Nulla di fatto al tavolo tra governo e opposizioni sul salario minimo con Giorgia Meloni, durato poco più di due ore. Ognuno resta sulle proprie posizioni. La premier ha proposto di spostare la partita al Cnel, che tiene l’archivio dei contratti nazionali: in quella sede si dovrebbe fare nei prossimi 60 giorni – in tempo per la legge di Bilancio – un’analisi dei dati e delle “ripercussioni di ogni possibile iniziativa legislativa”. Per poi arrivare a una proposta di legge per dare piena attuazione all’articolo 36 della Costituzione secondo cui il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. Per le opposizioni – con l’eccezione di Carlo Calenda che parla di “primo passo verso la direzione giusta” – equivale a prendere tempo facendo melina.
Meloni: “Ci sono divergenze, intervenga il Cnel” – “Ci sono divergenze su quali siano gli strumenti per rafforzare il potere di acquisto delle famiglie, per rafforzare i salari. E io ho proposto un confronto che coinvolga anche chi costituzionalmente è più attrezzato a fare questo lavoro, ovvero il Cnel, per terminare prima dell’avvio della legge di bilancio, in tempo per avere le coperture necessarie per adottare eventuali provvedimenti. Il presidente Brunetta è pronto al confronto subito, anche domani”, ha detto Meloni all’uscita, rivendicando di essere “interessata” al contrasto del lavoro povero e di voler “capire se c’è un margine per condividere soluzioni che possano essere efficaci” ma ribadendo sia che il salario minimo da solo non risolve problema, sia che secondo lei un minimo legale rischia di sostituire quelli contrattuali peggiorando la situazione dei lavoratori. Tesi smentita pure nella premessa di una proposta di legge presentata nel 2019 dal deputato di Fratelli d’Italia Walter Rizzetto. Poi ha aggiunto – cambiando versione – che in Italia “abbiamo salari più bassi perché la nostra crescita è stata più bassa. L’unico modo è rimettere in moto l’economia”. Infine ha sottolineato di aver dato prova di disponibilità nei confronti delle opposizioni pur non avendo ricevuto lo stesso trattamento quando era fuori dalla maggioranza. Anche se nel 2020 è stata invitata agli Stati generali di villa Pamphili e ha declinato l’invito.
Per quanto riguarda gli alleati di maggioranza, Tajani ha ribadito la proposta di Forza Italia per un salario minimo “da non fissare per legge ma frutto di una contrattazione collettiva” mentre la Lega si è limitata a parlar d’altro dichiarando “la propria determinazione ad aumentare occupazione, stipendi e pensioni valorizzando l’Italia dei Sì rappresentata dai tanti cantieri sbloccati e dalle opere ambiziose come il Ponte sullo Stretto che garantirà almeno 100mila posti”.
Conte e Schlein: “Nessuna controproposta” – “Oggi non c’è stata nessuna controproposta. Il governo ha proposto di coinvolgere il Cnel di Brunetta, a noi sembra una palla buttata in tribuna però se vogliono ben venga”, è stata la reazione del presidente M5s Giuseppe Conte, in linea con la leader Pd Elly Schlein secondo cui il governo “non ha le idee chiare, è rimasto sulle sue posizioni e non ha una sua proposta”. Entrambi hanno annunciato che ora partirà la raccolta firme a sostegno della proposta unitaria su un salario minimo di 9 euro lordi all’ora.
Il leader di Sinistra italiana Nicola Fratoianni, come quello di Azione Carlo Calenda (secondo cui c’è un “primo passo verso la direzioni giusta”), ha detto di aver apprezzato la disponibilità al dialogo anche se “chiederemo il sostegno dei cittadini e continueremo a confrontarci alla ripresa dei lavori in parlamento”. “La proposta rimane una, quelle delle opposizioni, e il governo non ha detto né sì né no”, ha aggiunto dal canto suo il segretario di Più Europa, Riccardo Magi, mentre per Benedetto Della Vedova “il Cnel ha la sua funzione, ma la ha anche il Parlamento, e in questo caso è in Parlamento che ci deve essere il confronto”.
L’incontro – A Palazzo Chigi sono andati tutti i leader dei partiti che hanno firmato la proposta di legge depositata in Parlamento a luglio e di cui in Parlamento si riparlerà – forse – solo in autunno. Per il governo, oltre a Meloni, c’erano i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini (in collegamento video dalla Toscana), la ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone e i sottosegretari Giovanbattista Fazzolari e Alfredo Mantovano. La premier ha criticato l’impianto della pdl a prima firma Conte, sulla falsariga di quanto sostenuto anche nel suo ultimo video “Appunti di Giorgia” (“il salario minimo rischierebbe di diventare un parametro sostitutivo e non aggiuntivo peggiorando il salario di più lavoratori di quelli ai quali lo migliorerebbe”) e le opposizioni hanno risposto punto per punto alle obiezioni. “Meloni ha rivolto domande sui dubbi che ha sul salario minimo, abbiamo risposto nel dettaglio, nel merito. Non è uno strumento che può trascinare verso il basso i salari“, ha sottolineato Magi.
La proposta di Fdi del 2019 – Il leader di +Europa ha messo il dito nella piaga perché, come emerso giovedì, nel 2019 Walter Rizzetto, ora presidente della Commissione Lavoro della Camera, ha presentato una proposta di legge per l’introduzione del salario minimo. E nella premessa ha scritto di non concordare con “la tesi espressa da alcune organizzazioni sindacali, le quali affermano che avrebbe effetti negativi poiché porrebbe le basi per una diminuzione dei salari nel medio termine“. Tesi del resto smentita dalle evidenze empiriche che arrivano dai Paesi in cui c’è già il salario minimo, come la Germania, ma che invece Meloni continua a ripetere. La pdl non fissava una soglia ma prevedeva che il minimo stabilito da una commissione ad hoc si applicasse “a tutte le categorie di lavoratori e di lavoratrici per i quali la retribuzione minima non sia individuata dai contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL)” ma anche nei casi in cui “tali contratti stabiliscano un corrispettivo minimo orario inferiore“.
Il salario c’è in 22 Paesi Ue – Il salario minimo che tanto fa discutere la politica in Italia è previsto in 22 Paesi su 27 dell’Unione Europea, dopo che anche Cipro, dal primo gennaio di quest’anno, lo ha adottato. L’indicazione di un minimo legale è prevista per gli Stati membri da una direttiva del 2022 che prevede quest’obbligo, a meno che la contrattazione collettiva non copra almeno l’80% dei lavoratori. Ed è questo il caso dell’Italia, che può scegliere se adottare o meno un minimo legale. Gli altri paesi dell’Ue senza una soglia nazionale per i salari sono Danimarca, Austria, Finlandia e Svezia. Tutti gli altri prevedono una soglia minima per i compensi dei lavoratori ma con differenze sostanziali tra loro. A partire dal livello dei compensi: nel Lussemburgo le buste paga minime sono superiori di oltre sei volte rispetto a quelli del Paese dove sono più povere, la Bulgaria, con 2.508 euro contro 399 euro mensili, secondo i dati Eurostat aggiornati a luglio 2023.