Una necropoli utilizzata dalla seconda metà del III millennio a.C., fino, probabilmente, all’VIII secolo avanti Cristo, chiusa? Un castello della seconda metà del Trecento, in rovina e quasi inaccessibile? Per (non) vederli andate a Ribera. La patria di Francesco Crispi, che partecipò alla Spedizione dei mille e quattro volte presidente del Consiglio! Comune costiero dell’agrigentino, profuma delle arance che hanno ottenuto la denominazione Dop e sono famose in tutto il mondo. Ma anche del mare di Borgo Bonsignore, Pianagrande e Seccagrande.

Ribera è uno dei 57 Comuni a vocazione turistica della Sicilia, come riconosce il Decreto regionale del febbraio 2011. Un riconoscimento importante, è chiaro. “Soprattutto, un provvedimento che punta a valorizzare le caratteristiche e le tipicità culturali, ambientali e monumentali di questi centri per svilupparne le capacità di attrazione turistica”, si legge nel portale del Comune, nella sezione dedicata al Turismo. Peccato che, nonostante i buoni propositi, alcuni dei luoghi della cultura siano sostanzialmente inaccessibili, da anni.

Accade per la necropoli in contrada Anguilla, a pochi chilometri dal centro abitato. Circa quaranta tombe, di tipologie diverse. Deposizioni in anfratto naturale, tombe a grotticella scavate artificialmente nella roccia e tombe a camera a pianta circolare e copertura a volta, precedute da un lungo corridoio. Le indagini del 1982 hanno permesso di rinvenire anche i corredi funerari. Tra i quali si segnalano due anelli aurei, importati dall’area egeo-cipriota e databili tra XI e VIII secolo a.C. ed un punteruolo risalente presumibilmente al XIII secolo a.C. Per ammirarli si può andare al Museo archeologico regionale di Agrigento Pietro Griffo. Invece, le tombe dalle quali provengono i materiali, sono chiuse almeno dal 2014. Ingresso sbarrato e vegetazione spontanea rigogliosa. Manca il personale, dopo il trasferimento dei custodi in servizio. Senza contare che nell’adiacente centro didattico utile per fornire le informazioni storiche, mancano i servizi igienici, non solo quelli per i diversamente abili.

A ottobre 2018 WWF Sicilia e Lions club di Ribera, insieme alle associazioni Il sogno di Giusy e Nika, alla società RiberAmbiente e alle Guardie ambientali volontarie del Comune, si occupano di provvedere alla loro pulizia. A marzo dello stesso anno la riapertura sembra cosa fatta. Dopo l’incontro tra la Soprintendente ai Beni Culturali e Ambientali di Agrigento, Caterina Greco e il sindaco di Ribera, Carmelo Pace, nel quale è annunciata la sottoscrizione di una convenzione. Secondo la quale il Comune avrebbe dovuto provvedere al personale per la sorveglianza e la pulizia del sito, mentre la sovrintendenza si era impegnata a realizzare in breve tempo i servizi igienici. A giugno 2022 dal Parco facevano sapere che erano in corso “le progettazioni per il recupero del sito. Dal manufatto destinato a sede dei custodi a un bagno per i turisti”.

Buoni propositi, finora senza seguito. Invece è accessibile, in qualche modo, il Castello di Poggio Diana, non lontano dal centro. Sulla sommità di un’altura sulla sinistra del fiume Verdura. L’edificio, che si sviluppa su circa 3mila metri quadrati e presenta una pianta irregolare, è il risultato di diversi interventi e restauri succedutisi nel tempo, a partire probabilmente dalla metà del ‘300. Rimangono parte delle mura perimetrali e due torri, una quadrangolare e una cilindrica, di 25 metri di altezza e circa 30 metri di circonferenza, con il caratteristico coronamento a beccatelli.

Un luogo naturalmente incantato, anche se abbandonato, nel quale gli unici interventi di restauro, parziali, risalgono al 2005-2006. E così è chiuso ufficialmente da alcuni anni. Come confermano le associazioni locali che si occupavano di organizzare delle visite. Anche se sono non pochi i turisti che ci si avventurano, come si rileva dai commenti in rete. Nei quali si fa riferimento all’esistenza “di diversi pericoli, dirupi senza protezioni, pozzi profondi a cielo aperto, con l’aggravante che l’erba incolta li nasconde”.

Un’altra storia nella quale a mancare sono le risorse per intervenire sul “monumento”? Non è questo il caso. Ad aprile sono stati stanziati 362.023,14 euro per Interventi di messa in sicurezza e prima fruizione del castello, da parte del Gruppo di Azione Locale Sicani, una società cooperativa consortile che promuove lo sviluppo turistico del territorio centro-occidentale della Sicilia. “Grazie ad un importante finanziamento del Gal Sicani, al quale sono state assegnate delle risorse aggiuntive da parte dell’Assessorato all’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca mediterranea, restituiremo agli antichi splendori e alla fruizione pubblica il Castello Poggiodiana”, diceva ad ottobre 2022 il Presidente del Gal Sicani, Salvatore Sanzeri, dopo aver sottoscritto la convenzione per gli interventi al castello, insieme al Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento e il Comune di Ribera. Tutto risolto, quindi? Purtroppo non è così. Esiste il problema della strada comunale che raggiunge il Castello e numerose aziende agricole della zona. Una frana ne ha provocato il collasso della sede per un centinaio di metri, a novembre 2021. Da allora, perizie e sopralluoghi. Anche da parte dei tecnici della Regione, che dovrebbe provvedere al suo ripristino.

Necropoli e Castello quindi sostanzialmente chiusi. Anche se la notizia non è acquisibile con facilità. Dal momento che manca qualunque riferimento alla loro fruibilità sia nel Portale del Comune di Ribera che in quello del Parco archeologico Valle dei Templi, del quale fanno parte.

“Il Parco Valle dei templi sta seguendo l’iter per provvedere al finanziamento necessario alla realizzazione dei servizi igenici nel centro didattico attiguo alla Necropoli in località Anguilla. Mentre per il Castello siamo in attesa che la Regione intervenga, come promesso”, spiega a ilfattoquotidiano.it il vice sindaco, con delega alle Attività Culturali, Turismo e Spettacolo, Leonardo Augello. Non rimane che aspettare, ancora.

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