La pausa estiva è l’occasione propizia per affrancarsi dai frenetici ritmi milanesi e concedersi qualche buona lettura. Spostiamoci allora, almeno idealmente, a Catania, dove è ambientato l’ultimo libro del filosofo hegeliano Mauro Cascio, Un Pozzo di Abati e di Principi (Tipheret – GE Bonanno, 120 pagine, 11,40 euro).
In un crescendo onirico dal sapore felliniano, l’autore pontino ci accompagna in uno scenario nel quale si muovono numerosi personaggi variopinti: ingegneri, architetti, avvocati, ascensoristi, comparse varie e un giudice tanto intransigente quanto bizzarro, affiancato da un Menestrello e operativo in un tribunale nella cui sala d’attesa si attende in pigiama. Ed è proprio questo giudice sui generis a decidere chi potrà cercare il pozzo e chi no, dopo aver ascoltato le ragioni dell’umanità disperata che sfila al suo cospetto.
Intorno al magistrato si sviluppa una trama incentrata sul rapporto con l’amore e costellata di citazioni che spaziano da Dario Fo ad Elsa Morante, da Alberto Moravia a Ermanno Cavazzoni. Un vero e proprio turbinio pop che è difficile riuscire ad incasellare tra i romanzi filosofici, esoterici o di viaggio (più o meno simbolico). D’altra parte, l’eccentricità è sicuramente un pregio notevole della prosa di Cascio, come già si era apprezzato sia nei precedenti “Piazza Dalmazia” (2017), “Sposerò Rossana Doll” (2022) e soprattutto “Davanti alla fine del mondo” (2019), che ha ispirato l’omonimo lavoro discografico di Roberto Kunstler, storico autore di Sergio Cammariere.
“Se la filosofia è comprensione, questo è un racconto filosofico”, ha spiegato Cascio a La Voce Repubblicana, della quale è coordinatore editoriale. “È un libro che, con la scusa di Cavazzoni, ti ci mette in mezzo Hegel che oggi va su tutto. Il Logos si posa sulle cose e si tratta di capire che non ci sono cose senza la mia comprensione delle cose. Quindi leggere questo libro vuol dire porsi in viaggio e conoscere gente, e cercare, e sperare, e ridere, e pensare, e maledire. Vi prometto poesia e silenzio. Non saprei aggiungere altro. Facciamo una cosa. Leggetevelo. E ditemelo voi. Se ne valeva la pena. E perché”, ha aggiunto a proposito del suo ultimo romanzo, arricchito dalle illustrazioni di Luigi Malgherini, nonché per molti il più riuscito della sua produzione letteraria.
Alla sua fama di studioso hegeliano e al rigore che caratterizza la sua produzione di eventi culturali, Cascio affianca un non scontato gusto per il divertissement grottesco che ricorda lo stile di Woody Allen, per il quale nutre una grande ammirazione. “Io scrivo perché ho paura delle cose che passano. I pozzi servono anche a questo: a tenerle ferme, a farle durare. È il compito della Filosofia. Prendere un dettaglio insignificante della storia del mondo e, con la scusa della vita, dire che varrà in eterno”, spiega l’autore. “Non che scrivere mi piaccia granché”, osserva ulteriormente Cascio, “è come se la vita ne fosse l’occasione. L’ispirazione. Quando non c’è ispirazione non c’è vita. Ecco a che servono i pozzi. A fare sì che ognuno possa esplorare la memoria del sottosuolo”.