Il film su Barbie? Troppo femminista per la Corea del Sud. Numeri alla mano, il live action diretto da Greta Gerwig con Margot Robbie e Ryan Gosling, sta sfondando nei botteghini di tutto il mondo con 775 milioni di dollari (di cui 352 milioni solo in Usa e Canada, mentre in Italia è già oltre i 21 milioni di euro) imponendosi come un fenomeno globale. Ma non mancano le eccezioni. In Russia c’è chi ha chiesto di bandirlo perché contrario ai valori tradizionali – ci ha pensato una deputata, membro del Comitato per gli affari internazionali – mentre in Vietnam e nelle Filippine è diventato un caso geopolitico per via di una mappa che appare in una scena, dalla quale può sembrare che il Mar Cinese Meridionale appartenga alla Cina (confine cui si oppongono entrambi i paesi). In Corea del Sud invece le cose stanno andando diversamente: c’è chi parla apertamente di boicottaggio e chi invece considera il flop del film dovuto semplicemente a gusti e sensibilità culturali differenti.
La “favola” di Barbie non piace perché troppo femminista: “Una parolaccia ormai per molte persone non disposte a riconoscere e affrontare il patriarcato profondamente radicato che ha guidato la società sudcoreana per così tanto tempo”, ha spiegato l’attivista per i diritti umani Haein Shim al Guardian. Tutto questo va inquadrato nel contesto sudcoreano, una società ancora fortemente patriarcale dove nonostante le condizioni femminili siano nettamente migliorate rispetto al passato (alle donne non era concesso studiare e neppure stare sedute a tavola con gli uomini, ad esempio), resta comunque molto alto il divario di genere. Basti pensare che è la Nazione con il peggior divario retributivo di genere tra quelli appartenenti all’Osce. “In questo contesto, l’educazione all’uguaglianza di genere di Greta Gerwig non è molto allettante”, ha osservato il critico cinematografico sudcoreano, Youn Sung-Eun, sempre al Guardian. Ecco perché “un film incentrato sulle donne, con umorismo femminista, è ancora un tabù in Corea del Sud”, dove per altro Warner Bros Korea aveva lanciato il film sostituendo o cancellando del tutto i claim pubblicitari utilizzati nel resto del mondo. Ma l’antifemminismo non è l’unica spiegazione al flop – il film in Corea del Sud, che ha 51milioni di abitanti è stato visto da meno di 500mila persone, contro gli oltre 2,5 milioni in Italia – e secondo Jason Bechervaise, esperto di cultura cinematografica coreana, bisogna tenere conto anche delle sensibilità culturali differenti. Per questo cita il caso del film Smugglers, “un film locale che presenta un grande cast femminile, è in testa al botteghino coreano”: in due settimane è stato visto da oltre due milioni di spettatori.