Sapore di sale, sapore di mare, che hai sulla pelle, che hai sulle labbra… è fatta. La cotta estiva ha colpito come il solleone in spiaggia. Cedere o resistere? La risposta è nella chimica dell’amore.
Come funziona il classico innamoramento estivo? E in che modo differisce dall’amore, quello vero? Questa è una domanda che nel periodo più “caldo” dell’anno dovremmo farci prima di intraprendere o meno una relazione (o di mandarne all’aria qualcuna).
L’innamoramento è uno stato illusorio e alterato di coscienza che, come una lunga influenza, è destinato a passare. È una scintilla, un impulso erotico che ci spinge all’unione, oltre la ragione e potenzialmente oltre ogni confine stabilito. Quando ci innamoriamo il nostro cervello ha delle reazioni chimiche simili a quelle dello stato di ebbrezza: l’amigdala (la parte del cervello adibita alle emozioni) attiva un’elevata produzione di dopamina, noradrenalina e feniletilamina (PEA), i quali agiscono sui centri del piacere. Sono gli stessi neurotrasmettitori responsabili degli effetti delle droghe. Per questo usiamo espressioni come “perdere la testa” o “camminare a tre metri da terra”: ci troviamo in uno stato di eccitazione euforica accompagnato da vari effetti collaterali. La scintilla che ci fa innamorare sfugge al controllo razionale perché dipende dai feromoni, messaggeri chimici mediati dall’olfatto che vengono secreti da particolari ghiandole localizzate nell’area genitale, ma presenti anche dietro l’orecchio e nel cavo ascellare. Si tratta di un meccanismo di selezione determinato dalla maggiore o minore compatibilità genetica tra i due individui. La sintomatologia da innamoramento oscilla dai 12 ai 18 mesi. Per chi si frequenta poco la sensazione di ebbrezza euforica può essere prolungata fino a tre anni. Alla fine di questo periodo le persone che credono che l’amore consista nel vivere costantemente una forte esperienza passionale extra-ordinaria cercheranno quelle sensazioni in una nuova relazione capace di innescare quei meccanismi. Come una droga. Passato l’effetto bisognerà scegliere, prima o poi, se orientarsi verso l’amore. Per queste ragioni un consiglio molto utile è quello di non prendere decisioni fondamentali (avere figli, cambiare lavoro, trasferirsi, rompere legami familiari) durante un passionale innamoramento estivo e, comunque, nel primo triennio dall’inizio della relazione. Le coppie più felici, complici e solide, in cui la cura reciproca dura negli anni, sono quelle in cui i criteri di scelta del partner non si basano sulla tempesta emotiva della fase dell’innamoramento, ma su legami profondi che si fondano sulla condivisione di valori. È un processo che ha superato le montagne russe ormonali ed emotive, la pressione di ansie e aspettative. Alla fine del periodo di innamoramento i neurotrasmettitori dell’infatuazione vengono sostituiti da quelli che garantiscono stabilità nel rapporto (ossitocina per la donna e vasopressina per l’uomo). Sono i correlati biochimici che vengono attivati dall’abbraccio e dalle carezze, e producono stati d’animo quali affetto, dedizione, cura per l’altro.
Se da un lato ricerchiamo l’innamoramento per sperimentare l’entusiasmo dello stato di ebbrezza, dall’altro ci affezioniamo a routine e abitudini perché ci danno sicurezza. E spesso preferiamo quella sicurezza alla libertà. Infatti, quante volte capita che ci teniamo ben strette abitudini disfunzionali che creano malessere e compromettono la nostra salute, perché tendiamo a preferire un dolore conosciuto piuttosto che avventurarci in una dimensione sconosciuta.
Non sto, quindi, proponendo di non innamorarsi, ma di innamorarsi consapevolmente, prima di tutto della vita, di questo istante. Non sto suggerendo di non essere leggeri, ma di esserlo profondamente. Non sto dicendo di non perdere mai il controllo, ma di abbandonarsi e arrendersi alla luce che abbiamo nel cuore. Questa eterna adolescenza, di cui abbiamo periodicamente bisogno, prima o poi (per qualcuno mai), farà posto a una reale e più profonda consapevolezza della natura dell’amore (e della sua chimica).