L’omicidio di Mahmoud Sayed Mohamed Abdalla, il 18enne di origini egiziane ritrovato mutilato nelle acque di Santa Margherita Ligure, Genova, ha ora un movente e il nome dei presunti assassini. Dopo sei ore di interrogatorio, nella serata del 30 luglio, il pubblico ministero Daniela Pischetola ha disposto il decreto di fermo nei confronti di Abdelwahab Ahmed Gamal Kamel, detto Bob, egiziano di 26 anni residente a Genova, e di Mohamed Ali Abdelghani Ali, detto Tito, egiziano di 27 anni residente a Chiavari. L’accusa è di omicidio volontario aggravato e soppressione di cadavere.

L’omicidio e il “movente” – Secondo quanto riportato da Ansa, dall’interrogatorio è emerso che Mahmoud è stato prima ucciso a coltellate in casa, per poi essere trasportato all’interno di una valigia da Genova a Chiavari in taxi. Kamel e Ali hanno in seguito seviziato il cadavere in spiaggia, mutilando prima la testa e poi le mani e gettando i resti in mare. Durante i rispettivi interrogatori i due si sono accusati l’un l’altro dello smembramento del cadavere. Nelle motivazioni del fermo si legge che Mahmoud è stato ucciso in seguito ad un litigio con il suo datore di lavoro, scaturito perché il giovane voleva lasciare il lavoro di barbiere che svolgeva a Chiavari per essere assunto in un altro esercizio commerciale.

Parlando con gli inquirenti, il tassista ha confermato di aver iniziato la propria corsa a Genova, dove aveva fatto salire a bordo due ragazzi con due valige di cui una di grandi dimensioni e particolarmente pesante, tanto che lui stesso ha chiesto ai due clienti di poterla riporre nel bagagliaio. Il tassista non ha riconosciuto le foto dei due indagati ma il suo taxi è stato identificato con certezza dalle indagini. L’uomo ha inoltre confermato di aver fatto salire i due al civico 40 di via Vado, dove abita Ahmed Gamal.

Secondo quanto ricostruito, il giovane è stato ucciso nella notte tra domenica 23 e lunedì 24 luglio e poi gettato in mare. Il suo corpo aveva testa e mani mozzate: il primo arto è stato ritrovato da un pescatore alla foce del fiume Entella, a Chiavari, ed ha permesso di estrapolare il dna per risalire all’identità della vittima. La seconda mano è stata rinvenuta da un bagnino su una spiaggia poco distante; infine il corpo, in mare, sul quale il medico legale Davide Bedocchi ha eseguito l’autopsia. In passato, Mahmoud era stato ospite di una comunità per minori non accompagnati, la cooperativa il “Ce.sto”, e una volta maggiorenne è poi entrato nel progetto “Autonomia” della cooperativa iniziando a lavorare come apprendista in un’attività di parrucchiere in via del Campo. Gli operatori della cooperativa hanno raccontato come non avesse mai dato problemi, “se non per qualche rissa tra ragazzini”.

La morte “rivelata” un’ora prima del ritrovamento – Ahmed ‘Bob’ Abdelwahab ha detto a uno dei dipendenti della sua barberia di Chiavari che il ragazzo era morto un’ora prima che venisse recuperata la prima mano mozzata sulla spiaggia di Chiavari. La testimonianza del dipendente è stata definita “significativa” dagli investigatori anche grazie alla ricostruzione puntuale di quanto accaduto. Il testimone ha riferito che Bob e Tito Abdelghani erano arrivati domenica pomeriggio a Chiavari e si erano fermati entrambi a dormire nell’appartamento dietro il negozio. Il lunedì successivo sarebbe stato giorno di riposo, ma ‘Bob’ gli ha chiesto di andare a lavorare e il testimone si è recato alla barberia alle 15. Dopo avere effettuato due tagli ad altrettanti clienti, operazione per la quale ha impiegato circa 40 minuti, ‘Bob’ gli ha comunicato la morte di Mahmoud. Dunque Bob ha rivelato che il ragazzo era morto un’ora prima che venisse ritrovata la prima mano mozzata su una spiaggia di Chiavari, mano che è stata recuperata dalla polizia giudiziaria solo dopo le 17.

Indagini a incastro – Sono stati i dati forniti dalle celle telefoniche incrociati con l’analisi delle immagini delle videocamere di sorveglianza a portare all’arresto dei due presunti assassini. Tra i tanti passaggi che dimostrano l’accuratezza delle indagini quello relativo alla valigia scura “di grandi dimensioni” che la video sorveglianza mostra esser “portata sollevata e caricata sulle spalle: dalla posizione si evince che esso è molto pesante e non viene ragionevolmente trascinato con l’ausilio delle sue ruote per non fare rumore” Sono le 3:07 del mattino. La videosorveglianza li ‘segue’ fino alla pista ciclabile lungo la sponda destra del fiume Entella poi, non essendoci più telecamere, i due scompaiono per ricomparire dopo 49 minuti. Dal punto dell’ultima ripresa alle 3:07 al luogo dove è stata trovata la prima mano mozzata c’è una distanza di circa 160 metri. Al ritorno, annotano gli investigatori, i due vengono ‘riagganciati’ dalla telecamera alle 4:10. La valigia viene trasportata, a differenza del viaggio d’andata, con facilità: le immagini mostrano gli indagati mentre trasportano con cautela la valigia sollevata oltre il cancelletto pedonale, evidentemente per rientrare nella barberia. Anche in questa occasione la valigia viene tenuta sollevata per limitare i rumori, ma la posizione con cui viene sorretta dagli indagati (ben lontana dal baricentro e con un solo arto disteso), consente di apprezzare come essa fosse, a quel punto, decisamente più leggera.

Le dichiarazioni degli indagati – Mahmoud “è caduto sul coltello. Io l’ho ferito una volta sola perché mi si è avventato contro. Altre ferite? gliele ha procurate ‘Bob'” ha dichiarato Mohamed Ali Abdelghani Ali. Secondo questa versione la vittima litigato con Bob e li avrebbe minacciati di denuncia. Poi il ragazzo avrebbe afferrato un coltello. A quel punto, nel tentativo di disarmarlo, Tito si sarebbe tagliato una mano afferrando il coltello e la giovane vittima è caduta sulla lama procurandosi un taglio letale. Sempre secondo le dichiarazioni di Tito Mahmoud, pur ferito, gli si è avventato contro e Tito l’ha colpito con un fendente per difendersi. Poi è scappato e, ha detto “poteva anche essere stato Bob a procurargliele“. Per quanto riguarda la mutilazione del corpo, avvenuta secondo gli investigatori alla foce del torrente Entella, i due indagati si addebitano a vicenda le operazioni di taglio del cadavere.

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