I possessori di auto e moto d’epoca potranno utilizzare sui propri veicoli e targhe “originali” relative al periodo di immatricolazione. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha infatti emanato il decreto attuativo per la legge 178 del 30 dicembre 2020, che prevede la “facoltà di ottenere le targhe di circolazione della prima iscrizione al Pubblico registro automobilistico, ovvero di ottenere una targa del periodo storico di costruzione o di circolazione per i veicoli di interesse storico e collezionistico”. Per la precisione, la norma entrerà in vigore dopo 60 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, dunque si dovrà aspettare fino all’autunno per dotare i propri veicoli d’epoca di targa originale, a patto che si possieda il Certificato di rilevanza storica (ex art.60 del codice della strada). Richiedere una targa storica costerà 549 euro per le auto e 274,50 per moto e mezzi agricoli. “Un decreto che arriva dopo aver svolto una importante mole di lavoro. Inseguire l’originalità fa parte della nostra missione e la targa ‘di nascita’ è parte integrante del veicolo stesso”, ha dichiarato il presidente ASI (Automotoclub Storico Italiano) Alberto Scuro.
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Auto e moto d’epoca, firmato il decreto del Mit. Si potrà richiedere la targa storica
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- 14:21 - Farmaci, Altroconsumo: più di 1 italiano su 3 non li trova nei tempi giusti
Roma, 16 lug. (Adnkronos Salute) - "Mi spiace, il suo farmaco non c'è e non sarà disponibile a breve". E' la risposta arrivata nell'ultimo anno al 34% degli italiani, secondo una nuova indagine Altroconsumo sui medicinali mancanti. E i tempi di attesa hanno causato problemi al 52% delle persone, con il 17% che ha aspettato anche più di 7 giorni per ottenere il farmaco. Già l'indagine pubblicata nel 2021, riferita alla carenza dell'anno precedente - ricorda l'associazione consumatori in una nota - rappresentava una situazione critica ed evidenziava la necessità di una tempestiva soluzione, anche in funzione dell'impatto peggiorativo esercitato dal Covid, a livello europeo.
Nel 2023 gli italiani hanno dovuto affrontare la mancanza di farmaci molto diffusi come analgesici e antidolorifici (nel 15% dei casi), antibiotici e antivirali (7%). Ma sono mancati anche medicinali per disturbi muscolo-scheletrici, per i problemi a carico del sistema immunitario, cardiovascolare e non solo. In molti hanno optato per un'alternativa, cercando in altre farmacie o acquistando un farmaco equivalente, quando disponibile, cioè con le stesse caratteristiche ed efficacia; il 31% ha invece aspettato che il farmaco tornasse disponibile presso la farmacia dove l'aveva richiesto. Ed è proprio il tempo di attesa che risulta essere peggiorato: nel 17% dei casi è stato persino di oltre 7 giorni, quando nell'indagine del 2020 solo l'8% aveva dovuto aspettare così tanto; il 20% ha atteso tra i 4 e i 7 giorni (3 anni prima il 13%). Inoltre, il 12% dei rispondenti non ha potuto ricorrere ad alcuna soluzione, non trovando né il suo farmaco né uno alternativo, che evidentemente non c'era. Semplicemente non si è potuto curare.
Situazioni di questo tipo, soprattutto per chi soffre di malattie anche gravi, hanno portato a problemi anche pesanti, che si sono verificati per il 52% delle persone, con ansia e preoccupazione (57%) - riporta la nota - ma anche peggioramento dei sintomi e della malattia (30%) e il ricovero nel 2% dei casi. La carenza dei farmaci è, ovviamente, un problema complesso con cause di varia natura. Dall'indagine condotta da Altroconsumo emerge che la motivazione fornita nel 25% dei casi è stata l'eccessiva richiesta. Ciò può avvenire, ad esempio, quando circolano virus, come quelli influenzali, che non consentono, per un breve lasso di tempo, di rispondere in modo adeguato all’eccessiva domanda. A molti, però, è stato detto che l'indisponibilità era dovuta alla carenza di principi attivi/materie prime o a problemi logistici (18% in entrambi i casi) dovuti, ad esempio, al trasporto o alle dogane.
Nella lista 'Farmaci carenti' dell'Aifa - rimarca Altroconsumo - sono circa 3.600 i medicinali mancanti in Italia; nel 2021, quando è stata pubblicata la precedente inchiesta, erano 2.400. Il problema, come dimostrano chiaramente anche i dati ufficiali, è in continua crescita. Nello specifico, dei 3.600 medicinali, circa 2mila hanno cessato, in modo definitivo o temporaneo, la produzione; i rimanenti 1.600 non sono disponibili o lo sono in quantità ridotta per differenti motivazioni (problemi produttivi, elevata richiesta o motivi commerciali). Inoltre, sul totale, ben 760 non hanno un farmaco equivalente che possa sostituirlo, e questo è ciò che rende queste mancanze particolarmente pesanti per la salute dei pazienti, insieme alla gravità della malattia per cui sono indicati.
La situazione, purtroppo, per chi deve patire la mancanza di medicinali, ha ben poco di positivo, anche se l'Ema (Agenzia europea del farmaco) ha istituito due gruppi di lavoro per gestire le carenze e prevenirle, monitorando gli eventi che potrebbero interferire sulla catena di approvvigionamento, ed ha realizzato una lista di 'Farmaci critici' per malattie gravi e senza equivalenti, sui quali attua un monitoraggio rafforzato per evitarne carenze.
Inoltre - conclude la nota - è in discussione una revisione della regolamentazione Ue sui medicinali, che dedica spazio anche al tema delle carenze e che contiene importanti novità, come obblighi più severi per le aziende su sospensione della produzione e notifica delle carenze; diversificazione dei fornitori da parte dei produttori, che dovranno anche avere un piano di prevenzione e gestione delle eventuali carenze e più poteri per l'Ema.
- 14:20 - B7, Poggi (Deloitte): "Commercio internazionale? Fondamentale politica condivisa paesi G7"
Reggio Calabria, 16 lug. (Adnkronos) - "È fondamentale che i Paesi del G7 abbiano una politica comune, una forte collaborazione in modo da affrontare le principali sfide al commercio internazionale – ha affermato Poggi -, con un focus particolare sulla sfida relativa alla crescita del PIL la cui crescita, nel 2023 è stata del 2,7%, inferiore di mezzo punto rispetto all’anno precedente e che, nei prossimi anni, si aggirerà attorno al 3%". Ad affermarlo, a margine della "G7 Industry Stakeholders Conference", in corso di svolgimento a Reggio Calabria, è Andrea Poggi, Innovation leader e capo delegazione B7 per Deloitte Central Mediterranean, che ha parlato delle nuove sfide che attendono i Paesi del G7 dal punto di vista commerciale.
"Inoltre – prosegue l’Innovation leader di Deloitte – bisogna tener conto di tutte le movimentazioni geopolitiche con l’impatto sulle fonti di approvvigionamento che vanno diversificate. Si tratta di sfide, quella della transizione, sia energetica che digitale, la crescita del PIL, l’impatto geopolitico sugli approvvigionamenti, che richiedono una leadership forte dei Paesi del G7 per trovare soluzioni comuni, da una parte per sostenere i consumi – conclude Andrea Poggi - e dall’altra per favorire il più possibile gli investimenti diretti".
"La pandemia e anche tutti gli shock internazionali, comprese le tendenze inflazionistiche dell’ultimo anno, hanno dimostrato la vulnerabilità delle Catene del valore globale. Per questo è fondamentale un’azione di rinforzo della loro resilienza".
"Gli investimenti diretti, la collaborazione multilaterale e la diversificazione delle fonti di approvvigionamento sono le tre principali azioni per rendere più resilienti, più sostenibili le catene del valore globale – ha spiegato Poggi -. La prima, fondamentale, è la diversificazione delle fonti di approvvigionamento. È necessario essere sicuri che ci sia una minore dipendenza da alcune economie, magari non di mercato, e da alcuni settori industriali. La seconda azione – ha aggiunto - è quella di aumentare la collaborazione internazionale, per facilitare le politiche di sviluppo degli accordi multilaterali, l’inclusione dei Paesi di sviluppo nel processo di collaborazione e di crescita delle iniziative commerciali. Terza azione fondamentale – ha continuato l’Innovation Leader per Deloitte - è la crescita degli investimenti diretti globali che hanno subito un decremento negli ultimi anni. In particolare, nell’ultimo anno gli investimenti esteri diretti sono stati in diminuzione del 2% e questo, sicuramente, non aiuta la crescita dell’attenzione dei Paesi di sviluppo all’interno del commercio internazionale e non facilita – ha poi concluso - il rafforzamento delle infrastrutture".
- 14:19 - Mo: Shin Bet arresta 3 israeliani al servizio dell'intelligence dell'Iran
Tel Aviv, 16 lug. (Adnkronos) - Lo Shin Bet ha reso noto che tre cittadini israeliani sono stati arrestati nelle ultime due settimane perché sospettati di aver compiuto azioni contro la sicurezza nazionale d'Israele sotto la direzione di agenti dell'intelligence iraniana. Secondo l'indagine dei servizi israeliani, uno dei sospettati era in contatto su Telegram con un profilo denominato "Anna Elena", attraverso cui gli fu chiesto di svolgere vari compiti, tra cui nascondere denaro in vari luoghi di Gerusalemme e Tel Aviv, consegnare pacchi sulla porta di casa di civili israeliani contenenti teste mozzate di animali e appiccare il fuoco a una foresta.
Gli inquirenti hanno affermato che l'uomo ha accettato di svolgere le attività richieste, ad eccezione di commettere un omicidio e di appiccare l'incendio boschivo. Sarebbe poi stato pagato in criptovaluta e avrebbe reclutato altri due israeliani per aiutarlo.
- 14:17 - B7, Marcegaglia: "No a protezionismo miope e approcci nazionalistici"
Villa San Giovanni, 16 lug. (Adnkronos) - "Non vogliamo un commercio globale frammentato, polarizzato e guidato unilateralmente. Non vogliamo che le catene globali del valore siano bloccate da un protezionismo miope. Non vogliamo che gli investimenti esteri continuino a diminuire. Non vogliamo che i benefici dell'innovazione siano messi a repentaglio da approcci di tipo nazionalistico". A dirlo è stata Emma Marcegaglia, B7 Chair in occasione dei lavori del Vertice B7 di Confindustria alla Scuola allievi carabinieri di Reggio Calabria, a cui ha portato il proprio saluto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani.
"Non vogliamo coercizione economica - ha affermato Marcegaglia- , né economie sovvenzionate che minano la concorrenza leale. Il commercio e gli investimenti non possono essere usati come armi. Sono – e devono essere utilizzati – come motori di una crescita equa e sostenibile".
"La posta in gioco è troppo alta per le imprese - ha proseguito - , per le nostre società e per le generazioni future. I costi di un mondo senza un Wto pienamente funzionante ricadrebbero su tutti noi: sulle economie avanzate, ma prima di tutto e soprattutto su quelle in via di sviluppo. Abbiamo concepito questa conferenza - ha aggiunto - con una triplice prospettiva che parte da: le 'regole' per una parità di condizioni; passando per i 'flussi' che rendono possibili gli scambi di beni in tutto il mondo, fino agli 'obiettivi' da perseguire per una maggiore inclusività".
- 14:04 - Ue: M5s Europa, 'congratulazioni a Metsola, Parlamento sia casa europei'
Roma, 16 lug. (Adnkronos) - “Congratulazioni a Roberta Metsola, rieletta Presidente del Parlamento europeo con una larga maggioranza. Il Movimento 5 Stelle sarà al suo fianco nella battaglia per difendere questa Istituzione e trasformarla in una casa di vetro per tutti i cittadini europei. La scorsa legislatura ha dimostrato quanto insidiose e pericolose siano le interferenze straniere nella vita politica europea, ecco perché bisogna andare avanti nella riforma interna del Parlamento europeo, rendendolo sempre più centrale nel processo legislativo. Ringraziamo l’europarlamentare spagnola Irene Montero per la sua candidatura che ha portato alta la bandiera della trasparenza, partecipazione e dell’Europa sociale e di pace, valori che noi condividiamo da sempre”. Così in una nota la delegazione del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo.
- 14:02 - **Consulta: jobs act, reintegro si applica anche se licenziamento per giustificato motivo**
Roma, 16 lug. (Adnkronos) - La Corte costituzionale (sentenza n. 128 del 2024) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2, del d.lgs. 4 marzo 2015 n. 23, nella parte in cui non prevede che la tutela reintegratoria attenuata si applichi anche nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale allegato dal datore di lavoro, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa il ricollocamento del lavoratore (c.d. repêchage).
Con riguardo alla stessa disposizione, la Corte (sentenza n. 129 del 2024) ha ritenuto non fondata la questione, sollevata in riferimento ad un licenziamento disciplinare basato su un fatto contestato per il quale la contrattazione collettiva prevedeva una sanzione conservativa, a condizione che se ne dia un’interpretazione adeguatrice. Ossia deve ammettersi la tutela reintegratoria attenuata nelle particolari ipotesi in cui la regolamentazione pattizia preveda che specifiche inadempienze del lavoratore, pur disciplinarmente rilevanti, siano passibili solo di sanzioni conservative.
Quanto alla prima pronuncia, la Sezione lavoro del Tribunale di Ravenna aveva censurato, sotto diversi profili, la disciplina dettata dal d.lgs. n. 23 del 2015 per il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo nella parte in cui esclude la tutela reintegratoria nell’ipotesi in cui il giudice accerti l’insussistenza del fatto, a differenza di quanto previsto per il licenziamento disciplinare fondato su di un fatto contestato insussistente. La Corte ha accolto le questioni sollevate in riferimento ai parametri di cui agli artt. 3, 4 e 35 Cost. rilevando che, seppure la ragione d’impresa posta a fondamento del giustificato motivo oggettivo di licenziamento non risulti sindacabile nel merito, il principio della necessaria causalità del recesso datoriale esige che il “fatto materiale” allegato dal datore di lavoro sia “sussistente”, sicché la radicale irrilevanza dell’insussistenza del fatto materiale prevista dalla norma censurata determina un difetto di sistematicità che rende irragionevole la differenziazione rispetto alla parallela ipotesi del licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo soggettivo.
La discrezionalità del legislatore nell’individuare le conseguenze dell’illegittimità del licenziamento non si estende, infatti, fino a consentire di rimettere questa alternativa ad una scelta del datore di lavoro che, intimando un licenziamento fondato su un “fatto insussistente”, lo qualifichi come licenziamento per giustificato motivo oggettivo piuttosto che come licenziamento disciplinare. Precisa, infine, la Corte che il vizio di illegittimità costituzionale, invece, non si riproduce qualora il fatto materiale, allegato come ragione d’impresa, sussiste sì, ma non giustifica il licenziamento perché risulta che il lavoratore potrebbe essere utilmente ricollocato in azienda.
Ne consegue che la dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione censurata deve tener fuori la possibilità di ricollocamento del lavoratore licenziato per ragioni di impresa, non diversamente da come la valutazione di proporzionalità del licenziamento alla colpa del lavoratore è stata tenuta fuori dal licenziamento disciplinare fondato su un fatto insussistente. Quindi, la violazione dell’obbligo di repêchage attiverà la tutela indennitaria di cui al comma 1 dell’art. 3 del d.lgs. n. 23 del 2015.
Quanto alla seconda sentenza, la Sezione lavoro del Tribunale di Catania aveva censurato il mancato riconoscimento ad opera della stessa norma della tutela reintegratoria quando, per l’inadempienza del lavoratore contestata dal datore di lavoro, che si riveli “sussistente”, sia la stessa contrattazione collettiva a prevedere una sanzione conservativa. La Corte, pur ritenendo complessivamente infondate le questioni sollevate in riferimento a plurimi parametri, ha fornito una interpretazione adeguatrice della disposizione censurata orientata alla conformità all’art. 39 Cost.
Premesso che la natura “disciplinare” del recesso datoriale comporta l’applicabilità del canone generale della proporzionalità, secondo cui l’inadempimento del lavoratore deve essere caratterizzato da una gravità tale da compromettere definitivamente la fiducia necessaria ai fini della conservazione del rapporto, la Corte ha ribadito la valutazione di adeguatezza e sufficiente dissuasività dell’apparato complessivo di tutela nei confronti del licenziamento illegittimo contenuto nel d.lgs. n. 23 del 2015, come novellato dal d.l. n. 87 del 2018 ed emendato dalle sue precedenti pronunce, anche in riferimento alle ipotesi in cui il licenziamento disciplinare risulti “sproporzionato” rispetto alla condotta e alla colpa del lavoratore per le quali è prevista la tutela indennitaria.
Quanto, però, alla prospettata violazione dell’art. 39, la Corte ha affermato che la disposizione censurata deve essere letta nel senso che il riferimento alla proporzionalità del licenziamento ha sì una portata ampia, tale da comprendere le ipotesi in cui la contrattazione collettiva vi faccia riferimento come clausola generale ed elastica, ma non concerne anche le ipotesi in cui il fatto contestato sia in radice inidoneo, per espressa pattuizione contrattuale, a giustificare il licenziamento, le quali vanno invece equiparate a quelle dell’«insussistenza del fatto materiale». La mancata previsione della reintegra quando il fatto contestato sia punito con una sanzione solo conservativa dalla contrattazione collettiva andrebbe ad incrinare il tradizionale ruolo di quest’ultima nella disciplina del rapporto. In conclusione, all’esito di queste due pronunce, vi è simmetria tra licenziamento disciplinare e licenziamento per ragione di impresa, tracciata dalla Corte sulla linea del “fatto materiale insussistente”.
- 13:59 - **Consulta: imposta regionale su demanio marittimo estendibile a autorità portuale**
Roma, 16 lug. (Adnkronos) - Non è illegittima la norma della legge della Regione Lazio che ha sottoposto all’imposta regionale sulle concessioni statali dei beni del demanio marittimo anche quelle rilasciate dalle Autorità di sistema portuale (Adsp). Lo ha stabilito la Corte costituzionale, con la sentenza n. 131 del 2024, che ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma, sull’art. 6 della legge della Regione Lazio n. 2 del 2013.
La sentenza ha affermato che la norma censurata non viola gli artt. 3 e 53 Cost., in quanto non si pone in contrasto con i principi di ragionevolezza e di capacità contributiva e non determina una doppia imposizione. Né la medesima norma viola l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto non vi è contrasto con i principi fondamentali di correlazione e di continenza stabiliti dalla legge n. 49 del 2009. La sentenza ha precisato che tali principi "sarebbero certamente venuti in considerazione qualora l’imposta regionale censurata avesse assunto la natura di un nuovo tributo regionale autonomo: in tal caso la potestà impositiva regionale si sarebbe dovuta conformare ad essi e la Corte avrebbe dovuto verificarne il rispetto".
Ma l’art. 6 della legge reg. Lazio n. 2 del 2013 "non ha disciplinato un tributo autonomo, come sostenuto dal rimettente, bensì un tributo ceduto in base all’art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 68 del 2011". Le specifiche disposizioni richiamate espressamente dal citato art. 8 portano a ritenere che l’intenzione del legislatore statale sia stata quella di "includere nella cessione alle regioni anche la parte del tributo attinente alle concessioni rilasciate dalle Adsp". Poiché "il tributo è stato ceduto alle regioni dalla legge statale", è allo Stato che "è ascrivibile la volontà di permetterne la nuova istituzione", che può quindi derogare ai suddetti principi fondamentali; le regioni pertanto sono dallo stesso Stato "autorizzate […] a esercitare la potestà legislativa sul tributo ceduto", "senza che si ponga il problema del rapporto con l’assetto delle proprie competenze".
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