Anche un colpo di stato militare ancora in transito può evidenziare, come in uno specchio, ruoli e caratteri nei personaggi del dramma in atto a Niamey e altrove. Uno specchio, per vocazione propria, riflette la nostra immagine e, appunto per questo, appare come un riflesso di ciò che siamo.
I giorni scorrono, dal 26 luglio fino ad oggi e noi, cittadini per scelta in Niger, vediamo passare sul palcoscenico del golpe protagonisti e comprimari della vicenda. Siamo diventati, malgrado noi, specchi rivelatori del nostro e loro volto reale. Non ci sono dubbi:… ’Il volto è lo specchio dell’anima’, diceva tempo addietro la saggezza.
La prima realtà a rivelarsi, nella crisi attuale, sono le risorse del Niger. Non si tratta dell’uranio, dell’oro, del gas, del petrolio o di altre amenità simili che destano appetiti nelle multinazionali. La grande ‘risorsa’ del Paese, evidenziatasi una volta ancora, è il popolo. La capacità di esistere perché resiste ai regimi, ai colpi di stato sulla Costituzione che ha preceduto di gran lunga quello del 26 luglio passato. La chiamano resilienza mentre occorrerebbe chiamarla dignità che permette di attraversare le peggiori avversità che un popolo potrebbe immaginare. Le carestie ricorrenti, la stabilità della povertà nell’instabilità politica, l’insicurezza alle frontiere e poi la reazione ad anni di forzato silenzio dopo le manipolazioni elettorali dei potentati di turno.
Il popolo in questione, cioè chi non più nulla da perdere e rivendica rispetto e ascolto, si è ripreso la parola da tempo confiscata. Questo avvenimento è il vero nome della democrazia non formale. Ciò è quanto lo specchio ha rivelato del popolo finora.
L’altra faccia, nel complesso squallida, apparsa in piena luce in questi giorni nel Niger, è quella della Comunità Internazionale che ha probabilmente orientato l’azione della Comunità Regionale. Fino a pochi anni fa il Niger non esisteva affatto nella cartine geografiche dei media e nelle cancellerie di chi conta nel mondo. Aveva ragione di dire, in circostanze analoghe, il subcomandante Marcos, porta parola degli insorgenti zapatisti del Chiapas nel Messico. Per apparire (sugli schermi e nella cronaca) occorre prima ‘scomparire’ e cioè passare momenti nei quali tutto sembra perduto.
Non si è mai parlato così tanto del Niger come dal 26 luglio di quest’anno! La stessa Comunità internazionale, così giustamente attenta alle condizioni di vita del presidente detenuto in ostaggio dai militari, non sembra altrettanto attenta e preoccupata dalle condizioni di vita ‘degradanti’ di buona parte del popolo. Ci sono milioni di persone che non hanno nulla e non sono nulla… ‘Dimmi chi escludi e ti dirò chi sei’, diceva un amico.
Infine, nella serie di personaggi che lo specchio rivela, si distingue la reazione di chi, a livello politico, dovrebbe esprimere il sentire dell’Unione Europea e del suo millantato attaccamento ai diritti umani. Detta persona, rappresentante dell’Unione nel Sahel, non rappresenta affatto me, che scrivo e vivo da 12 anni nel Niger. Per il tipo di scelta operata finora, di prossimità col popolo nigerino, ho il diritto di parola almeno quanto lei.
A suo parere le sanzioni decretate in seguito al golpe che portano come conseguenza la carenza di medicine, cibo ed elettricità sono utili ed efficaci perché indebolirebbero la giunta al potere. Questa affermazione è aberrante per due almeno due motivi.
Il primo è legato al cinismo di chi, da lontano e dall’alto, non ha probabilmente mai sofferto qualcosa di simile nella sua vita. Cibo e medicine sono essenziali per la vita della povera gente. Ci sarebbe da chiedersi se il discorso fosse lo stesso nel caso in cui una persona a lei cara (o lei stessa) si trovasse a soffrire le carenze da lei elogiate.
Il secondo motivo, altrettanto grave, è quello di pensare che, nell’attuale processo del golpe, la giunta militare sia la sola al comando della transizione. Sono ormai molti i cittadini che, nella saggia stoltezza del momento presente, credono e sperano che un altro Paese sia possibile.