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Il vicepresidente di Taiwan farà scalo negli Usa. Intanto Pechino annuncia “manovre militari vicino all’isola”

Continua lo scambio di colpi fra Stati Uniti e Cina, e adesso la tensione regionale nello stretto di Taiwan e nel Mar cinese meridionale arriva ad un nuovo livello di guardia. Il 10 agosto Joe Biden ha deciso di vietare, con un ordine esecutivo, alle aziende statunitensi di effettuare investimenti nel campo dell’hi-tech in Cina, sottraendo quindi risorse fondamentali da un punto di vista tecnologico anche per la macchina militare di Pechino e assestando un nuovo colpo sulla scia della guerra dei chip e dei controlli sui reciproci scambi di tecnologia fra le due superpotenze. Oggi lo stesso presidente degli Stati Uniti ha definito la Cina, attore con cui si sta tentando di stabilire un “rapporto razionale”, come “una bomba ad orologeria“. Per Biden la congiuntura economica complicata che il Dragone sta affrontando (con espliciti riferimenti ad “un’elevata disoccupazione” e una “forza lavoro che invecchia” e rappresentata da un forte rallentamento di export e consumi interni) potrebbe portare “persone cattive a compiere gesti cattivi” e quindi è necessario monitorare la situazione.

Parole pesanti, a cui non è tardata, in risposta, un’ulteriore provocazione di ritorno proveniente dai vertici militari cinesi. L’Amministrazione per la sicurezza marittima dello Zhejiang ha infatti annunciato un nuovo ciclo di esercitazioni militari cinesi al largo della costa provinciale poco a nord di Taiwan, che avrà luogo a partire dalle 12 del 12 agosto, disponendo inoltre un bando al transito in alcune aree specifiche fino alle 16 del 14 agosto. Una minacciosa dimostrazione di forza che non capita in un giorno casuale: è previsto, infatti, per le prossime 48 ore un viaggio del vicepresidente di Taiwan William Lai in Paraguay, in occasione del quale è confermato un doppio scalo di visita e colloquio proprio negli Stati Uniti. Non si conoscono ancora i dettagli di questa operazione che è però a tutti gli effetti confermata, così come si può confermare la conseguente irritazione di Pechino che, riconoscendo Taiwan come una propria provincia ribelle, non vede di buon occhio qualsiasi mossa che a livello internazionale possa accrescerne il profilo diplomatico e relazionale. Non è la prima volta che quest’anno si verifica una situazione simile, ad aprile scorso infatti, in concomitanza della visita della presidente di Taiwan Tsai Ing-wen negli Usa, Pechino annunciò “risolute contromisure” che portarono venti suoi aerei da guerra a sorvolare i cieli taiwanesi.

Non è chiaro e tanto meno prevedibile come evolveranno i rapporti fra Cina e Stati Uniti che, dopo che sembrava si fossero stabiliti su una linea di dialogo e comprensione reciproca, ora sono nuovamente tornati ad assestarsi su un binario complicato e di scontro, con il destino di Taiwan, e del mondo intero, nel mezzo.