Una notifica nel telefono, un sms con poche e confuse parole: “Domanda di RDC sospesa come previsto dall’art. 13 del DL 48/2023 conv. Legge 85/2023. In attesa eventuale presa in carico da parte dei servizi sociali“. Con questo messaggio, inviato giovedì 27 luglio a circa 160mila persone, l’Inps ufficializza lo stop al reddito di cittadinanza per i cosiddetti “occupabili”, come deciso dal governo Meloni. Ma da quel giorno, scatta il caos e parte una lunga baraonda burocratica.
Quello che è noto è che dal primo agosto hanno perso il reddito tutti i nuclei familiari che non hanno componenti disabili, minori o over 65. Per loro rimane solo la possibilità di ottenere i 350 euro mensili del Supporto per la formazione e il lavoro, che potrà essere richiesto dal primo settembre tramite una piattaforma (che ancora non esiste). Ma il reddito di cittadinanza continuerà a essere corrisposto (o verrà riattivato, recuperando gli arretrati) a tutti quei nuclei familiari che – nonostante non abbiano componenti disabili, minori o over 65 – risulteranno “presi in carico” dai servizi sociali in quanto ritenuti “non attivabili al lavoro”, per particolari problemi e fragilità. Una categoria, è stato fatto subito sapere, composta da circa 88mila nuclei fragili. Ma chi sono? Bisognerà presentare domanda ai servizi sociali? È necessario recarsi negli uffici comunali? Nessuno lo dice.
Ecco la prima conseguenza. Venerdì 28 luglio, come sembra suggerire l’sms, in diverse città italiane in tanti “orfani del reddito” si recano nei servizi sociali dei loro Comuni. In alcuni casi la situazione comincia a essere difficilmente gestibile. Gli assistenti sociali lanciano l’allarme: “Si sta scatenando una guerra”. Da più parti, anche dalle amministrazioni comunali e dai partiti di opposizione, la richiesta è univoca: spostare i termini e rafforzare i servizi comunali.
Sabato e domenica gli uffici comunali sono chiusi. Il rischio “nuovi assalti” di cittadini che chiedono chiarimenti e l’eventuale presa in carico è solo posticipata. La Cgil denuncia che i Comuni sono impreparati e con pochi operatori: “Così si rischia una bomba sociale”. Il presidente dell’ordine nazionale degli assistenti sociali insiste nel richiedere al governo di posticipare i termini. Ma dall’esecutivo continua il silenzio. Alzano la voce anche i sindaci del Sud, dove è maggiore la percentuale di percettori di reddito di cittadinanza, che temono disordini. Il ministero dell’Interno allerta le prefetture per garantire la sicurezza delle sedi Inps e degli operatori dei servizi sociali.
Lunedì, alla riapertura degli uffici, aumenta la pressione sui servizi sociali: gli accessi sono circa il 50% in più. E i Comuni lamentano di non avere a disposizioni tutti i dati dei beneficiari, con l’impossibilità di redigere gli elenchi dei nuclei familiari fragili (per i quali il reddito non andrebbe sospeso). A Napoli, sotto gli uffici dell’Inps, si tiene una manifestazione, non ci sono scontri ma la situazione rimane tesa. A Terrasini, in provincia di Palermo, un 60enne è arrivato in Comune con una tanica di benzina e ha minacciato di bruciare tutto.
Serviranno cinque giorni per avere il primo (tentativo) di chiarimento del governo. Il ministero del Lavoro, in una nota stampa dopo l’incontro con le Regioni, chiarisce (finalmente) che “sarà regolarmente attiva a partire dal primo settembre la piattaforma Siisl, lo strumento che servirà per la gestione del Supporto per la formazione e il lavoro”. I governatori rispondono criticando di non essere stati “ancora informati sulle caratteristiche e la funzionalità” della piattaforma. In più le Regioni suggeriscono di pensare ad una “modalità transitoria” nel caso in cui si dovesse riscontrare una “non funzionalità” della piattaforma.
Infine il ministero prova a mettere una pezza sulla distinzione tra “occupabili” e fragili, entrando nel merito proprio della platea di soggetti che non percepiranno più il reddito e di chi, invece, potrà essere preso in carico dai servizi sociali (percependolo fino a dicembre). I 159mila nuclei con componenti “in età da lavoro compresa fra i 18 e i 59 anni interessati dalla misura (il Supporto alla Formazione e Lavoro, ndr) dovranno rivolgersi ai Centri per l’impiego“. In merito agli “88mila nuclei familiari in condizioni di fragilità” il governo fa sapere che sono soggetti “aggiuntivi rispetto alla platea dei 159mila” e per i quali “i servizi sociali hanno già avviato la fase della valutazione multidimensionale successiva alla presa in carico avvenuta sin dai primi giorni del mese di luglio”. Era quindi sbagliato quanto scritto nell’sms dell’Inps che parlava di “eventuale presa in carico dei servizi sociali”? O anche i 159mila possono chiedere di far esaminare la loro posizione dagli assistenti sociali per una eventuale presa in carico in caso di fragilità? Un’altra non-risposta del ministero, che lascia ancora dubbi in questa contorta gestione dello stop al reddito di cittadinanza. Un chiarimento definito potrebbe arrivare giovedì: in aula al Senato è prevista l’informativa della ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, proprio sul reddito e le nuove misure.