di Michele Sanfilippo
Notiziari del 26 luglio:
- Prima notizia: la Sicilia devastata dagli incendi (il cambiamento climatico è un problema: alleluia);
- Seconda notizia: il Nord flagellato da vento e temporali (il cambiamento climatico è il problema);
- Terza notizia: il Fondo Monetario Internazionale prevede che il Pil dell’Italia crescerà di un punto nel 2024. Evviva, siamo meglio di Germania e Francia.
Sono almeno cinquant’anni che gli studiosi del clima sostengono che lo sfruttamento senza freni del pianeta operato dall’uomo ci porterà al disastro. Per trent’anni sono stati dileggiati o, nel migliore dei casi, trattati come degli sciocchi. Ma, da almeno vent’anni, quasi più nessuno mette in discussione che i problemi provocati dal cambiamento climatico siano in gran parte causati dall’opera dell’uomo.
Nonostante ciò, nei notiziari quasi mai si mette in relazione il nesso causale tra il cambiamento climatico e lo sfruttamento indiscriminato di qualsiasi risorsa ambientale da parte dei signori dell’economia per la quale tutto è permesso, non importa quali possano essere le conseguenze. Non importa se stiamo tagliando il ramo su cui siamo seduti.
Possiamo far guerre che incendiano per mesi i pozzi dell’Iraq o fanno esplodere gasdotti nel mar Baltico, possiamo lasciare scorie a cielo aperto nei giacimenti d’uranio in Niger o deforestare l’Amazzonia: l’unica cosa che conta è che il Pil continui a crescere.
Ora posso capire, anche se nutro dei seri dubbi in proposito, che si possa anche pensare che non sia compito dei notiziari individuare dei nessi logici tra le varie notizie e che, quindi, possa essere pericoloso affermare che l’economia non debba più essere l’unica bussola dell’opera dell’uomo. Ma almeno da chi fa politica, cioè da chi dovrebbe avere un minimo di idea di futuro per le prossime generazioni (anche i politici sono genitori), ci aspetteremmo qualche ragionamento in proposito.
Ormai è chiaro che il mercato, se lasciato totalmente a se stesso, non è in grado di abbracciare un qualsiasi interesse generale che sia diverso dal profitto. Dovrebbe essere evidente a tutti che se a breve termine non si adotteranno misure drastiche di contenimento dei consumi, nel futuro della prossima generazione ci sarà l’apocalisse.
Occorre una politica che la smetta d’inseguire il consenso a breve termine e abbia il coraggio di proporre politiche economiche compatibili con il contenimento del surriscaldamento globale. Ci riprovo: c’è qualcuno là fuori?