Mentre le banche italiane continuano il recupero in Borsa seguito ai cali di martedì, le agenzie di rating con varie sfumature spiegano che la nuova tassa che colpirà l’aumento del margine di interesse non avrà effetti dirompenti. Se non una sforbiciata temporanea ai maxi utili di quest’anno. Per Moody’s, più critica, ridurrà la propensione al credito delle banche ma nei fatti non le metterà certo in crisi: nonostante un prelievo pari a “circa il 15% dell’utile netto consolidato 2022” dell’intero sistema, la redditività della maggior parte degli istituti resterà “al di sopra del reddito netto del 2022”. Fitch getta acqua sul fuoco sottolineando che il prelievo “ridurrà la redditività a breve termine, ma non comporterà un abbassamento dei rating data la sua natura una tantum e l’applicazione in un momento di redditività ciclicamente elevata e coefficienti patrimoniali confortevoli“.
Moody’s nota che la tassa, peraltro ridotta dal “tetto” annunciato dal ministro Giancarlo Giorgetti, andrebbe ad aggiungersi a una serie di altri “vincoli” alla redditività delle banche italiane, come la modesta attività di prestito, l’aumento delle spese operative a causa dell’elevata inflazione e un graduale aumento dei costi di finanziamento. L’agenzia calcola che per un gruppo selezionato di banche che rappresenta oltre il 60% del margine di interesse del sistema bancario italiano alla fine del 2022 – UniCredit, Intesa Sanpaolo, Bper Banca, Banco Bpm, Banca Monte dei Paschi di Siena – la nuova imposta “ridurrà significativamente il reddito netto”. L’effetto su ciascuna banca dipenderebbe da fattori come la diversificazione geografica delle loro entrate. Ad esempio, il margine di interesse nazionale di UniCredit ha rappresentato solo il 36% del suo totale margine di interesse nel 2022.
Fitch stima che il prelievo genererà 2,5-3 miliardi di euro, in gran parte a carico delle maggiori banche, Intesa, UniCredit, Banco Bpm, Bper e Mps, nonché i gruppi bancari cooperativi del gruppo Iccrea e Cassa Centrale Banca. “Queste banche hanno registrato una forte crescita dell’NII (margine di interesse ndr) dalla seconda metà del 2022 poiché i tassi di interesse più elevati si sono riversati sulle loro attività, che sono per lo più a tasso variabile, ma molto meno sulle loro passività – afferma l’agenzia di rating – Le banche sono in gran parte finanziate da depositi e i loro forti franchise hanno permesso loro di limitare la trasmissione di tassi di interesse più elevati ai depositi dei clienti”. Nella maggior parte dei casi, Fitch prevede che il prelievo raggiunga il limite dello 0,1% del totale delle attività, che equivale in media a circa 30 punti base di attività ponderate per il rischio. Ciò corrisponde al 10%-15% della previsione di utile netto per il 2023 con una erosione della generazione di capitale interno e della redditività “modesta”.
Le banche più piccole e più specializzate dovrebbero essere meno colpite dal prelievo perché i loro costi di finanziamento sono generalmente aumentati più rapidamente con l’aumento dei tassi di interesse, limitando il vantaggio per l’NII. Tuttavia, il prelievo potrebbe limitare la capacità di prestito di alcune banche più piccole, poiché queste tendono ad avere riserve di capitale più ristrette e si affidano maggiormente alla generazione di capitale interno per finanziare la crescita organica. Diverso lo scenario in caso di eventuale rinnovo del prelievo: “Potrebbero sorgere rischi al ribasso per i rating, poiché l’impatto negativo sulla capacità di guadagno ridurrebbe la capacità delle banche di assorbire le perdite su crediti in caso di rallentamento economico. Ciò potrebbe anche compromettere la capacità delle banche di raccogliere capitale quando necessario, in quanto minerebbe l’attrattiva del settore bancario nazionale per gli investitori”.