Agosto 2020, dalla base militare Soundiata – che porta il nome del leggendario condottiero che fondò l’impero del Mali nel XIII secolo – nella città di Kati, un gruppo di soldati maliani si ammutina, prende le armi e, dopo avere conquistato la base, si dirige verso la capitale Bamako. Di lì a poco il presidente in carica Ibrahim Boubacar Keïta verrà destituito e il potere preso da una giunta militare.

Non passa neppure un anno che il nuovo presidente del Mali, Bah Ndaw, è di nuovo vittima di un altro colpo di stato da parte dei militari. Pochi mesi dopo, nel gennaio 2022, nel vicino Burkina Faso le cose si ripetono e, ancora una volta, si assiste a un golpe militare ai danni del presidente Roch Marc Christian Kaboré. L’elenco potrebbe allungarsi, ma quello che colpisce è che a tutti questi eventi, diventati purtroppo quanto mai frequenti in Africa, i nostri media hanno dedicato sì e no qualche riga distratta, per poi scordarsene ampiamente il giorno dopo. A chi interessa in fondo il Mali o il Burkina Faso?

La stessa cosa accade in Niger, ed ecco che di colpo questo stato saheliano, regolarmente ignorato e spesso confuso con la Nigeria, occupa le prime pagine dei giornali e dei notiziari televisivi. Cosa è successo? A cosa è dovuta questa improvvisa attenzione per il Niger? No, non ci stiamo preoccupando per la sorte dei nigerini, per i quali, in fondo, poco cambierà. E neppure per quella dei migranti dei quali Agadez è diventato una sorta di snodo per le rotte verso il Mediterraneo. Neanche la presenza di gruppi jihadisti nel Sahara interessa poi molto.

Nel nord del Niger c’è uranio, molto uranio, e la Francia ha basato la sua politica energetica sul nucleare. Perdere queste concessioni incute non poco timore a Parigi. La Francia, inoltre, ha visto negli ultimi decenni diminuire sempre di più la sua influenza sulla Françafrique, le ex colonie su cui esercita un controllo capillare: basti pensare alla moneta unica, il Franco Cfa, il cui valore è determinato da Parigi.

Mali e Burkina Faso si sono progressivamente avvicinati alla Cina e alla Russia, allontanandosi dall’Occidente, e questo è un altro fattore di preoccupazione: con l’aggiunta del Niger si verrebbe a creare una fortissima prevalenza russo-cinese nel Sahel occidentale, zona ricca di materie prime strategiche.

Ecco il perché di tanta attenzione, perché quei fatti toccano l’eredità coloniale, il controllo esercitato su quei Paesi, gli interessi economici spesso fondati su forme di sfruttamento. Il Niger diventa di colpo strategico se si allontana dall’influenza europea. Si invocano allora la democrazia e il rispetto delle regole, che spesso non erano attesi nemmeno dai governi eletti, in molti casi fortemente condizionati dalle potenze esterne e dalle multinazionali. Quando queste stesse multinazionali non sono le “nostre”, però, diventano pericolose e cattive.

“Dall’Africa arriva sempre qualcosa di nuovo” diceva Plinio il Vecchio. A volte no.

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