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Michela Murgia, l’ultimo saluto dei “figli d’anima”: “Bentornata a casa”. La storia della famiglia queer voluta dalla scrittrice

Una famiglia complessa, unica, lontana dagli schemi e da quelle gabbie in cui la Murgia non ha mai voluto essere incasellata

“Tutt3 vogliamo essere liber3, perché solo dentro alla più completa libertà è possibile esercitare la più stabile delle responsabilità”. C’è tutto il Murgia-pensiero in questa frase che la scrittrice, morta ieri a 51 anni, vergò all’indomani del matrimonio con Lorenzo Terenzi: era un modo per rigettare quel “prometto di esserti fedele sempre” ma anche un modo per spiegare ancora una volta cosa significasse per lei la completa libertà. Anche quella di scegliere e costruirsi la sua “famiglia queer”. E che cosa fosse per lei quella famiglia speciale, allargata e plasmata su misura dalle scelte e dalla vita, lo aveva scritto per rispondere a chi non ne comprendeva fino in fino il senso più profondo. “Una famiglia ibrida, fondata sullo ius voluntatis, sul diritto della volontà”, dunque andando molto oltre i legami di sangue: “Perché la volontà deve contare meno del sangue?”, aggiunse poche settimane fa.

CHI ERANO I “FIGLI D’ANIMA” DI MICHELA MURGIA – Della sua famiglia queer facevano parte i “figli d’anima”, quattro ragazzi – Raphael Luis, Francesco Leone, Michele Anghileri e Alessandro Giammei – che hanno diviso con lei la vita per vent’anni. Quei quattro “figli d’anima” – definizione coniata dalla scrittrice, così come “madre d’anima”, nata ai tempi del suo romanzo più noto, Accabadora – che in queste ore l’hanno salutata anche via social. “Camminiamo verso altre notti insonni a raccontarci i segreti, a immaginare nuovi orizzonti, a prenderci cura delle persone che amiamo. Benvenuta nella nostra nuova vita. Bentornata a casa, Shalafi amin”, ha scritto Francesco Leone su Instagram. “Ciao bella”, è invece il messaggio di Giammei. Il più piccolo è Raphael, che dodici anni fa (quando aveva appena 9 anni) prese per mano la Murgia e le disse: “Non voglio che te ne vai mai più”. È iniziata così una maternità condivisa con Claudia, un’architetta, con cui la scrittrice ha costruito una famiglia omogenitoriale basata sull’affetto e sulla cura, non riconosciuta delle leggi e non tradizionale.

IL MATRIMONIO QUEER – A luglio, Michela Murgia aveva sposato Lorenzo Terenzi ma più che un matrimonio quel rito era stato un modo per celebrare la famiglia queer, che in quell’occasione definì “un altro modello di relazione, uno in più per chi nella vita ha dovuto combattere sentendosi sempre qualcosa in meno”. Il legame con Lorenzo durava dal 2017: si conobbero durante uno spettacolo teatrale, lei recitava nei panni di Grazia Deledda, lui era aiuto regista. Per dare al loro legame una solidità legale, il 15 luglio scorso Murgia lo ha sposato “in articulo mortis”, chiedendo esplicitamente di non ricevere auguri: la scrittrice considerava infatti il matrimonio una scelta compiuta controvoglia, presa esclusivamente per garantire un diritto (e perché le sue volontà fossero rispettate fino all’ultimo) ma con un “rito patriarcale e limitato” che lei non apprezzava. “Il numero 2 è il contrario di quello che siamo”, scrisse, come a dire che la considerava una limitazione. “Quando Maria Grazia Chiuri mi ha detto ‘voglio disegnarti l’abito da sposa’ ho provato imbarazzo: non mi considero una sposa. Il fatto che tutt3 continuino a romanticizzare la questione e farci le congratulazioni non cambia la realtà: io e Lorenzo abbiamo firmato un contratto con lo Stato per avere diritti che non c’era altro modo per ottenere così rapidamente”, precisò. Nel frattempo, la direttrice creativa di Dior aveva creato per lei non un semplice abito da sposa ma vero e proprio progetto, una mini-collezione familiare che interpretava alla perfezione lo spirito queer, con tanto di scritta: “God save the Queer”. Proprio per riunire quella famiglia allargata, la Murgia qualche mese fa comprò una casa alle porte di Roma, con un grande giardino – lì venne celebrato il matrimonio queer -, dove ha vissuto con Lorenzo, con i “figli d’anima”, con Claudia e Marco (la mamma e il papà di Raphael). Erano di famiglia anche alcuni degli affetti più stabili della Murgia, dalle scrittrici Marina Tagliaferri (con lei ha realizzato molti progetti, tra cui l’iconico podcast Morgana, diventato poi un libro), Chiara Valerio e Teresa Ciabatti, e ancora, solo per citarne alcuni, Roberto Saviano, il basso Francesco Leone, Serena Dandini, Marco Missiroli e Mario Desiati. Una famiglia complessa, unica, lontana dagli schemi e da quelle gabbie in cui la Murgia non ha mai voluto essere incasellata.