È stata la novità venuta fuori tra i disparati interventi inseriti nei due decreti omnibus approvati dal Consiglio dei ministri. La tassa sugli extraprofitti bancari è stata annunciata in conferenza stampa da Matteo Salvini che ha intestato la proposta al ministro leghista Giorgetti. “Tutti gli introiti- ha detto il vicepremier – andranno a due voci: aiuto mutui prima casa, sottoscritti in tempi diversi da quelli attuali, e taglio tasse“. Secondo fonti di governo, la norma dovrebbe portare alle casse dello Stato più di due miliardi. Nei primi giorni di giugno lo stesso ministro dell’Economia, però, aveva rassicurato le banche. Intervenuto in videoconferenza all’evento Italy Capital Markets Forum di Bloomberg a Milano, Giorgetti aveva precisato che non c’era “in cantiere nessuna tassazione sugli extraprofitti” degli istituti di credito. In due mesi, invece, è arrivato il cambio di idea. Ma cosa prevede la norma?
La tassa sugli extraprofitti farà riferimento ai bilanci delle banche relativi al 2022 e 2023. Il prelievo del 40% scatterà se il margine di interesse registrato nel 2022 “eccede per almeno il 3%” il valore dell’esercizio 2021. Percentuale che sale al 6% confrontando il 2023 col 2022. Il margine di interesse è definito nelle statistiche della Banca d’Italia come la differenza tra interessi attivi e passivi.
L’imposta che dovrà essere versata entro il sesto mese successivo a quello di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al primo gennaio 2024. Chi invece, in base a disposizioni di legge, approva il bilancio oltre il termine di quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio effettuerà il versamento entro il mese successivo a quello di approvazione del bilancio. Per i soggetti con esercizio non coincidente con l’anno solare, se il termine di cui ai primi due periodi scade nell’anno 2023, il versamento è effettuato nel 2024 e, comunque, entro il 31 gennaio.
Una nuova tassa che non potrà comunque superare il 25% del patrimonio netto. L’imposta straordinaria istituita per il 2023 ha un’aliquota del 40%, ma l’ammontare dell’imposta straordinaria, in ogni caso, non può essere superiore a una quota pari al 25% del valore del patrimonio netto alla data di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al primo gennaio 2023. L’imposta straordinaria, inoltre, non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive.