L’assassinio di Fernando Villavicencio in Ecuador deve scuoterci, perché nulla è scollegato e ciò che accade in America riguarda da vicino anche noi. Noi europei.
La catena dei fatti è agghiacciante: l’esecuzione in pubblico come prova di spudoratezza e forza, la rivendicazione dei Los Lobos attraverso un video diffuso sui social, gli argomenti tendenziosi adoperati, buoni per gettare fango sulla vittima e per accreditarsi come difensori di un ordine feroce ma onesto, alternativo a quello corrotto della politica. Una sequenza tipicamente mafiosa perché lega violenza agita, violenza promessa, esibizione di potere, messaggio culturale, utilizzo dei media. Ancora una volta vengono in mente le parole di Borsellino: “Mafia a Stato sono due poteri che stanno sullo stesso territorio, o si mettono d’accordo o si fanno la guerra”. O, spesso, si fanno la guerra per cercare un accordo.
Ed è soprattutto questo il significato che pare emergere dall’omicidio di Villavicencio, un candidato alla presidenza dell’Equador che si era distinto per la decisa presa di posizione contro il narcotraffico e la corruzione: l’intimidazione nei confronti di tutta la politica dell’Ecuador.
Alcuni articoli di stampa infatti riportano un dato particolarmente interessante: Villavicencio non era tra i primi posti nei sondaggi in vista delle elezioni, alle quali mancano un paio di settimane. Non sembra che avrebbe potuto impensierire seriamente i candidati che stavano davanti a lui di molti punti. E allora perché ucciderlo? Con ogni probabilità non sarebbe diventato presidente.
Anzi, come è giusto, ma anche prevedibile, il presidente uscente Guillermo Lasso ha immediatamente alzato gli scudi e mobilitato tutte le istituzioni del Paese per dare un segnale di rigore, adoperando parole forti, promettendo che sugli assassini si abbatterà tutto il peso della legalità. Questo attentato sembrerebbe dunque una cosa da matti per la mafia dell’Ecuador, come aver tirato per macabro gioco una bastonata a un vespaio. Oppure no. Oppure i Los Lobos e i cartelli messicani e colombiani che trafficano adoperando i porti dell’Ecuador non sono impazziti, si sono fatti bene i conti e hanno scommesso sulla sostenibilità del “peso della legalità” brandito dal presidente. Ho l’impressione, cioè, che abbiano scommesso sulla disponibilità a mettersi d’accordo di chi ha e avrà il potere, anziché sulla determinazione a scatenare una guerra senza fine. I fatti dei prossimi mesi smentiranno o meno questa mia ipotesi.
Cosa c’entra l’Europa?
Il volume di fuoco scatenato in America centro-meridionale dalle organizzazioni mafiose è da anni impressionante e apparentemente incontenibile. Chi si ricorda dell’omicidio di Marcelo Pecci, l’11 maggio del 2022? Pecci era il procuratore anti mafia del Paraguay, viveva una vita blindata, si era appena sposato e si era concesso una breve luna di miele con la moglie in Colombia: i killer arrivarono dal mare con una moto d’acqua e lo assassinarono in spiaggia, un’altra esecuzione davanti a decine di testimoni. Modalità evidentemente terroristiche.
Lo stesso omicidio di Villavicencio è l’ultimo di una serie di spietate esecuzioni che hanno avuto come vittime esponenti delle istituzioni. Cosa c’è in palio? Tonnellate di cocaina per i mercati occidentali, nordamericani ed europei. Tonnellate di cocaina che diventano montagne di soldi, soldi che a loro volta fanno velocemente il giro del mondo, smaterializzandosi e passando “di mano in mano” per essere reinvestiti dove c’è più ricchezza, cioè ancora una volta nelle economie occidentali. Soldi che diventano potere per le organizzazioni criminali europee, perché rafforzano la presa sulla economia legale e perché costituiscono giacimenti infiniti per alimentare la corruzione. La spudoratezza delle mafie americane rende manifesta la misura degli interessi in gioco.
Soltanto la cooperazione internazionale, che già esiste (!), può contrapporsi efficacemente a questo sistema e, per quanto ci riguarda, soltanto l’Unione europea. Una Unione europea più coraggiosa e forte, capace per esempio di trasformare la Eppo, la Procura Europea che ha una diretta agibilità su tutto il territorio dell’Unione nel contrasto alle frodi ai danni dei fondi comunitari, in una vera a propria Procura europea antimafia e antiterrorismo, sulla scorta del modello italiano. Capace di tutelare il diritto dei cittadini europei a una informazione libera e corretta, contrastando la pratica delle querele intimidatorie (non possiamo mai dimenticare che se in Europa gli “omicidi eccellenti” negli ultimi anni hanno sistematicamente riguardato giornalisti investigativi, che sono diventati la categoria più a rischio: Daphne Caruana Galizia, Jan Kuciak, Peter de Vries). Capace di armonizzare il diritto penale sulle organizzazioni di stampo mafioso, le norme in materia di prevenzione patrimoniale, di riutilizzo sociale dei beni confiscati e quelle di contrasto alla corruzione.
Per farlo però saranno determinanti le prossime elezioni del Parlamento europeo nel giugno del 2024: chi vincerà? Da Le Pen a Salvini, passando per Orban e Abascal, sappiamo cosa pensano i “neri” dell’Unione europea. Soffia Ventotene, soffia!