del luogo si parla anche di alberghi, di varia categoria, distribuiti soprattutto nelle contrade di – e cito testualmente – Piano Torre, Piano Zucchi, Bevaio del Faggio e Piano Battaglia. Chi conosce i luoghi sa che questi alberghi, tranne un rifugio a Piano Battaglia, sono tutti chiusi da anni, alcuni pesantemente vandalizzati. Chi compila i bandi non dovrebbe lasciarsi prendere la mano da licenze poetiche e descrizioni fuorvianti”.

Nelle schede del progetto, la descrizione di Isnello svela, in effetti, un’anima sensibile: “Un piccolo borgo di pietra sospeso tra le montagne e che punta alle stelle, immerso nel cuore del Parco delle Madonie, adagiato tra le pieghe di una vallata, cui fa da vigile sentinella la possente mole della Montagna Grande (…) Isnello è un paese dove ancora si lavora la lana con il telaio, dove mani laboriose ed esperte stendono vere e proprie “reti d’amore“, dove l’ormai trascorsa arte della lavorazione del vetro e la conciatura delle pelli reca testimonianza nella toponomastica, dove il dialetto non presenta il fenomeno della metafonesi”. Questo si legge nel sito del ministero della Cultura. Eppure, “scoprire che il Palazzo Sant’Antimo al Cassaro si trova a Palermo e non a Isnello la dice lunga anche sulla qualità dei controlli messi in opera dal ministero”, chiosa il capogruppo dell’opposizione. Per fortuna però il vero oggetto della riqualificazione non è il palazzo della Kalsa, ma il Palazzo delle Poste di Piazza Mazzini del borgo madonita, un edificio pubblico in cattive condizioni che grazie al progetto finanziato dal Pnrr dovrebbe risorgere a nuova vita come centro polifunzionale che “funga nel breve periodo da info-point per tutte le iniziative organizzate a livello inter-territoriale, da luogo di accoglienza e smistamento per i prossimi visitatori del borgo”. Sempre che non intendano smistarli a Palermo.

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