Alla vigilia del nuovo anno scolastico c’è solo una certezza: mentre il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara parla di scuola in estate e annuncia “nuovi” posti (confermando in realtà quelli già previsti da settimane) come ogni anno, a settembre sarà difficile far ripartire con normalità le lezioni nel tempo ordinario.
“L’unica sicurezza – dice la segretaria della Flc Cgil, Gianna Fracassi – è che il prossimo anno scolastico ci saranno oltre 200 mila supplenze annuali a cui si aggiungeranno quelle temporanee”.
In cattedra e nei corridoi, così come nelle segreterie arriveranno, ancora una volta, migliaia di precari, non certo tutti il primo settembre. La “supplentite” che il premier Matteo Renzi si era tanto vantato di voler eliminare quasi dieci anni fa, resta la compagna di viaggio di ogni inquilino di viale Trastevere.
A confermare al Fattoquotidiano.it questa proiezione sono le organizzazioni sindacali che per tutta l’estate stanno lavorando senza sosta per dare sostegno al personale docente che si deve arrabattare tra cattedre di ruolo che spuntano e poi spariscono, algoritmi e graduatorie provinciali delle supplenze. A mandare avanti la scuola, anche per l’anno scolastico 2023/2024 saranno i precari.
L’annuncio di giovedì 3 agosto del ministro altro non è che la comunicazione di avvenuta regolarizzazione delle assunzioni che sono in corso: “Nulla di aggiuntivo – ci spiega la segretaria nazionale della Cisl Scuola, Ivana Barbacci – rispetto a quanto già autorizzato dal Ministero dell’economia e della finanze”. Come accade ogni anno a seguito dell’ok del Mef deve seguire un Decreto del Presidente del Consiglio che generalmente arriva dopo che le assunzioni si sono svolte: “In alcuni casi – aggiunge Barbacci – questa firma è arrivata anche a dicembre. Quest’anno il Dpcm è stato fatto dopo qualche settimana. I numeri rispetto a quelli già annunciati nei giorni scorsi non cambiano”.
Anzi, ora hanno il crisma del presidente del Consiglio dei ministri ma nulla è modificato da ieri sera: i precari restano sempre quelli. Tanti. Le assunzioni in ruolo (52 unità di personale educativo; 50.807 posti di personale docente (di cui 32.784 su posto comune e 18.023 su sostegno); 419 insegnanti di religione cattolica; 10.913 di assistenti tecnico ausiliari-ATA e 280 unità di dirigenti scolastici), annunciate nelle scorse settimane da Valditara e ribadite ieri sera a spron battuto, dopo la firma scontata della premier, non basteranno a contenere la consueta frana della ripartenza.
“Con questi numeri – sottolinea Fracassi – mi pare chiaro che non ci sia nessun piano straordinario di assunzioni. Di straordinario c’è solo il numero del precariato nel nostro sistema di istruzione, che di governo in governo non viene scalfito. Credo poi che sia una vergogna nazionale – sottolinea – il fatto che il 50% dei posti di sostegno per gli alunni con disabilità siano deroghe determinate anno per anno e quindi posti che è impossibile stabilizzare”.
Parole condivise dalla Cisl Scuola nazionale che rinvia al mittente i proclami fatti nelle ultime ore: “Dovrebbe essere superfluo precisarlo, ma a scanso di equivoci ricordiamo che le ‘nuove’ 62 mila assunzioni annunciate oggi con grande enfasi sono le stesse di cui stiamo parlando da settimane (per i docenti già in fase avanzata di attuazione). Il dato riportato da televideo sul personale Ata (10.913 assunzioni) in realtà comprende anche 938 posti di Dsga su cui non ci saranno assunzioni per mancanza di aspiranti”.
Partiamo da un dato incontrovertibile: il primo settembre trentamila cattedre saranno sicuramente ricoperte da supplenti. “È infatti utile ricordare – spiega a Fatto.it il segretario nazionale della Uil Scuola, Giuseppe D’aprile – che su più di 80mila posti disponibili sui quali era possibile procedere con le immissioni in ruolo, ne sono stati autorizzati solo cinquanta mila: il resto delle cattedre saranno sicuramente coperte da supplenti in attesa di un futuro concorso. A queste bisognerà aggiungere, come ogni anno, le cattedre al 30 giugno del cosiddetto “organico di fatto”. Per cui, calcolando anche i posti di sostegno ed eventuali ruoli non assegnati per le solite procedure farraginose, anche questo anno si sfioreranno i 200 mila supplenti”.
Un dato confermato dalla segretaria nazionale della Cisl Scuola, Ivana Barbacci che su questo fronte non è morbida con il Governo: “Diversamente dagli anni precedenti, il contingente è inferiore al totale dei posti vacanti ciò in quanto, in base ai calcoli dell’amministrazione, sarebbero quelle le nomine effettivamente possibili, tenuto conto della consistenza delle graduatorie vigenti. Abbiamo espresso il nostro dissenso su una scelta che, facendo venir meno il principio seguito a partire dalla legge 107/2015 che prevedeva la copertura di spesa per tutte le disponibilità esistenti, crea un precedente discutibile oltre a porre possibili problemi in fase di gestione”.
Sul sostegno la musica non cambia e qui a rimetterci sono – come ogni anno – i ragazzi con disabilità e le loro famiglie che avrebbero diritto alla continuità didattica e a docenti specializzati. Un sogno in questo Paese. Secondo le stime della Uil Scuola a oggi ci sono circa 126mila posti di sostegno in organico di diritto, compresi quelli di potenziamento, per tutti i gradi di istruzione. Ne serviranno almeno altri 70 mila per far fronte alla copertura di tutte le supplenze soprattutto considerando il cosiddetto organico in deroga, cioè quei posti che sono assegnati in più alle singole regioni per far fronte alle reali necessità che non possono essere soddisfatte solo con i docenti di ruolo. Lombardia, Campania e Sicilia sono di solito le regioni con il maggior numero di supplenti. “Il dato da sottolineare – specifica D’Aprile – è che i docenti con specializzazione aumentano, ma di ruolo sono solo il 40% rispetto a dieci anni fa in cui quelli di ruolo erano il 60%”.
Una situazione che manda su tutte le furie anche il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico: “Ogni anno sono assegnati gli stessi posti in deroga e questi non vengono annoverati nell’organico di diritto. Ciò viola la continuità didattica e mina il diritto allo studio. Siamo convinti della necessità di cambiare il Decreto 182 sull’associazione delle ore di sostegno per tutelare tutti i nostri studenti e le nostre studentesse”.
Alla radice della questione c’è un problema che la Cisl Scuola ci fa presente: i tirocini formativi per quanto riguarda il fabbisogno sono assolutamente insufficienti nella programmazione delle Università che non hanno interesse ad attivare i Tfa (Tirocini formazione attiva).
Resta un’ultima categoria del mondo dell’istruzione, quella degli Ata ovvero i collaboratori scolastici ma anche gli impiegati delle segreterie indispensabili per far funzionare la complessa macchina di un istituto. A settembre ci sarà solo una novità: grazie ad un emendamento al Decreto Pa2 è previsto un organico aggiuntivo con 50 milioni di investimento per rispondere alle esigenze del Pnrr ma manca ancora la presa in consegna di un piano straordinario che vada a coprire i 15 mila posti vacanti: “Siamo di fronte – sottolinea Barbacci – alla solita operazione della copertura del turn over che è il minimo sindacabile. Continuiamo ad avere una percentuale alta di precari nelle segreterie”.
Rispetto all’annuncio di Valditara sugli insegnanti di religione (assunzione di 419 unità) Pacifico specifica: “In realtà ci sono 14 mila supplenti”.
Infine, i dirigenti scolastici: “Quasi la metà dei posti andranno vacanti perché le graduatorie dell’ultimo concorso non saranno sufficienti a coprire i posti”, spiega il presidente dell’Anief. Non solo. Proprio giovedì 3 agosto al ministero dell’Istruzione e del Merito sono state delineate le linee guida per le nuove assunzioni di dirigenti scolastici autorizzate dal Mef e pari a 280 unità ma questi posti andranno tutti al Nord e in Sardegna; al Centro e al Sud i posti saranno pari a zero. Nello specifico: in Lombardia 154 posti, in Veneto 74, in Piemonte 56, in Emilia-Romagna 40, in Liguria 13, in Friuli Venezia Giulia 12, in Sardegna 5, in Toscana 2. Nessuna disponibilità per Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Marche, Molise, Puglia, Sicilia, Umbria.