Il 18enne Mahmoud Sayed Mohamed Abdalla, ucciso dai suoi datori di lavoro e ritrovato mutilato a Santa Margherita Ligure, aveva raccontato alla guardia di finanza che i suoi datori di lavoro lo “sfruttavano” e lo pagavano in nero. La denuncia delle sue condizioni di lavoro era avvenuta nel corso di un sopralluogo dell’arma, il 19 giugno scorso. A riportalo è il Corriere della Sera, secondo cui, in seguito all’episodio, alcuni colleghi di Mahmoud erano stati messi in regola da Abdelwahab Kamel, detto Tito, e Mohamed Ali Abdelghani, detto Bob, proprietari del negozio di parrucchiere di Sestri Ponente. Per Mahmoud, però, le condizioni di lavoro non erano cambiate e per questo il giovane aveva deciso di cambiare lavoro e trasferirsi in un altro barbiere della zona. Un fatto che ha scatenato le ire dei due datori di lavoro.
I due, 26 e 27 anni, si trovano al momento in stato di fermo nel carcere di Marassi con l’accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi. Nella giornata di oggi si terrà la convalida del loro arresto. Nel frattempo, a partire dalla mattina del 2 agosto, i carabinieri del nucleo subacquei del comando di Genova sono impegnati nella ricerca della testa di Mahmoud, abbandonata lungo la scogliera della colmata a mare di Chiavari. Secondo il racconto degli stessi arrestati, dopo l’omicidio, Tito si sarebbe occupato di gettare la testa in mare, mentre Bob avrebbe pensato a far sparire le armi con cui il ragazzo è stato ucciso.