Come racconta una ricerca pubblicata nei giorni scorsi da Amnesty International, il 16 luglio il portavoce della polizia iraniana Saeed Montazer-Almahdi ha annunciato il ritorno delle pattuglie di polizia per controllare l’obbligo di indossare il velo. Subito dopo hanno iniziato a circolare sulle piattaforme social video che mostravano donne aggredite da agenti di polizia a Teheran e Rasht e forze di sicurezza che sparavano gas lacrimogeni contro persone che cercano di impedire gli arresti delle donne.
La nuova fase repressiva in nome della morale, in realtà, è iniziata prima di luglio: certo in forma meno visibile, con agenti e auto della polizia morale privi di identificativi e insegne, con metodi spesso diversi dall’arresto e dal pestaggio. Ma secondo fonti ufficiali dal 15 aprile 2023 più di un milione di donne ha ricevuto “messaggi” di avvertimento via sms, una volta fotografate alla guida senza velo.
Sono stati inviati 133.175 sms per chiedere il fermo di veicoli per una durata di tempo specifica, sono state sequestrate duemila automobili e sono stati segnalati alla magistratura di tutto l’Iran più di quattromila casi di recidiva. Numerose donne sono state sospese o espulse dalle università, è stato loro impedito di sostenere gli esami finali e negato l’accesso ai servizi bancari e ai mezzi di trasporto pubblico. Infine, sono stati raccolti 108.211 rapporti riguardanti la commissione di “reati” all’interno di esercizi o centri commerciali. Centinaia di questi sono stati chiusi per non aver fatto rispettare l’obbligo del velo.
Ma non basta. Il 21 maggio la magistratura e il governo hanno presentato al parlamento un “Disegno di legge per sostenere la cultura della castità e dell’hijab”. In base a questa proposta, le donne e le ragazze che appaiono senza velo negli spazi pubblici e sui social media o che “mostrano nudità di una parte del corpo o indossano abiti sottili o aderenti” andranno incontro a multe, confische di auto e dispositivi di comunicazione, divieti di guida, detrazioni dallo stipendio e dai benefici lavorativi, licenziamenti dal lavoro e divieti di accesso ai servizi bancari.
Il disegno di legge prevede condanne per le donne e le ragazze riconosciute colpevoli di disobbedire alle leggi sul velo “in modo sistematico o in collusione con servizi di intelligence e sicurezza stranieri” a due o cinque anni di reclusione, nonché divieti di viaggio e residenza forzata in luoghi specifici.
I gestori di istituzioni pubbliche e attività commerciali private che permetteranno a impiegate e clienti di non indossare il velo all’interno delle loro strutture subiranno a loro volta sanzioni, dalla chiusura a lunghe pene detentive e divieti di viaggio. La proposta di legge contempla anche una serie di provvedimenti contro gli atleti, gli artisti e altre figure pubbliche che disubbidiscono alle leggi sul velo, compresi divieti di svolgere attività professionali, carcere, frustate e multe.
Il 23 luglio 2023 una commissione parlamentare ha fatto sapere di aver inviato il disegno di legge rivisto, composto da 70 articoli, alla plenaria del parlamento. Il nuovo testo non è stato reso pubblico. Allo stesso tempo, le autorità continuano ad applicare il codice penale islamico per perseguitare e infliggere punizioni degradanti alle donne che appaiono in pubblico senza velo.
Amnesty International ha esaminato le sentenze emesse contro sei donne negli ultimi due mesi, che prevedono l’obbligo di partecipare a sedute di consulenza per “disturbo di personalità antisociale” o di lavare cadaveri in una camera mortuaria o fare le pulizie in edifici governativi. Questo attacco ai diritti delle donne e delle ragazze avviene in mezzo a una serie di dichiarazioni d’odio da parte di funzionari e media statali iraniani, in cui si fa riferimento al non indossare il velo come a un “virus”, una “malattia sociale” o un “disordine” e si assimila la scelta di apparire senza velo a una forma di “depravazione sessuale”.