Cultura

Quanta Napoli c’è nelle opere di Picasso: così si trasformò l’arte del pittore malagueño dopo il viaggio in Italia

di Marco Ferri

I musei italiani sono luoghi di bellezza e, sempre più spesso, anche di sorprese. Prendiamo per esempio il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, diretto da Paolo Giulierini, che nei programmi del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano si avvia a diventare museo di prima fascia, destinato quindi a essere diretto da un dirigente che avrà un elevato livello di autonomia. A livello di mostre temporanee, il binomio bellezza-sorpresa al Mann sta vivendo una delle stagioni più feconde. Fino al 27 agosto (ma sarebbe auspicabile una proroga almeno fino alla fine di settembre) infatti è visibile la bellissima mostra Picasso e l’antico, curata da Clemente Marconi, tassello essenziale del progetto internazionale “Picasso Celebration 1973-2023: 50 mostre ed eventi per celebrare Picasso” in occasione del cinquantenario della morte dell’artista.

Sei anni fa, in occasione del centenario della visita dell’artista andaluso in Italia, furono numerose le iniziative intraprese in tutta la Penisola. L’eco profonda del viaggio in Italia del 1917 sulla produzione artistica di Picasso è stato riconosciuta da tempo e rappresenta ormai un punto fermo nella letteratura specialistica. Proprio all’impatto delle opere d’arte viste a Roma, Napoli e Firenze si lega un decisivo rafforzamento della tendenza di Picasso verso il naturalismo del cosiddetto “secondo periodo classico”. All’interno di quel viaggio, il soggiorno a Napoli, con la visita sia a Pompei, sia al Museo (all’epoca non ancora prettamente “archeologico”, perché ospitava la Pinacoteca, poi trasferita a Capodimonte nel 1957), a sua volta ha una rilevanza particolare: il naturalismo di questa fase picassiana assume forme esplicitamente classicizzanti, ben riconoscibili nella maggioranza dei dipinti e dei disegni non cubisti degli anni dal 1917 al 1925 e nell’opera grafica degli anni Trenta.

Nasce con queste premesse la mostra del Mann allestita nelle sale della collezione Farnese e che si divide in due parti: la prima è relativa ai soggiorni a Napoli dell’artista mentre la seconda propone il confronto tra le opere del museo e i lavori di Picasso. Ecco la sorpresa e l’occasione da non perdere. Infatti in uno spazio relativamente raccolto del museo partenopeo, vi è in mostra lo straordinario prestito del British Museum di Londra di 37 delle 100 tavole che compongono la raccolta di incisioni denominata Suite Vollard. Realizzate tra il 1930 e il 1937, queste incisioni si configurano come un fulcro interpretativo nell’opera dell’artista. A queste si aggiungono i rilevanti prestiti del Museo Picasso di Parigi e di Gagosian New York, per un insieme di 43 opere, messe a confronto principalmente con le sculture Farnese e i dipinti da Pompei, tutte opere che offrono irripetibili chiavi di lettura del percorso artistico picassiano. Se il visitatore curioso o appassionato si sofferma, in particolare noterà che il gigantismo e la monumentalità delle sculture Farnese avrebbero avuto un effetto particolarmente significativo sullo sviluppo artistico di Picasso, portando l’artista a conferire un aspetto tridimensionale alle sue opere pittoriche e scultoree, che prima della sua visita all’allora Museo Nazionale di Napoli erano contrassegnate dalla bidimensionalità dell’approccio cubista.

***

INFO MOSTRA

Picasso e l’antico
Curatore |
Clemente Marconi
Dove | Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Quando | Fino al 27.08.2023
Orari | 9-19,30 (giorno di chiusura settimanale: martedì)
Prezzi | Incluso nel biglietto d’ingresso
Web | mann-napoli.it
Social | Fb @MANNapoliIg @museoarcheologiconapoli

Quanta Napoli c’è nelle opere di Picasso: così si trasformò l’arte del pittore malagueño dopo il viaggio in Italia
Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Precedente
Precedente

I commenti a questo articolo sono attualmente chiusi.