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Ponte Morandi, con la riforma Bonafede si eviterebbe il rischio prescrizione. Ma Nordio conferma la restaurazione: si torna al passato

Carlo Nordio ha deciso di ufficializzare la restaurazione e lo ha fatto alla vigilia di Ferragosto con un’intervista al Corriere della Sera. “Le riforme le faremo, come da cronoprogramma”, promette il ministro della Giustizia. “Anche quella sulla prescrizione?”, chiede subito chi pone le domande. “Sì – risponde il guardasigilli – la riporteremo nell’ambito del diritto sostanziale, come causa di estinzione del reato e non di improcedibilità”. Una frase che conferma tutte le notizie delle ultime settimane: il governo è pronto a cancellare anche quello che resta della riforma varata nel 2020 dal governo dei 5 stelle, eliminando anche quella approvata due anni fa dall’esecutivo di Mario Draghi e riportando quindi le lancette al 2017.

Coincidenze e anniversari – È probabile che Nordio non ci abbia fatto caso, ma la sua intervista è arrivata in edicola proprio nel giorno del quinto anniversario della caduta del Ponte Morandi. Quasi certamente le promesse di restaurazione del ministro sulla prescrizione non saranno sfuggite ai familiari delle 43 vittime della strage che hanno partecipato alla cerimonia di commemorazione. C’era anche il procuratore capo di Genova, Nicola Piacente, che alla fine della manifestazione ha ammesso – per la prima volta ad alta voce – un dato evidente a chiunque segua la vicenda giudiziaria sul crollo: “Bisogna essere chiari, le ipotesi più datate di omissione di atti d’ufficio e falso sicuramente andranno in prescrizione. Ci sono lungaggini di carattere procedurale che possono portare all’estinzione dei reati“. Tradotto vuol dire che almeno una parte dei (presunti) reati che hanno portato alla morte di 43 persone è destinata a non essere mai punita. I tempi richiesti da un’indagine iper-complessa (due incidenti probatori, quasi sessanta terabyte di materiale informatico raccolti) e da un processo con 58 imputati e oltre duecento parti civili sono troppo lunghi per sfuggire del tutto alla mannaia della prescrizione. Cadrà nel vuoto, quindi, anche l’appello del capo dello Stato Sergio Mattarella, che proprio in occasione dell’anniversario ha sottolineato ancora una volta la necessità di “completare l’iter processuale, con l’accertamento definitivo delle circostanze, delle colpe, delle disfunzioni, delle omissioni”.

La sponda dei renziani per tornare al passato – Parole pronunciate poco dopo quelle di Nordio. In pratica mentre il presidente della Repubblica auspicava la necessità di fare giustizia per la strage di Genova, il ministro della Giustizia aveva già annunciato l’intenzione di cancellare un provvedimento che – se fosse stato in vigore al momento del disastro – avrebbe potuto salvare dall’estinzione alcuni dei reati più importanti contestati nel processo Morandi: la riforma Bonafede della prescrizione. Con la legge Spazzacorrotti, varata ai tempi del governo Lega-M5s, è stato infatti bloccato bloccato il decorso del termine di prescrizione dopo la sentenza di primo grado per tutti i reati commessi dal 1° gennaio 2020. I suoi effetti sono già stati in buona parte sterilizzati dalla legge Cartabia del 2021, che ha introdotto il contestato meccanismo dell’improcedibilità: anche se la prescrizione resterà bloccata dopo il primo grado, i processi “moriranno” se dureranno più di due anni in Appello e più dodici mesi in Cassazione. Tutto questo, ovviamente, solo quando la riforma varata dal governo di Mario Draghi entrerà a regime. Ipotesi difficile da realizzare visto che adesso la maggioranza di centrodestra – con l’ormai solita sponda di Azione e Italia viva – vuol completare la restaurazione: come anticipato dal Fatto, a settembre arriverà in Commissione Giustizia alla Camera una proposta di legge unitaria che abolisce sia la Bonafede sia la Cartabia, tornando alla vecchia disciplina della legge Orlando, che fa correre la prescrizione per tutto il processo prevedendo solo due sospensioni del termine (di 18 mesi ciascuna) dopo la sentenza di primo grado e quella di appello.

Tic-tac: il timer della prescrizione – Dato che il ponte crolla il 14 agosto del 2018 è la norma battezzata col nome di Andrea Orlando che si applica al processo Morandi. Ed è proprio a causa di quella disciplina sulla prescrizione se oggi il procuratore di Genova ha confermato che una parte dei reati contestati è destinata a non essere mai punita. All’epoca del crollo le polemiche fecero quasi da assist ai 5 stelle, che iniziarono a spingere sull’acceleratore per cambiare la legge Orlando: cosa che sarà fatta a partire dal gennaio del 2020 con la riforma Bonafede. Se quella disciplina fosse già stata in vigore al momento del crollo probabilmente non sarebbe bastata a salvare dall’estinzione i reati minori. Già tra pochi mesi infatti inizieranno ad andare in fumo le omissioni d’atti d’ufficio contestate, per i mancati controlli sull’opera, ai dirigenti di Autostrade per l’Italia e di Spea Engineering (la società gemella che si occupava delle manutenzioni): si prescrivono sette anni e sei mesi dopo la cessazione dalla carica degli imputati, cioè a partire dal 3 ottobre del 2023. Per i presunti falsi ideologici aggravati degli ex dirigenti di Autostrade per l’Italia (sulle condizioni del viadotto) e dei funzionari del ministero dei Trasporti (sull’idoneità del progetto di manutenzione presentato nel 2018) le ghigliottine inizieranno a scattare il 14 giugno del 2024. I falsi “semplici” (quelli realizzati su atti che non fanno fede fino a querela), più recenti, reggeranno invece fino al 23 dicembre dello stesso anno. Questi reati, quindi, con ogni probabilità saranno già dichiarati estinti con la sentenza di primo grado, che difficilmente arriverà prima del 2024.

Senza giustizia – Il discorso però è molto diverso per quanto riguarda alcune della fattispecie più gravi contestate nel processo: gli omicidi colposi (e le lesioni colpose) stradali e aggravati dalla violazione della normativa sulla sicurezza sul lavoro. Queste accuse si prescriveranno il 14 febbraio 2026 – sette anni e mezzo dopo il disastro – per gli imputati cessati dalle cariche prima dell’8 dicembre 2005, quando è entrata in vigore la legge “ex Cirielli” che ha ridotto i termini di prescrizione. Tra loro ci sono alcuni dei dirigenti di maggior peso finiti alla sbarra: ad esempio Pierluigi Ceseri (amministratore delegato di Aspi dal ’94 al 2000) e l’ingegner Gabriele Camomilla (direttore tecnico fino al 2005). Dando per scontato che le accuse “sopravviveranno” oltre il primo grado di giudizio, con la Bonafede la prescrizione sarebbe bloccata; con la Cirielli, invece, quegli omicidi resteranno impuniti. È quasi impossibile, infatti, arrivare a un verdetto definitivo (celebrando i gradi di Appello e Cassazione) entro il febbraio 2026. Il blocco della prescrizione dopo il primo grado di giudizio serviva proprio a questo: a evitare altri casi simili al processo per il crollo del Morandi. A rispondere sempre alla richiesta di giustizia dei familiari delle vittime. Come quelle della strage di Viareggio, un processo finito con la maggior parte dei reati più gravi cancellati dalla prescrizione per l’esclusione dell’aggravante della violazione di norme sulla sicurezza sul lavoro, contestata anche in questo caso: se saltasse, i tempi di estinzione diventerebbero ancora più brevi. Un esito che evidentemente non disturba Nordio e la sua voglia di restaurazione.