Poiché non sono un politologo — tanto meno un filosofo o un virologo — ma un idraulico, le riflessioni qui condivise sull’orribile guerra ucraina sono del tutto dilettantesche. Consiglio ai pur affezionati lettori che giudicano fuori luogo questo post di chiudere subito la finestra. E prego i curiosi che lo leggeranno e commenteranno di evitare l’ovvio: che cosa ci azzecca costui? Contribuendo invece con le loro riflessioni a comprendere una catastrofe che sconvolge l’Europa, impatta sui paesi poveri e modifica l’assetto del pianeta.
Nell’intraprendere l’invasione dell’Ucraina, la Russia ha sopravvalutato le proprie capacità militari. Nello stesso tempo, ha sottovalutato la capacità della resistenza ucraina e la coesione della Nato. E, soprattutto, ha minimizzato la determinazione strategica dell’America. Per contro, non solo la Russia ha sbagliato molte valutazioni. Anche la controparte occidentale ha fatto male i propri calcoli. Uno specchio dei fallimenti della stessa Russia, frutto di una arroganza imperiale che il resto del mondo forse considera anacronistica.
Fin dall’inizio, gli Occidentali hanno assunto una posizione morale superiore, inquadrando la guerra come conflitto globale tra democrazia e autocrazia, tra il rispetto del diritto internazionale e della sovranità nazionale, da un lato, e il flagello dell’illegale e proditoria aggressione russa, dall’altro. Invitando gli autocrati di tutto il mondo a unirsi alla crociata, hanno ignorato le proprie guerre illegali post 11 settembre, dalle invasioni afghana e irachena alla frantumazione della Libia. A scala globale, l’effetto è stato il consolidamento del fronte dei paesi cosiddetti Brics e degli aspiranti tali nel proporre una visione multilaterale del mondo, esatto contrario della visione occidentale di un pianeta governato dal G7, il gruppo delle nazioni più industrializzate del mondo, tempo fa. E l’accelerazione verso l’abbandono del dollaro Usa come unica e globale unità di misura del commercio.
L’Occidente ha sottovalutato il nazionalismo russo, respingendo i timori della Russia per l’espansione della Nato verso i suoi confini, bollandola come una scusa infondata. Nei mesi precedenti l’invasione, l’Occidente ha sabotato ogni sforzo per attuare i Protocolli di Minsk del 2014 e del 2015, firmati dai leader separatisti, dal rappresentante della Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce), dall’Ucraina e dalla Russia stessa per porre fine al conflitto permanente del Donbass. Dovevano condurre alla creazione di due regioni russe autonome in Ucraina orientale, impedendo di fatto l’intervento diretto della Russia a difesa degli autonomisti. Francia e Germania, registi di questi accordi, hanno fatto ben poco per la loro attuazione, pur avendo molto da perdere da una devastante guerra europea.
Gli Occidentali hanno poi sottovalutato la resistenza militare della Russia, scommettendo sugli ucraini proprio come fecero sugli afghani che sconfissero l’Unione Sovietica. Per la storia comune e la vicinanza geografica, i russi considerano l’Ucraina molto più importante e strategica dell’Afghanistan. E, poiché l’Ucraina è vitale per la propria sicurezza nazionale, la Russia preferirebbe distruggerla, raderla al suolo piuttosto che vederla partner della Nato.
Forse inizialmente sorpresi dalla efficace resistenza ucraina, gli Occidentali hanno sopravvalutato la capacità bellica di quel paese, pur dotato di un esercito potente ma giocoforza assai inferiore a quello avversario. Ciò non va confuso con il coraggio e la fermezza di cui gli ucraini hanno dato prova, permettendo loro di lanciare controffensive vittoriose. La guerra convenzionale combattuta in territorio ucraino ha permesso alla maggiore potenza di fuoco russa di sopraffare le forze armate dell’Ucraina distruggendone gran parte della economia. Nonostante il rinnovato impegno occidentale a fornire “il sostegno finanziario, umanitario, militare e diplomatico di cui l’Ucraina ha bisogno per tutto il tempo necessario”, si sta verificando una pericolosa escalation senza poter intravedere alcuna auspicata vittoria finale. Qualsiasi futuro successo occidentale sul campo potrebbe perfino rivelarsi una vittoria di Pirro dai costi di gran lunga superiori ai benefici. Se le controffensive ucraine strapperanno la vittoria, i russi potrebbero ricorrere alle armi nucleari, scatenando il caos in Ucraina e nel resto d’Europa.
Come la Russia ha sottovalutato l’unità occidentale nel sostenere l’Ucraina, l’Occidente ha sottovalutato l’indifferenza del resto del mondo nei confronti di quello che, per il Sud del mondo, è solo un prolungato conflitto europeo. Per costoro, poco affascinati da una nuova pace di Vestfalia, si tratta di un problema interno all’Europa, punto e basta. Con il resto del mondo che continua a commerciare con la Russia, le sanzioni occidentali non modificano la bellicosità russa. E nessuno ha finora visto il previsto default finanziario della Russia, la cui economia cresce più di quella dell’Unione Europea, mentre gli Usa hanno dovuto mettere in fretta una pezza al bilancio statale per scongiurare il primo default della loro storia.
In una lunga intervista di qualche mese, Noam Chomsky osserva come i paesi non-Occidentali “non prestino alcuna attenzione ai proclami ipocriti (dell’Occidente). Sanno esattamente cosa significano. Hanno sofferto la sua ferocia per secoli e, perciò, non tollerano più queste prediche. Non prenderanno parte alla crociata. E, seguendo regole proprie, faranno accordi commerciali e non con la Russia e, soprattutto, con la Cina”.
Sia la Russia, sia l’Occidente non hanno fatto ricorso alla diplomazia con la stessa ostinazione con cui hanno perseguito la guerra. Entrambe le parti sembrano traguardare una prospettiva di lungo termine, tagliando ogni ponte tra i due fronti, alimentando la paura per l’olocausto nucleare, impostando una guerra per la vittoria o la morte: victory or death come nella battaglia di Alamo e in molte altre guerre della storia dell’umanità, per lo più infauste sia per i vinti sia per i vincitori. Le differenze inconciliabili tra Russia e Occidente — dopo la luna di miele del G8 durata 15 anni, dal 1997 al 2014 — fanno dubitare che il conflitto si chiuda nel prossimo futuro con un accordo di pace. La fine potrebbe essere uno stallo, una cessazione a lungo termine delle ostilità, simile al cessate il fuoco di 70 anni fa tra Nord e Sud Corea, con cui la Russia potrebbe ottenere una zona smilitarizzata che segmenti l’Ucraina da Kharkiv nel nord a Kherson al Sud.
Sempre chiosando Chomsky, il bicchiere non è soltanto mezzo vuoto, ma anche mezzo pieno: “Gli Stati Uniti stanno andando alla grande. Stanno degradando le forze del loro nemico a un costo molto basso, le compagnie di combustibili fossili sono euforiche per gli enormi profitti che ne derivano. La Germania importa il gas dagli Stati Uniti a costi molto più alti di quelli a buon mercato della Russia. I produttori di armi stanno andando alla grande. Per i monopoli alimentari è festa grossa, con il sistema del Global Food composto da una dozzina di aziende che aumentano i prezzi con profitti stellari. Un grande successo sotto vari punti di vista”. Non è un bicchiere condiviso da tutta l’umanità.
Per certo, mentre la guerra mette a dura prova la sicurezza e la stabilità non soltanto russa ma anche occidentale, la Cina sta diventando il riferimento mondiale più potente e credibile per tutti coloro che non sono affascinati dalla crociata, ossia i sette ottavi della popolazione del pianeta. Le politiche interne cinesi hanno ridotto le perdite umane da pandemia di almeno uno o due ordini di grandezza rispetto all’Occidente e alla stessa Russia. L’equilibrio e la moderazione della Cina, assieme alle sue materie prime, ai suoi prodotti indispensabili per il resto del mondo e perfino a quelli superflui, stanno facendo il resto.
Queste riflessioni non sono evidentemente farina del mio poverissimo sacco, ma nascono dalla lettura della stampa e dei media non allineati, largamente accessibili in lingua inglese ma anche spagnola o portoghese, via internet. Nonostante alcune restrizioni di media e social, noi Occidentali possiamo ancora approfondire una questione così importante in piena libertà. Queste letture sono servite a farmi un’idea meno partigiana delle vulgate oggi dominanti in Italia, prigioniere del confronto tra presunte maggioranze anti- e minoranze filo-putiniane, senza grande costrutto.