Di cognome fa Zeng, ha 52 anni ed è di nazionalità cinese. Si sa questo e poco altro del protagonista del nuovo caso di spionaggio che ha coinvolto la Cina, gli Stati Uniti e indirettamente anche l’Italia. In un comunicato diffuso l’11 agosto il ministero della Sicurezza di Stato di Pechino ha dichiarato di aver smascherato la sua attività di spionaggio svolta in un periodo non ben precisato. Secondo quanto riferito dai media di Stato, il cittadino cinese lavorava per un gruppo industriale militare e si trovava nel nostro Paese “per motivi di studio”. Proprio qui, in una dinamica che rimane ancora poco chiara, Zeng – che aveva accesso a informazioni militari riservate riguardanti il suo Paese – sarebbe stato avvicinato da un uomo della CIA, identificato con il nome di Seth, che si trovava di stanza presso l’ambasciata americana a Roma. Nel corso di “cene e uscite” i due uomini sarebbero entrati in confidenza al punto tale che lo 007 americano sarebbe uscito allo scoperto, ammettendo la sua vera identità al cittadino cinese. “Mentre gli scambi tra i due si approfondivano, Seth rivelò a Zeng di essere un membro della base romana della Cia”, riferisce il Global Times, quotidiano vicino al Partito Comunista Cinese.
Secondo la ricostruzione fatta dai media asiatici, il rapporto di fiducia instaurato con il funzionario della CIA, oltre alla ricompensa e alla protezione che gli fu promessa in cambio dei suoi servizi, indusse Zeng a stringere un accordo con l’intelligence americana. Così, una volta tornato in patria, il cittadino cinese avrebbe dovuto raccogliere informazioni cruciali sulle forze armate cinesi e trasmetterle alla controparte statunitense. E così è stato fino alla scoperta dell’accordo segreto da parte di Pechino. “(Seth) chiese a Zeng di fornirgli informazioni sensibili sulle forze armate cinesi, promettendo di pagare un’enorme somma di denaro e di aiutare la sua famiglia a emigrare negli Stati Uniti”, specifica il Global Times. Secondo quanto riferito dal ministero cinese, inoltre, Zeng “ha ricevuto addestramento prima di tornare in Cina per svolgere attività di spionaggio”.
L’ Italia, dunque, è lo scenario nel quale si è consumato solo l’ultimo atto nella guerra di spionaggio e controspionaggio che va avanti da anni fra Cina e Stati Uniti e che, secondo quanto denunciato da Pechino, si è intensificata nell’ultimo periodo con diversi casi scoperti dai funzionari cinesi. All’inizio di agosto, proprio il ministero della Sicurezza di Stato ha lanciato una sorta di “chiamata alle armi” rivolta a tutti i cittadini cinesi chiedendo il loro coinvolgimento in questa attività di controspionaggio.
Washington respinge le accuse e rilancia puntando il dito contro il “rivale” cinese. Proprio recentemente, infatti, ha fatto scalpore la decisione della Casa Bianca di vietare ai suoi funzionari l’uso di TikTok, il celebre social media cinese. Il sospetto è che Pechino possa utilizzare la piattaforma come cavallo di Troia per svolgere attività di spionaggio. Dal canto suo, il mese scorso la Cina ha introdotto una legge anti-spionaggio volta ad ampliare quella già adottata nel 2014 e che ha destato preoccupazioni soprattutto fra i giornalisti stranieri. La legge, infatti, amplia la portata degli obiettivi di spionaggio a “tutti i documenti, i dati, i materiali e gli articoli” e consente alle forze dell’ordine di ispezionare i bagagli, i dispositivi elettronici e le proprietà dei sospettati. Per non parlare dell’estrema vaghezza della legge che aggiunge come violazione il “cercare di allinearsi con un’organizzazione di spionaggio” senza darne una definizione chiara e certa. Così, ogni entità ritenuta ostile a Pechino potrebbe finire sotto accusa.
Ma che fine ha fatto Zeng? Del destino del cittadino cinese non si sa nulla di preciso. “Dopo un’indagine approfondita, l’autorità ha adottato misure coercitive”, ha dichiarato il ministero cinese, lasciando ipotizzare che sia stato arrestato. Interpellata da Ilfattoquotidiano.it, l’ambasciata degli Stati Uniti a Roma ha dichiarato di non sapere nulla a riguardo.