Serve una ribellione di popolo contro questa manovra che il governo ha messo in campo contro la parte più debole della società italiana. Che la destra fascistoide italiana sia sempre stata nazionalista è cosa risaputa. Parimenti è innegabile che dopo la sconfitta del regime fascista la stessa abbia sempre avuto un radicamento sociale maggiore nel mezzogiorno rispetto al nord. In virtù di queste due elementari considerazioni fa impressione come Giorgia Meloni, pur di conservare la poltrona garantita dalla sua coalizione, sia protagonista di un attacco al meridione che ha pochi precedenti e che oltre a Biden si genufletta anche davanti a Matteo Salvini.
E’ infatti del tutto evidente che l’intreccio tra autonomia differenziata e abolizione del reddito di cittadinanza per i disoccupati costituisce una mazzata durissima per il tessuto sociale e le persone che abitano nel sud Italia. Se passasse l’autonomia differenziata come chiedono a gran voce le forze politiche di governo e il loro alleato Matteo Renzi, il livello generale dell’intervento pubblico nel mezzogiorno, dal welfare all’istruzione agli investimenti pubblici, sarebbe destinato a collassare. Unica eccezione il ponte sullo Stretto, chiesto a gran voce da due potentati a cui Salvini non vuole dire di no: la Nato e le mafie. Sembra incredibile ma la realizzazione del delirio bossiano della spaccatura dell’Italia la sta realizzando proprio la fascistoide Meloni.
Ma la vicenda dell’abolizione del reddito di cittadinanza per i disoccupati è altrettanto incredibile. Motivata con una tipica campagna da destra padana – i pelandroni che stanno sul divano a non hanno voglia di fare nulla – si accanisce in particolare sui disoccupati meridionali che hanno il solo torto di vivere in terre dove semplicemente il lavoro per loro non c’è, si tratti di Napoli o di Palermo o di qualche altra città poco importa. Questa campagna non solo è falsa in radice ma è anche una vera forma di sadismo, infatti il governo risparmierà sulle spalle dei disoccupati meno di un miliardo all’anno: poco per il bilancio dello Stato e moltissimo in termini di sofferenza sociale e di degrado della vita delle persone e del tessuto sociale del paese. Inoltre fa impressione che a fronte di questo risparmio il governo decida di comprare 200 carri armati a quattro miliardi e di dar corso all’incremento al 2% del Pil per le spese militari con un maggior esborso di oltre 10 miliardi l’anno.
Com’è del tutto evidente gli unici che trarranno profitto da questa duplice operazione di scardinamento del tessuto sociale e della vita delle persone che vivono nel mezzogiorno sarà la malavita organizzata che si troverà pressoché senza concorrenti a “dare come favore quello che lo Stato dovrebbe dare come diritto”, per citare il generale Dalla Chiesa.
Un’altra delle leggende che la destra fascista racconta su se stessa, quella della ferma volontà di lottare contro la mafia, viene penosamente a cadere: con il governo Meloni lo Stato si ritira dal Sud e lascia campo libero alle cosche mafiose, quelle che Salvini vuole unire con il ponte sullo Stretto. Per chi si ribella ci saranno le manganellate di altri meridionali arruolati in polizia, perché i decreti di Salvini, sbandierati a gran voce contro i migranti, rendono illegale ogni protesta sociale che si svolga sul territorio e che voglia avere una qualche efficacia.
Per il governo Meloni chi nasce al Sud ha solo tre alternative: l’arruolamento nella polizia o nell’esercito, la malavita, l’emigrazione. Contro questa follia serve la rivolta di popolo, serve una unione popolare che facendo irrompere i bisogni sociali nel mondo separato della politica riapra in Italia la possibilità di un cambiamento. Il no all’aumento delle spese militari e all’invio di armi in Ucraina e la difesa dei diritti della parte più povera della popolazione sono le due facce di una stessa medaglia attorno a cui costruire l’opposizione, non solo al governo ma ad un sistema politico malato di liberismo e di sudditanza alla Nato.