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L’adesione dell’Ucraina rischia di scatenare un terremoto in Ue. Ft: ‘Dallo stravolgimento del budget alle coalizioni, ecco i punti da risolvere’

La futura annessione dell’Ucraina all’Unione europea stravolgerà gli equilibri politici ed economici dell’intera Ue. Le dichiarazioni raccolte dal Financial Times da funzionari presenti a incontri informali tra i capi di governo dei dieci più grandi Paesi europei per numero di abitanti svelano le discussioni in corso sul futuro dell’Europa adesso che l’annessione del Paese di Volodymyr Zelensky è considerato inevitabile. Discussione che ha portato a una conclusione ritenuta da tutti la più plausibile: questo nuovo allargamento, non programmato e legato alla decisione di Vladimir Putin di invadere il Paese, implicherà dei cambiamenti radicali dei progetti comunitari.

Da quel momento sono iniziati gli incontri, i vertici, i confronti per capire quale fosse la strada migliore da intraprendere: “Volevamo vedere se potevamo creare un sostegno politico sufficiente per andare avanti – dice una delle fonti – È una enorme. L’obiettivo era capire i diversi punti di vista. L’incontro ha confermato che un’idea che poteva sembrare assurda anche 18 mesi fa viene ora presa sul serio. La guerra in Ucraina ha modificato radicalmente i piani sottolineando brutalmente il pericolo di lasciare gli Stati in una ‘zona grigia’ geopolitica, staccati sia dalla Russia che della sfera occidentale. L’invasione di Mosca ha innescato un profondo cambiamento nella politica di allargamento dell’Ue, passando dalla passività a una strategia proattiva”.

Per capire l’evolversi della situazione si deve tornare indietro ai mesi immediatamente successivi all’aggressione russa. L’Unione europea, spinta anche dagli appelli dei Paesi interessati e del blocco comunitario orientale, ha nominato l’Ucraina, la Moldavia e la Bosnia-Erzegovina Stati candidati all’adesione. Sul percorso di Kiev ci sono stati fin da subito enormi dubbi: si tratta di uno degli Stati più corrotti del continente, che non rispetta molti dei parametri dello Stato di diritto imposti dall’Ue, su cui i vertici comunitari hanno voluto fin da subito sottolineare che non vi sarà alcuno sconto in nome di una rapida ammissione, e che diventerebbe uno dei Paesi con la popolazione più grande, con i suoi circa 44 milioni di abitanti, conferendole un peso tutt’altro che marginale in sede di Consiglio europeo. “Abbiamo dovuto fare un enorme cambio di mentalità dall’inizio della guerra in Ucraina – spiega la fonte – Ora vediamo l’allargamento come inevitabile, necessario per stabilizzare il nostro continente. Quindi dobbiamo capire con urgenza come affrontare tutto questo e le enormi conseguenze per l’Unione in termini finanziari e di processo decisionale”.

Per tutto questo, a Bruxelles i funzionari si chiedono se l’Ucraina sarà in grado di attuare il lungo elenco di riforme necessarie per aderire all’Ue quando la guerra sarà finita e anche se il blocco sarà in grado di riformarsi per accogliere il Paese e altri nuovi membri. E per “riformarsi” si intende, oltre alla creazione di nuovi equilibri all’interno del Consiglio Ue dovuti a un importante aumento del numero dei Paesi membri, anche la necessità di ristabilire gli equilibri economici interni. Un’azione necessaria se si vuol inglobare un Paese in piena crisi economica post-conflitto e in gran parte da ricostruire. Decisione che richiede un’ampia riforma del bilancio pluriennale dell’Ue.

Prendiamo ad esempio i settori della Politica agricola comune (PAC) e della coesione che insieme rappresentano circa il 62% del budget settennale, circa 370 miliardi di euro ciascuno. Ammettere l’Ucraina, con terreni agricoli che superano le dimensioni dell’Italia e un settore che impiega il 14% della sua popolazione, sarebbe un punto di svolta perché il Paese diventerebbe il principale beneficiario dei finanziamenti della Pac. Questo a discapito di altri agricoltori europei che dovrebbero accettare finanziamenti molto più bassi. Oppure l’Ue dovrebbe concordare un aumento massiccio dei finanziamenti al settore agricolo. “O la torta cresce, o ognuno ottiene una fetta più piccola”, riassume la fonte. E questo non piace ai Paesi che pagherebbero più di altri le conseguenze sui propri settori produttivi.

Quantificare esattamente i fondi che spetterebbero all’Ucraina, si legge, è impossibile date le incertezze sulle conseguenze della guerra sulla sua economia. Ma se fosse inserita nell’attuale bilancio di coesione 2021-27 salterebbe in cima alla lista dei beneficiari, facendo impallidire lo stanziamento di 77 miliardi di euro destinato alla Polonia, secondo il think tank Bruegel. Un’altra stima informale preparata dal Consiglio dell’UE suggerisce che l’ingresso dell’Ucraina renderebbe la Francia un contribuente netto della Pac (mentre oggi è uno dei Paesi che più di tutti ottiene vantaggi economici da questi fondi grazie alla sua grande vocazione agricola) e la Polonia passerebbe dall’essere il più grande beneficiario netto di fondi dell’Ue a un contribuente netto complessivo.

L’altro enorme problema di un allargamento indiscriminato, come detto, è quello degli equilibri all’interno del Consiglio Ue nel processo decisionale. Non solo, anche grazie al potere di veto, verrebbero invitati al tavolo altri capi di governo, ma questi sarebbero sempre più capaci di creare coalizioni forti che rendano complicata, se non impossibile, l’attuazione di riforme vitali per l’Unione. Una sorta di blocco di Visegrad all’ennesima potenza. Si torna così alla necessità di una riforma dei Trattati che, al momento, appare però molto complicata a causa delle posizioni già divergenti tra Stati membri.