I ghiacciai in Europa hanno perso un volume di circa 880 chilometri cubi dal 1997 al 2022 e le Alpi sono state le più colpite, con una riduzione media dello spessore del ghiaccio di 34 metri. Dopo la polemica innescata dalle parole del ministro Matteo Salvini sullo scioglimento dei ghiacciai (“Il ghiaccio non arretra perché Capezzone sgasa con la sua Golf”), parte la IV edizione di ‘Carovana dei Ghiacciai’, la campagna internazionale promossa da Legambiente con la partnership scientifica del Comitato Glaciologico Italiano, che si basa su numeri e monitoraggi. E l’associazione, a cui le parole di Salvini non sono certo passate inosservate, ricorda per l’occasione i dati del rapporto ‘European State of the Climate 2022’ dell’Organizzazione meteorologica mondiale. Per il Glamos, la rete svizzera di monitoraggio dei ghiacciai, quelli alpini stanno registrando i più alti tassi di fusione da circa un secolo. Così le Alpi hanno perso il 6% del loro volume residuo solo nel 2022, “annus horribilis” per le scarse nevicate invernali, la sabbia proveniente dal deserto del Sahara e le temperature estive anomale. Salvini si è fatto una sua idea. “Quando vai sull’Adamello e sul Tonale e vedi i ghiacciai che si ritirano anno dopo anno ti fermi a pensare. Poi studi la storia e vedi che sono cicli” ha detto a Cervia, in Romagna, alla festa estiva della Lega. “Le affermazioni di Salvini sono a dir poco inesatte, volendo essere gentili. I metodi per conoscere la realtà sono quello induttivo e quello deduttivo. Il resto è superstizione” commenta a ilfattoquotidiano.it Vanda Bonardo, presidente per l’Italia della Commissione internazionale per la protezione delle Alpi (Cipra), oltre che responsabile Alpi e della Carovana dei Ghiacciai per Legambiente.
Ecco perché “Salvini si sbaglia sui ghiacciai” – Anche Giorgio Zampetti, direttore nazionale Legambiente, torna sulle esternazioni del leader leghista. “Preoccupano certe affermazioni politiche negazioniste rispetto alla crisi climatica”. Per Zampetti si tratta di “un espediente per non dover riconoscere il problema della crisi climatica, che non è un’idea di parte, ma una condizione oggettiva da accettare con una reale governance del territorio e dei rischi ad esso connessi, con adeguate strategie e piani di adattamento al clima (su scala locale e internazionale) a tutela dei territori e delle comunità”. Per Marco Giardino, vice presidente del Comitato Glaciologico Italiano “la recente accelerazione degli effetti del riscaldamento climatico sull’ambiente glaciale è un fatto scientifico ineluttabile”. E aggiunge: “Oggi si registrano sterili polemiche sull’argomento: prendendo a prestito un’espressione di Papa Francesco, lo si potrebbe definire un dibattito di parole “cave”, ovvero vuote, prive di reale significato”. Ma perché Salvini si sbaglia lo spiega proprio la responsabile di Carovana dei Ghiacciai, che ogni anno coordina la campagna sul campo. “È vero che ci sono stati dei cicli nel passato, a periodi glaciali si sono intervallati dei periodi interglaciali, caratteristica dell’era quaternaria nella quale viviamo – spiega Vanda Bonardo – ma sebbene agli inizi degli anni Ottanta fosse in corso l’inizio di piccola glaciazione, non si aveva ancora coscienza e contezza di ciò che stava accadendo”. Cosa stava accadendo? “Nei decenni successivi si è osservata un’impennata pazzesca dell’aumento di temperatura e di emissioni di anidride carbonica, correlate a una diminuzione dei ghiacciai. Sì, ci sono stati dei cicli, ma adesso le cose stanno cambiando in modo pazzesco e la curva che indica l’aumento della temperatura sta salendo verso l’alto e non ha nulla a che fare con le oscillazioni precedenti”. Da qui la stoccata: “Non è possibile che Salvini utilizzi il metodo scientifico solo quando gli fa comodo, affidandosi ai calcoli degli ingegneri, per esempio, se deve ragionare sul ponte sullo Stretto di Messina, che è un progetto che noi contestiamo politicamente per una serie di ragioni”.
L’importanza del monitoraggio – Da qui il ruolo cruciale delle misurazioni. “Lo scorso anno eravamo rimasti alla Marmolada, il caso più emblematico. Ed eravamo tornati dopo due anni, così come su altri ghiacciai. Incredibili i risultati”. Il Ghiacciaio più grande delle Dolomiti nell’ultimo secolo si è ridotto di più del 70% in superficie e di oltre il 90% in volume ed è circa un decimo rispetto a cento anni fa. “È vero che il 2022 è stato un anno particolarmente critico per la siccità e per una serie di problematiche, ma non è che nel 2023 sia andata molto meglio” commenta la responsabile della campagna. Che ricorda: “Le nevicate di maggio ci hanno un po’ salvati, sia in termini di copertura nevosa che in termini di crisi idrica, ma altrimenti saremmo nei guai”. Resta il fatto che climatologi, geologi e glaciologi dicono che la situazione è cambiata. “Vale la pena di andare a verificare, misurare e controllare lo stato di salute dei ghiacciai. È l’unico modo per partire dal dato scientifico, rigoroso, senza inventarci nulla come fa Salvini” aggiunge. Quest’anno la campagna lo farà con un viaggio in sei tappe a cui viene data una dimensione internazionale, proprio grazie alla collaborazione con la Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi, network di cui fa parte anche Legambiente insieme a più di cento associazioni. Si partirà dall’Italia con il Ghiacciaio del Rutor (Valle D’Aosta) dal 20 al 22 agosto, proseguendo con il Ghiacciaio del Belvedere (Piemonte) dal 24 al 26 agosto. Poi sarà la volta dei Ghiacciai di Dosdè (Lombardia) dal 26 al 30 agosto. Qui, con il supporto del Servizio Glaciologico Lombardo, si affronterà anche il tema del rapporto tra ghiacciaio e turismo. L’ultima tappa italiana sarà con i Ghiacciai di Lares e Mandrone (Trentino Trentino-Alto Adige) dal 31 agosto al 2 settembre. Il viaggio, poi, si sposterà poi oltre il confine nazionale. Prima in Austria con il Ghiacciaio Ochsentaler (nella regione del Vorarlberg) dal 4 al 6 settembre e poi in Svizzera con il Ghiacciaio del Morteratsch (Grigioni) dal 7 al 10 settembre. “Secondo noi – spiega Vanda Bonardo – è importante avere uno sguardo ampio su tutte quante le Alpi, non solo quelle italiane. La natura non vede confini”.
L’adattamento, contro la politica dell’emergenza – Una volta ottenuti i dati, però, sono due i pilastri che devono guidare le azioni di risposta al cambiamento climatico: la mitigazione con la riduzione delle emissioni dei gas serra e l’adattamento. “Come è noto, infatti – continua l’esperta – anche se decidessimo da domani di comportarci benissimo, cosa che mi pare piuttosto improbabile, l’effetto dei gas serra non cesserà da un giorno all’altro”. E allora occorre mettere in atto tutte quelle forme di resilienza possibili per limitare i danni. A livello normativo i due principali strumenti per farlo sono la Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici e il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, in fase di consultazione pubblica da febbraio 2023. Su quest’ultimo restano diverse incognite, che vanno dai tempi per l’adozione definitiva alle questioni irrisolte, come l’assenza di integrazione con le altre politiche e le risorse necessarie per implementarlo (che non ci sono). “Tutto ruota parecchio attorno alle risorse idriche e la montagna ha un ruolo tutt’altro che secondario. Se prima sulle Alpi c’erano grandi quantità di acqua, tanto che potevamo permetterci di usarla senza troppa parsimonia – aggiunge l’esperta – oggi bisogna capire come migliorare l’utilizzo dell’acqua. Poi ci sono le problematiche legate al turismo e al dissesto. Ogni tappa sarà dedicata a un tema specifico, ma vogliamo fare in modo che, anche dal punto di vista politico, si operi non rincorrendo i problemi, ma iniziando a costruire una strategia più seria”.
La carta di Budoia e i Comuni montani (anche della Lega) – Per questo la campagna sarà un’occasione per promuovere la ‘Carta di Budoia per l’adattamento locale ai cambiamenti climatici’, dichiarazione volontaria dei comuni alpini promossa dalla Delegazione italiana in Convenzione delle Alpi e dal Network di comuni Alleanza nelle Alpi in Italia, che ha l’obiettivo di fare delle Alpi un territorio esemplare nel settore della prevenzione e dell’adattamento ai cambiamenti climatici. Ma cosa ne pensano i sindaci dei Comuni montani delle parole di Salvini? “È difficile comprendere come possano alcuni sindaci con cui, anche nella diversità di vedute, sui singoli problemi si ragiona e si lavora insieme per raggiungere l’obiettivo, a dar poi ragione a Salvini quando dice queste scemenze”.