“Il Dipartimento di Stato degli Usa ha incoraggiato il governo pakistano a rimuovere Imran Khan da primo ministro”. Il motivo? La neutralità dell’ex premier pakistano sull’invasione russa dell’Ucraina. È quanto riporta un’indiscrezione del The Intercept, che cita un documento segreto del governo pakistano. La notizia viene pubblicata il 9 agosto, quattro giorni dopo l’arresto di Khan, condannato a tre anni di reclusione per corruzione con l’accusa di essersi appropriato di doni ricevuti da dignitari stranieri quando era premier, una sentenza definita “infondata” dai suoi sostenitori che ha causato il deterioramento del conflitto politico nel Paese. La sentenza emessa nei suoi confronti prevede anche l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. L’ex primo ministro era stato arrestato già a maggio e accusato insieme alla moglie di aver ricevuto un terreno del valore di milioni di dollari come tangente da un magnate immobiliare attraverso un ente di beneficenza, il Fondo al-Qadir. L’arresto aveva provocato violente proteste, ed era poi stato dichiarato illegale dalla Corte Suprema del Pakistan.

Il documento del The Intercept – Secondo quanto riporta il giornale online americano, il documento in questione, contrassegnato come “segreto”, contiene una descrizione di un incontro, avvenuto il 7 marzo 2022, tra Asad Majeed Khan, allora ambasciatore del Pakistan presso gli Stati Uniti, e rappresentanti del Dipartimento di Stato Usa, tra cui Donald Lu, assistente segretario di stato per l’ufficio del sud e affari dell’Asia centrale. Nel documento, gli Stati Uniti “criticano l’approccio di Khan alla guerra in Ucraina”. Secondo, infatti, quanto riferisce The Intercept, Lu ha espresso senza mezzi termini la rabbia di Washington per il coinvolgimento del Pakistan nel conflitto russo-ucraino. Nel documento Lu spiega che “la gente qui e in Europa è piuttosto preoccupata per il motivo per cui il Pakistan sta assumendo una posizione così aggressivamente neutrale (sull’Ucraina), ammesso che una tale posizione sia possibile. A noi non sembra una posizione neutrale”. Il 2 marzo precedente Lu era stato infatti interrogato sulla neutralità dell’India, dello Sri Lanka e del Pakistan nella guerra in Ucraina durante un’audizione della commissione per le relazioni estere del Senato americano. Il giorno prima dell’incontro invece, Khan aveva parlato a una manifestazione rispondendo alle richieste dell’Europa affinché il Pakistan sostenga l’Ucraina tuonando: “Siamo forse i vostri schiavi?”.

Sempre nel documento si descrive come Donald Lu solleva la possibilità di un voto di sfiducia nei confronti di Khan: “Penso che se il voto di sfiducia contro il primo ministro avrà successo, tutto sarà perdonato da Washington perché la visita in Russia è vista come una decisione del primo ministro. Altrimenti, penso che sarà difficile andare avanti”. Lu infine avverte che il Pakistan potrebbe perdere il sostegno dei suoi partner occidentali se il problema non fosse risolto. “Non posso prevedere come l’Europa lo vedrà”, dice, “ma sospetto che la loro reazione sarà simile”, aggiungendo che se Khan dovesse mantenere il potere, rischierebbe di essere “isolato” sia dall’Europa che dagli Stati Uniti. Un mese dopo l’incontro con i funzionari statunitensi descritto nel documento del governo pakistano trapelato, si è tenuto quindi nel Parlamento pakistano un voto di sfiducia a Khan.

Da allora, Khan e i suoi sostenitori hanno manifestato costantemente nelle piazze contro i militari e il governo di Shehbaz Sharif, che secondo Khan erano responsabili di aver orchestrato il suo rovesciamento per volere degli Stati Uniti. La sfiducia di Khan ha infatti provocato disordini politici ed economici nell’intero Paese. L’ex premier, che fin dall’inizio accusava di essere stato deposto in un complotto guidato dagli Stati Uniti, aveva portato avanti da mesi una lotta politica contro il potere centrale e il governo di Sharif. Intanto il 6 agosto primo ministro attuale Sharif ha annunciato le dimissioni del suo governo, spiegando che si è trovato in grave difficoltà ad abbandonare la guida del Paese “al culmine di una grave crisi economica, con i prezzi del carburante alle stelle e nel mezzo del caos politico”.

@youssef_siher

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