Edoardo Bennato si è raccontato in una lunga intervista al Corriere della Sera e la giornalista Candida Morvillo descrive da subito un 77enne in forma strepitosa: la chiacchierata dopo il concerto, alle 4 del mattino, con il cantante che scambia messaggi con Mauro Corona. Domanda d’obbligo proprio il segreto della sua forma: “Potrei dire: lo sport. E in più, appena percepisco che qualcosa non mi quadra, lo evito. A 15 anni, trovai quegli oggetti strani: le sigarette. Ne provo una e dico: che schifo. E tutti: sì, ma poi ti abitui. Siamo un pianeta di masochisti. Io sono punker isterico perché vivo in una società che si dice acculturata, si vaccina e poi si fa male in modo violento, con alcol, fumo, droghe…“. Dagli esordi con l’allora direttore della Ricordi che disse a Bennato “Un giorno credi è bella, Una settimana e un giorno pure, però, a Radio Rai dicono che hai la voce sgradevole e non le trasmettono, quindi, per noi, finisce qui. Ti consiglio di cambiare mestiere”, al 1980 quando, primo italiano, riempì San Siro: “Ho potuto farlo perché ero circondato dai compagni d’infanzia, quelli della scala B, della scala D… Abbassammo il biglietto anche a mille lire, mentre per i Pooh ce ne volevano magari dieci. E facemmo 15 stadi in 30 giorni, mezzo milione di presenze. Invece, negli anni ’70, ai concerti, arrivavano i picchiatori, fascisti pure se non erano di destra. Ci menavano quelli di Avanguardia Operaia, di Lotta continua. A Pesaro, nel settembre ’67, siccome avevamo suonato alla Festa dell’Unità, arrivarono in 15 scandendo: Bennato, Bennato, il sistema ti ha comprato. Pensavano di farci paura, ma io dissi: chi sono questi scornacchiati? E io e i miei gli saltammo addosso lanciandoci dal palco. I figli di papà se la videro con noi figli di operai. Io mi presi una coltellata alla schiena, ma ogni volta erano pugni, sprangate”. E c’è tempo anche per parlare d’amore, del fatto che sì, il cantautore sta ancora assieme alla mamma di sua figlia Gaia: “(…) L’abbiamo fatta crescere nell’ armonia, infatti, è stupenda, sa fare tutto, è per me quello che è stata mia madre. L’ho avuta a quasi 60 anni con una ragazza che non solo l’ha fatta bella, ma che vive per lei. Suo padre me l’aveva detto: Silvana, da sempre, vuole solo diventare mamma. Io avrei voluto una squadra di calcio, sono pure un esperto di cambio pannolini. Penso che i figli ti aggancino alla realtà”. Poi, la chicca su “Un’estate italiana“: “Quella sigla d’Italia ’90 non volevo farla, sapevo che non me l’avrebbero perdonata. Giorgio Moroder ci mise la musica, io e Gianna Nannini i testi. L’espressione “notti magiche” la misi io, ma era dell’amico Gino Magurno. La frase “e dagli spogliatoi escono i ragazzi siamo noi” è di Gianna. Avevo ragione, comunque: un critico musicale mi disse che ero stato un eroe finché non mi ero messo a sgambettare col pallone”.