Il giudice per le indagini preliminari di Monza, che ieri ha interrogato per cinque ore Zakaria Atquaoui, non ha convalidato il fermo ma ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del 23enne reo confesso del femminicidio dell’ex fidanzata Sofia Castelli, 20 anni, accoltellata a morte alla gola sabato mattina all’alba nella sua casa di Cologno Monzese, in provincia di Milano. Per il gip l’indagato “non controlla i suoi impulsi violenti”. Il giovane al giudice ieri ha ribadito quanto aveva già confessato poco dopo il delitto. La procura gli contesta l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione. Lo raccontano i suoi spostamenti fin dalla mattina di venerdì, che ha confermato durante l’interrogatorio di garanzia, quando con la scusa di portare un dolce a Sofia, ha rubato dal suo appartamento le chiavi di scorta, per poi usarle in serata e introdursi in casa sua. Ha atteso il suo rientro, seguendo i suoi spostamenti grazie alle storie che la giovane ha pubblicato su Instagram. Poi si è chiuso in un armadio, dopo aver preso da un cassetto della cucina un coltello da bistecca e quando lei si è addormentata, l’ha colpita a morte. Il gip ha riconosciuto l’aggravante della premeditazione.
La confessione e le dichiarazioni del giovane “appaiono connotate da profili di illogicità e tese a limitare la gravità del comportamento tenuto, tentando di accreditare la tesi di un ‘raptus‘ momentaneo, determinato unicamente dal comportamento, a suo dire, incoerente di Sofia, che lo avrebbe illuso rispetto alla speranza di poter riprendere la relazione e poi definitivamente allontanato, bloccandolo su Instagram e rifiutandosi sostanzialmente di incontrarlo ancora”.
LA CONFESSIONE E IL COLTELLO CAMBIATO – Atqaoui ha detto al gip di averla colpita “tre volte sul collo” ma che dopo il primo colpo non ricorderebbe altro fin a quando non si vede “insanguinato fuori dalla stanza”. Si era nascosto con un coltello nell’armadio ma era andato a cambiarlo quando lei già dormiva perché seghettato e con la lama smussata: “Ho pensato che non era adatto sono tornato in cucina e ne ho preso uno più adatto“. Il medico legale ha riscontrato ferite al viso e al collo. La vittima è stata colpita almeno 5-6 volte con un coltello da cucina, ritrovato ancora insanguinato all’interno dell’appartamento: L’arma verrà poi analizzata dal Ris di Parma. Saranno gli esiti dell’autopsia a dire se, come ha raccontato lui, Sofia Castelli era già profondamente addormentata quando lui la ha aggredita o se abbia omesso qualche dettaglio. Lo stesso vale per l’esame sul telefonino della ragazza, sul quale i tecnici sono al lavoro, che potrebbe rivelare messaggi o tentativi di contatto da parte del 23 enne, nelle ore precedenti il delitto o di possibili messaggi dal tono aggressivo inviati ancora prima. La giovane, è emerso, aveva deciso di chiudere la loro relazione perché lui era troppo possessivo e geloso. Atquaoui lo ha ammesso, dicendo di averla ferita a morte proprio per questa ragione e perché lei, dopo qualche ora spensierata con la sua amica, ha chiacchierato con lei “parlando di ragazzi. Proseguono intanto le ricerche dei carabinieri della compagnia di Sesto San Giovanni, che indagano sull’omicidio, del telefono del 23enne, gettato – a quanto lui stesso ha riferito – in un cestino. Sono state fissate invece per venerdì 4 agosto le copie forensi dei cellulari di Sofia e dell’amica con cui la vittima aveva trascorso la serata in discoteca e che alle prime ore di sabato è rientrata con lei nell’appartamento della famiglia Castelli in corso Roma. Le due ragazze, che avevano la sveglia a orari diversi, sono andate a dormire in stanze separate.
IL VERBALE DELL’AMICA – Agli atti delle indagini anche le dichiarazioni dell’amica della vittima come riporta il Corriere della Sera. “Sofia ha lasciato Zakaria perché non ce la faceva più. Zakaria a tutti costi voleva riallacciare la relazione (…). Era molto possessivo, le stava sempre addosso”. La ragazza era all’interno dell’appartamento di Cologno Monzese. “Quando mi sono addormentata erano le 6 circa. Non ho sentito rumori. Mi sono svegliata alle 9 circa, perché mi ha telefonato mia madre. Stavo guardando Instagram quando in casa sono entrati i carabinieri”. Poco prima il 23enne si era costituito confessando il femminicidio.
LE MAIL DI SDEGNO ALL’AVVOCATA – Intanto l’avvocata d’ufficio Marie Louise Mozzarini è stata raggiunta da diversi messaggi di “sdegno, dissenso e biasimo”, come lei stessa li ha definiti, per aver ricevuto e accettato l’incarico di difendere Atquaoui. In suo sostegno è intervenuta la Camera penale di Monza, che ha espresso “solidarietà alla collega”, destinataria di “singolari richieste da parte di privati cittadini che la invitano a non assicurare al proprio assistito quelle garanzie processuali che spettano, per legge, a ciascun indagato”. Il direttivo della Camera penale fa sapere che all’avvocata arrivano anche continue richieste di abbandonare l’incarico “ignorando come la difesa di ufficio non preveda, ovviamente, tale possibilità”. Ciò che gli “indesiderati commentatori” non considerano, prosegue la nota, è che “l’assistenza di un difensore sia prevista come obbligatoria e irrinunciabile dallo stesso Stato titolare della funzione punitiva, in attuazione del principio di inviolabilità del diritto di difesa richiamato dalla Costituzione“.