I tornanti si arrampicano stancamente fino alla sommità di un’alta collina, tagliando a metà un bosco fitto e rigoglioso. Di tanto in tanto i tronchi degli alberi cresciuti ai margini della strada si diradano, aprendo per un momento la vista su una vallata colorata da infinite tonalità di verde. L’auto bianca prosegue dritto ancora per qualche chilometro. Senza incontrare rumori. Senza incrociare altre macchine che viaggiano in direzione contraria. Poi, dopo qualche minuto, rallenta e svolta sulla destra. Non c’è più asfalto, solo una viuzza bianca e polverosa con i ciottoli che scoppiettano sotto il peso delle gomme. L’auto si ferma nel piazzale di una villa settecentesca appartenuta ai Pannocchieschi. Ci sono due grandi edifici in pietra e una chiesuola che mantiene ancora la sua campana. Ed è qui che bisogna venire per capire davvero il rapporto che lega Siena ai “suoi” cavalli. Sì, perché sul territorio del comune di Radicondoli, un antico borgo che raccoglie circa novecento abitanti, sorge il Pensionario, un luogo che negli ultimi trent’anni è passato da centro di eccellenza a unicum internazionale.
A partire dal 1991, infatti, la struttura si impegna a mantenere, a spese del Comune di Siena, fino a un massimo di quindici cavalli, ma soprattutto a tenere alta la qualità delle loro vite. Qui gli animali corrono liberi lungo ampie distese, vivono insieme ai loro simili, vengono costantemente accuditi da personale esperto. A rendere davvero speciale il Pensionario sono però i criteri di ammissione. L’ingresso al programma è riservato infatti ai barberi che hanno preso parte alle fasi del Palio. E che si sono infortunati senza poter riprendere la loro carriera agonistica. O a quei cavalli, ormai troppo anziani per correre, i cui proprietari non possono più permettersi le spese per il loro accudimento. È uno sforzo importante. In termini economici. In termini culturali. Perché si va molto oltre l’idea che al Pensionario i cavalli possano tornare a fare i cavalli, si supera il concetto di “dignità” dell’animale. Il rapporto che si instaura fra i barberi e chi li accudisce è difficile da definire. È qualcosa in più dell’affetto, un sentimento che si avvicina alla familiarità.
Lo capiamo quando arriviamo alla villa dei Pannocchieschi. I volti sono scuri, gli occhi bassi. Ma soprattutto le voci sottili, come per non infrangere quel silenzio quasi chiesastico. È una giornata triste. Nella notte si è spento Elisir di Loguduro, un cavallo baio di 23 anni che aveva partecipato sei volte al Palio, vincendo quello dell’Assunta del 2008, quando correva per il Bruco. È morto per cause naturali. E tutti parlano di lui utilizzando le stesse parole che si riserverebbero al caro estinto. Al Pensionario restano altri sei cavalli. Ognuno con la sua storia particolare. Ognuno con le sue caratteristiche che lo rendono unico. Proprio come El Diablos, un cavallo di ventitré che si è infortunato durante le batterie del 2005. O come Zullina, che un Palio lo aveva quasi vinto. Era il 2 luglio del 2001 e il barbero del Nicchio si era portato incredibilmente in testa al primo San Martino. Poi era diventato semplicemente imprendibile. Al secondo giro aveva già fatto il vuoto dietro si sé. Mentre gli altri correvano, Zullina sembrava quasi pattinare. Ma proprio quando era destinato al trionfo, il cavallo si è fermato all’improvviso. Si era fatto male a una zampa. Non poteva più continuare. Una beffa per il Nicchio, ma anche per i contradaioli che si erano affezionati al loro barbero. Zullina non ha più corso. Per qualche anno ha fatto la fattrice. Poi quando il suo proprietario non poteva più mantenerla l’ha fatta entrare al Pensionario. Mentre avanziamo fra gli sterminati recinti della struttura, Zullina ci viene incontro e nitrisce, poi torna sotto l’ombra di una larga pensilina. Sulla sua zampa si vedono ancora i segni dell’infortunio. Ma questo non le impedisce di poter portare avanti un’esistenza normale.
In verità il Pensionario è solo uno dei tasselli di un progetto molto più grande. Solo nella provincia di Siena il reparto carabinieri biodiversità gestisce cinque riserve naturali, fra cui quella di Palazzo, dove sorge appunto il Pensionario. Si tratta di una tenuta di 282 ettari dove vengono svolte non solo attività scientifiche di studio della fauna e dalla flora, ma anche un’intensa opera di educazione ambientale, con il coinvolgimento delle scolaresche. “In queste riserve ci sono anche degli allevamenti di cavalli monterufolini e di asini amiatini, entrambi considerati in via di estinzione – spiega a ilfattoquotidiano.it il colonnello Carlo Chiavacci, comandante del reparto carabinieri biodiversità di Siena – la nostra priorità è garantire sopravvivenza della razza. Ma accanto a questo svolgiamo attività di avvicinamento al cavallo, come il battesimo della sella per i bambini, e stiamo sviluppando, sia con i cavalli che con gli asini, delle attività con i disabili”. Avanzando lungo il Pensionario incontriamo anche Elmizatopec, che nel 2007 aveva corso per la Civetta, e Reyard King, che era sceso sul tufo con Bruco e Giraffa. Il loro nome viene pronunciato ancora spesso in città. Perché il Pensionario non è una specie di dimenticatoio, ma un luogo che alimenta il ricordo di questi cavalli. Tanto che da Siena qualcuno viene ancora a far loro visita, a dar loro un saluto. “Una volta – mi dice il colonnello Chiavacci – abbiamo avuto una richiesta dall’Inghilterra. Un papà voleva portare il bambino prima al Palio e poi qui, per fargli vedere come continuava la vita dei cavalli”.
L’impegno da parte dei carabinieri per il Pensionario è enorme ed enormemente complesso. Perché si tratta anche di una questione culturale. “L’Arma dei carabinieri nasce come arma a cavallo – spiega il colonnello Carlo Minniti, capo del servizio veterinario dei carabinieri – vuol dire che da sempre cavallo e carabinieri hanno condiviso tempo, attività, campagne militari. Ora l’evoluzione dei tempi ha portato a relegare il cavallo a determinate nicchie di impiego che l’Arma tutela e gestisce con la massina attenzione. Nel nuovo millennio la tutela e il benessere del cavallo sono diventati punti fondamentali, così anche i reparti dell’Arma hanno come regola fondamentale l’impiego del cavallo come compagno, non lo sfruttamento dell’animale”.
Eppure negli ultimi anni le critiche degli animalisti al Palio di Siena sono diventate una costante. “Il Pensionario non è assolutamente un modo per lavarsi la coscienza – mi dice ancora il colonnello Minniti – ma un modo per trasmettere il rispetto che l’Arma nutre nei confronti del cavallo. Rispetto vuole dire garantire all’animale una vita decorosa, sana e autonoma. Il cavallo, come tutte le specie che vivono a contatto con l’uomo è stato protagonista di una forte spinta evoluzionistica. Siamo arrivati ad avere delle razze di cavalli che devono vivere necessariamente a contatto con l’uomo e devono essere impiegate per le qualità che hanno sviluppato. Una razza che è stata selezionata per correre come il purosangue inglese soffre se non viene fatta correre, se viene tenuta dentro un box. Il cavallo è un animale nomade e gregario, per questo dovremmo dubitare del concetto moderno di allevamento, con i cavalli chiusi nei box anche venti ore al giorno”. Anche per questo al Pensionario i barberi sono liberi di scorrazzare come vogliono. “In molti non lo sanno – continua il colonnello – ma se lasciati liberi i cavalli possono stare sotto il sole durante gli orari più caldi per sfuggire ai tafani, così come possono scegliere di restare sotto la pioggia perché ci sono meno insetti che li disturbano”. Il concetto di libertà è fondamentale a Radicondoli. Così come il rapporto di Siena con i suoi cavalli è incomprensibile a chi non vi si avvicina a mente sgombra. E forse il miglior modo di capirlo è fare un giro al Pensionario.