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Trump di nuovo in tribunale: incriminato per aver tentato di rovesciare le elezioni del 2020. “Così mi assicurano la vittoria”

Donald Trump è a Washington e comparirà di fronte al tribunale federale dove sarà formalmente incriminato, per la terza volta, con l’accusa più pesante tra tutte quelle mosse nei suoi confronti da presidente degli Stati Uniti: quella di aver tentato di rovesciare l’esito delle elezioni del 2020 che hanno portato alla Casa Bianca Joe Biden, tentativo culminato con l’assalto dei suoi sostenitori a Capitol Hill. Il tycoon, all’inizio dell’udienza, si è dichiarato non colpevole.

Città blindata anche se in strada sono già scesi diversi manifestanti che spingono per una condanna del tycoon. Lo staff di Trump comprende gli agenti del Secret Service che sono responsabili della sua sicurezza in quanto ex presidente, mentre i mezzi del Federal Protective Service sono stati disposti lungo tutta Constitution Avenue e gli agenti dell’U.S. Marshals Service hanno rafforzato la protezione dei procuratori che seguono il caso. Sono state montate anche delle barrire di fronte all’ingresso del tribunale per controllare l’eventuale afflusso di dimostranti.

Trump, dal canto suo, mostra tranquillità e nelle sue dichiarazioni prima di partire per la capitale americana ha dichiarato che gli serve solo “un’altra incriminazione per assicurarmi la vittoria. Ora sto andando a Washington per essere arrestato per aver contestato un’elezione corrotta, truccata e rubata. È un grande onore, mi arrestano per voi”, ha proseguito il tycoon rivolgendosi ai suoi sostenitori. E si scaglia poi contro Joe Biden che potrebbe di nuovo essere il suo avversario nella prossima corsa alle Presidenziali 2024: “Non è colpa mia se il mio avversario politico nel Partito Democratico, il corrotto Joe Biden, ha detto al suo procuratore generale di accusare il principale candidato repubblicano ed ex presidente degli Stati Uniti, io, con tutti i crimini possibili così da costringerlo a spendere tutti i soldi per la difesa. I democratici non vogliono correre contro di me altrimenti non avrebbero avviato questa strumentalizzazione senza precedenti della giustizia”. E proprio i soldi sono ciò che Trump ha chiesto ai suoi sostenitori in una email inviata ieri per la raccolta fondi: il magnate ha scritto che potrebbe rischiare fino a 561 anni di carcere.

Quella che gli viene formalizzata è però l’accusa più grave tra quelle che lo riguardano. Anche se quelle di aver usato fondi elettorali per pagare il silenzio della pornostar Stormy Daniels e di aver illecitamente portato via e nascosto dalla Casa Bianca documenti segreti sono importanti, quelle che verranno formalizzate oggi a Trump di fatto imputano a un ex presidente di aver tentato di sovvertire il sistema democratico. “Viene investita direttamente la questione del funzionamento del sistema elettorale e del pacifico trasferimento dei poteri, che è veramente la questione del funzionamento della democrazia americana”, spiega Jon Grinspan, storico del National Museum of American History. “I crimini per i quali è incriminato sono di una portata maggiore di qualsiasi altro commesso contro il Paese da un cittadino americano, figurarsi un ex presidente”, gli fa eco Laurence Tribe, costituzionalista della Harvard University. “Viene incriminato essenzialmente per aver cercato di rovesciare la Repubblica e il suo processo cruciale per il mantenimento della governance democratica, il pacifico trasferimento dei poteri”, aggiunge il giurista che è stato un consigliere di Barack Obama, riferendosi al fatto che Trump, nonostante la sconfitta, abbia cercato di rimanere al potere impedendo la ratifica della vittoria di Joe Biden.