Dalla guerra dichiarata all’attacco finale. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio va allo scontro diretto coi pm di Firenze titolari dell’inchiesta sulla Fondazione Open avviando contro di loro l’azione disciplinare che li mette formalmente in stato d’accusa per “grave violazione di legge determinata da ignoranza grave e inescusabile”, come richiesto a gran voce dal leader di Italia Viva Matteo Renzi. E a “processarli”, salvo sostituzioni per incompatibilità manifesta, sarà la sezione disciplinare del Consiglio Superiore della magistratura presieduta dall’avvocato Fabio Pinelli, che prima di approdarvi era il difensore sia del tesoriere Alberto Bianchi che del Senato, che rappresentò nella querelle contro i pm fiorentini sull’acquisizione delle mail e delle chat di Renzi senza autorizzazione preventiva del Parlamento.
A riportare la notizia oggi sono i giornali del centrodestra, da Libero al Giornale. Il Riformista, diretto politicamente da Renzi, già si chiede “chi ha sbagliato pagherà?” anticipando quasi un verdetto. Nel mirino i pm Luca Turco e il sostituto Antonino Nastasi. Il primo deve rispondere anche di “comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti e dei loro difensori”. Per questo il ministro della Nordio chiede – con una mossa che lo pone in rotta di collisione frontale con l’Associazione nazionale magistrati – che Turco e Nastasi vengano messi sotto procedimento disciplinare.
Per Nordio, l’impeachment delle tue toghe fiorentine è reso inevitabile dall’esito dell’ispezione che lo stesso ministro dispose nel dicembre scorso, inviando i suoi investigatori alla procura di Firenze come chiedeva il loro principale indagato: Matteo Renzi, ex presidente del Consiglio, indagato a Firenze per finanziamento illecito insieme ai suoi amici Marco Carrai e Enzo Manes. Perno di tutta l’inchiesta, i fondi versati alla fondazione Open, controllata da Renzi e considerata dai pm alla stregua di un partito politico.
Renzi è impegnato da tempo in uno scontro furibondo con gli inquirenti che accusa di essersi accaniti contro di lui per motivi politici e ideologici, inventando una inchiesta sul nulla e violando ripetutamente le regole. Tra le violazioni più gravi, secondo il leader di Italia Viva, quella di copiare e trattenere i contenuti dei computer di Carrai nonostante la Cassazione avesse annullato il sequestro e ordinato di restituire tutto all’indagato senza farne copia. Sul punto per la verità era tempestivamente intervenuta la Procura di Genova, competente sui reati commessi da magistrati toscani, dove Renzi aveva presentato vari esposti, finora perlopiù archiviati.
Le “spallate” fallite di Renzi
Il primo tentativo è l’azione intentata da Marco Carrai contro la decisione dei pm fiorentini di trasmettere al Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, atti dell’indagine che la Cassazione aveva definito “non trattenibili”. La Suprema corte aveva annullato più volte i provvedimenti di sequestro ai danni dell’imprenditore nell’ambito dell’inchiesta sulla Fondazione Open. Cionondimeno era stato proprio il Copasir a chiedere ai pm toscani di avere gli atti per “esigenze di sicurezza nazionale”. Per la procura di Genova dunque “il comportamento dei pm toscani è stato corretto”. La trasmissione degli atti denunciata da Renzi e Carrai era anzi dovuta, visto che “non si è trattato di una indebita e intenzionale diffusione all’esterno del materiale sequestrato ma di una comunicazione istituzionale a un organismo parlamentare i cui membri sono tenuti al segreto d’ufficio”. Ma quali segreti?
Di sicuro il Copasir era interessato ai finanziamenti dai sauditi che stavano sull’estratto conto. Tra le carte dell’inchiesta Open era anche altro che poteva essere materia di approfondimento per il Comitato. Ad esempio, l’attivismo di Fabrizio Rondolino: il 7 gennaio 2017 l’ex Lothar di Dalema e già fedelissimo e consulente per la comunicazione di Renzi invia all’ex Presidente del Consiglio una mail con allegato un piano per realizzare una “struttura di propaganda antigrillina” con tanto di investigatore privato e personale dedicato a distruggere la reputazione di avversari politici e giornalisti (come Travaglio e Scanzi) con notizie mirate da rilanciare con profili fake. Un caso che provocò enorme imbarazzo a sinistra.
Il secondo tentativo
Contro l’aggiunto Luca Turco e il sostituto Antonino Nastasi, Renzi aveva presentato un’altra querela aggiungendo ai due nomi anche quello dell’ex procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo, accusandoli di aver acquisito illecitamente le sue chat e il suo estratto conto. Per Renzi l’ex procuratore capo, l’aggiunto e il sostituto Antonino Nastasi – cioè i tre pm che hanno firmato la richiesta di rinvio a giudizio nei suoi confronti per finanziamento illecito ai partiti – avevano commesso abuso d’ufficio per aver effettuato sequestri della sua presunta “corrispondenza”, cioè di suoi messaggi Whatsapp sui telefoni di terzi e del suo estratto conto bancario, senza la preventiva autorizzazione del Senato, violando quindi (secondo lui) l’articolo 68 della Costituzione e la legge 140/2003 sulle guarentigie dei parlamentari. Una tesi accolta dal Senato stesso, che approvando la relazione della Giunta per le immunità aveva votato per sollevare un conflitto di attribuzioni con i pm di fronte alla Consulta. Anche su questo la Procura aveva chiesto l’archiviazione. A febbraio 2022 il giudice per le indagini preliminari di Genova, Claudio Siclari, ha respinto l’opposizione dell’ex premier alla richiesta di archiviazione presentata a febbraio scorso dalla Procura del capoluogo ligure. Per il Gip i tre magistrati fiorentini non avevano violato né la Costituzione né la legge. Intanto rispondendo in Senato al question time sollecitato proprio da Renzi, il ministro della Giustizia Carlo Nordio rispondendo al questione time sollecitato proprio da Renzi aveva annunciato l’imminente avvio di un’indagine in procura a Firenze. Dunque quello che non era riuscito agitando lo spettro di reati si tenta con l’azione disciplinare.
L’ultimo giudice è indipendente?
Sarà motivo di giubilo, invece, per Matteo Renzi che da imputato ma senatore si era fatto spostare appositamente nella commissione Giustizia per seguire personalmente l’iter di riforma del disegno di legge sulla Giustizia di Carlo Nordio, sostituendo Ivan Scalfarotto. Una mossa molto delicata (e contestata) perché il senatore di Italia Viva potrebbe trovarsi a votare emendamenti o leggi che incidano direttamente sull’operato di quei magistrati di Firenze che lo hanno indagato o su quei giudici che dovranno giudicarlo nei prossimi mesi. Ma c’è di più.
Un dettaglio fa presagire altri possibili sviluppi. La palla passa infatti alla Procura generale della Cassazione, che dovrà avviare l’indagine disciplinare e sottoporre poi le sue conclusioni al Consiglio superiore della magistratura. Dove però a processare Turco e Nastasi sarà la sezione disciplinare presieduta da Fabio Pinelli, che come avvocato – prima di approdare al Csm – ha difeso sia il presidente della fondazione Open Alberto Bianchi sia il Senato nello scontro con la procura di Firenze. Fu il primo scandalo politico del nuovo Csm. Filippo Spiezia, membro italiano e vicepresidente di Eurojust (l’agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria) ha ottenuto l’incarico contro Ettore Squillace Greco, 66 anni, attuale procuratore capo di Livorno.
I due erano pari voto ma a far prevalere Spiezia, voluto a tutti i costi da Matteo Renzi e dal centrodestra, era stata decisiva la mossa del vicepresidente dell’organo, l’avvocato leghista Fabio Pinelli che contro ogni aspettativa ha partecipò al voto e in suo favore, ignorando la prassi e le gigantesche ragioni di opportunità. Pinelli, infatti, assisteva Alberto Bianchi, già presidente della fondazione Open, nel processo sulla cassaforte renziana in corso a Firenze per finanziamento illecito e corruzione. Non solo. Fu lui il legale che materialmente presentò alla Consulta il conflitto di attribuzione contro la Procura fiorentina sollevato dal Senato nell’ambito di quello stesso processo, sostenendo che i sequestri dei pm violassero le prerogative costituzionali di Renzi. Dunque la storia si ripete, ma stavolta in bilico ci sono le teste di due magistrati e l’esito di uno dei più formidabili e inquietanti attacchi del potere politico a quello giudiziario.