Società

Firenze, dove tutto è concesso al turismo: il problema è limitare e organizzare gli arrivi

di Claudio Fantuzzi

Da anni, e non solo dopo il Covid, a Firenze l’offerta turistica – Hotels, B&B, bar, ristoranti, paninerie, pizzerie e altro del comparto – è mediamente di molto superiore alla domanda. Offerta che così strutturata riesce a fare il tutto esaurito anche nei vicoli nascosti dove il turista non va se non per caso o interesse preciso solo durante i weekend.

Per il resto dei mesi (da aprile a ottobre) indipendentemente da fattori quali meteo, prezzi e/o altro, metà di questi esercizi non lavorano, tranne quelli lungo quel chilometro e mezzo dove Firenze raccoglie il mondo – sebbene anche lì si vedano tavoli vuoti e non pochi. Tra questi piazza San Marco, l’Accademia, il centro monumentale religioso Duomo-battistero, via Calzaiuoli-via Roma, Signoria-Uffizi, Ponte Vecchio, piazze de’ Pitti e Santo Spirito (piazza Santa Croce e Santa Maria Novella non sono di passaggio, ci si deve andare).

Certo poi ci sono i prezzi. Che tuttavia l’operatore – se accorto e limitato nella voracità – può modulare a seconda di questa realtà e in base al tipo di clientela a lui fedele (che turisti a parte, poi lo premia durante l’inverno, quando i vuoti sono paurosi e non vedi un’anima nemmeno a vedere il David, come facciamo in molti fra i rimanenti residenti del centro storico appunto durante la “bassissima” stagione).

Certo poi ci sono gli americani, oggi col dollaro a un euro e dieci, che tutti ri-vogliono, e che se gli fai una a pizza anche 15 euro sono a Firenze e tutto va bene. Si dice di loro che sono “di bocca buona” ma sono molto ambiti, tanto da essere preferiti al momento della prenotazione ad altri di diversa nazionalità, italiani inclusi (considerati “difficili”).

Comunque almeno qui a Firenze (dove arrivai la prima volta nel 1967 e dove abito dal 1975) non ho ricordo di un “operatore commerciale turistico” che non si sia lamentato, scoprendo poi nei fatti una realtà diversa. Considerando soprattutto che, al di là dei numeri degli arrivi e dei visitatori degli Uffizi, e lasciando da parte le strutture alberghiere da mille e una notte, è la qualità dell’accoglienza media che difetta e a cui si deve mettere mano.

Infine: in una città dove tutto è concesso al turismo, dove il residente del centro storico è ormai residuale e come pedone un vuoto a perdere se non sta attento a camminare rasente ai muri, il problema non è aumentare gli arrivi, ma limitarli e organizzarli in maniera adeguata. Concetto semplice ma pare irrealizzabile.

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