Il sindaco di Orta Nova Domenico Lasorsa era arrivato a “inchinarsi” alla famiglia Gaeta che da anni continua a “gestire l’economia” del paese “in maniera indisturbata”. I vertici dell’amministrazione comunale avevano perfino provato a persuadere il prefetto di Foggia, Maurizio Valiante, sulla necessità di non tenere funerali privati nel cimitero quando Andrea, figlio ventenne del boss Francesco “Spaccapalline”, è stato assassinato il 3 settembre dello scorso anno. Di fronte allo sconcerto di Valiante, Lasorsa aveva comunque indetto il lutto cittadino, piazzato a mezz’asta la bandiera del municipio e invitato le attività commerciali ad abbassare le saracinesche durante le esequie. Ed era andato lui stesso alla cerimonia funebre. Una “condizione di succubanza, se non di vera e propria compiacenza” da parte di Lasorsa nei confronti del clan egemone raccontata dallo stesso prefetto nelle 84 pagine di relazione che hanno portato il Consiglio dei ministri a sciogliere il comune pugliese per il concreto pericolo di infiltrazioni mafiose nell’attività amministrativa. Il documento è uno spaccato che conduce nell’abisso gestionale della giunta Lasorsa tra appalti per quasi 3 milioni di euro dati senza controlli antimafia, personaggi ambigui seduti al tavolo delle riunioni per l’assegnazione di servizi pubblici e “colleganze patologiche” che “sono state il cavallo di troia per ‘favorire gli interessi’ di imprese e soggetti” vicini al clan Gaeta e ai loro referenti su Cerignola.
Un “intreccio di sangue e interessi” in Comune – Funziona ancora così nel Foggiano, dove Orta Nova è diventato il sesto comune sciolto per mafia negli ultimi otto anni dopo Monte Sant’Angelo, Mattinata, Cerignola, Manfredonia e lo stesso capoluogo di provincia. Nel paese di 18mila abitanti – secondo la ricostruzione della commissione d’indagine che ha portato al commissariamento – c’era un “intreccio di sangue e interessi” tra politici, amministratori, dipendenti comunali e personaggi legati ai Gaeta che aveva fatto nascere una “inaudita compiacenza” nei loro confronti. Ai comportamenti del sindaco Lasorsa e del presidente del consiglio comunali Paolo Borea sono dedicate decine di pagine, ma nella relazione compaiono anche assessori, consiglieri comunali e dirigenti del Comune che hanno tenuto un comportamento “quantomeno tollerante” nei confronti della famiglia Gaeta, che si “inquadra in un disordine amministrativo inestricabile” in particolare nel settore dei lavori pubblici. Una gestione ambigua di appalti, anche milionari, bypassando i controlli antimafia e di affidamenti “grigi” legati a videosorveglianza, pubblica illuminazione e servizi cimiteriali. Dall’ispezione semestrale della commissione d’accesso è saltato fuori un “dato impressionante”, si legge nella relazione: “In tutte le ditte o nelle vicende amministrative (…) si registra (…) la presenza di soggetti vicini ad esponenti della criminalità organizzata”.
I legami dei Gaeta e “l’inchino” del sindaco – Che a Orta Nova, lo raccontano le indagini e i processi, vuol dire clan Gaeta, attivo da sempre nel traffico di rifiuti e stupefacenti e con vincoli familiari con la batteria Moretti-Pellegrino-Lanza della Società foggiana, il ramo più potente e sanguinario della quarta mafia. Non solo. Come ricorda il prefetto Valiante, da indagini passate è emersa la “capacità” dei Gaeta di “intessere sinergie con consorterie mafiose diffuse su tutto il territorio nazionale”. In questo brodo di coltura sono nati quei “rapporti elettivi” del sindaco Lasorsa, con “esponenti di rilievo” della criminalità. Così, in occasione dell’uccisione del figlio del boss, il sindaco ha “manifestato una condizione di succubanza, se non di vera e propria compiacenza, rispetto alla famiglia” con la concessione del lutto cittadino. Un vero e proprio “inchino” ai Gaeta, nei confronti dei quali Lasorsa ha mostrato “deferenza”, si legge nella relazione. E l’invito a interrompere le attività produttive ha “raggiunto connotazioni intimidatorie”, con addirittura i laboratori di analisi rimasti chiusi per il “timore” di un “controllo”, come accertato dalla Guardia di finanza. Non abbastanza, evidentemente, visto che Lasorsa aveva partecipato ai funerali insieme al presidente del consiglio comunale Borea. Un comportamento definito “raccapricciante” dal prefetto, seguito da altre ambiguità nelle settimane successive.
“Inammissibile asservimento” alla famiglia – Prima con “l’operazione di facciata” in occasione del lutto cittadino deciso, un mese dopo, per l’omicidio del padre del ragazzo autoaccusatosi dell’uccisione di Andrea Gaeta, quindi con “l’ossequioso silenzio” quando in paese sono comparsi cartelli commemorativi per il figlio del boss, rimossi solo grazie all’intervento dei poliziotti dopo che la Polizia locale si è dichiarata “incompetente” nonostante rappresentassero un potenziale pericolo per la circolazione stradale. Ancora: quando la famiglia Gaeta ha chiesto di poter costruire una cappella cimiteriale per il giovane ucciso, gli uffici comunali si sarebbero spesi in una sorta di sanatoria aggirando un sequestro per “abuso edilizio”. Un “inammissibile asservimento” che fa il paio con il “generale disimpegno istituzionale che di fatto ha consentito una ‘compiacenza’ dell’Ente per imprese contigue a realtà mafiose accertate, in cui ritorna assordante l’eco del clan Gaeta”. La posizione del sindaco è tutt’altro che solitaria nello scacchiere politico-amministrativo di Orta Nova. Il presidente del Consiglio viene censurato per le sue frequentazioni con personaggi continui al clan e per il coinvolgimento del cognato pregiudicato “nella scelta dell’individuazione della società per gestisce il servizio di igiene urbana”, si legge sempre nella relazione. Condotte che combaciano, sintetizza il prefetto, con quella “tipica degli amministratori comunali utilizzata” dalla mafia “per il condizionamento” dei comuni, una “sorta di ‘cavallo di Troia’ per l’infiltrazione della mafia nella gestione” pubblica. E situazioni simili vedono protagonisti, sempre secondo la prefettura, anche alcuni assessori e consiglieri comunali.
Gli appalti senza controlli antimafia – Il risultato sono le “numerose, gravi e sintomatiche irregolarità” in alcune procedure” negli uffici economico-finanziario e della polizia locale, considerati i più “compromessi”. Tra i casi più gravi c’è quello dell’affidamento dei lavori di costruzione di una residenza socio-sanitaria assistenziale. Costo? Oltre 1,4 milioni di euro. Il tutto senza effettuare i controlli antimafia nei confronti della società individuata, scrive il prefetto, evidenziando come la ditta “risulta legata da rapporti economici con altra ditta riconducibile ad un imprenditore edile che (…) risulta contiguo ad esponenti del locale clan mafioso”. E il Comune ha anche dato il via libera al subappalto, sempre senza controlli antimafia, a un’altra società contigua “all’ambiente criminale di Orta Nova”. Situazione quasi sovrapponibile si è verificata anche per la costruzione di nuovi loculi nel cimitero e irregolarità sono state riscontrate nelle “procedure di aggiudicazione dei lavori della pubblica illuminazione e del sistema di videosorveglianza nella villa comunale”. Tutti sintomi di una “legalità debole” e un “quadro indiziario” che fa emergere come “la maggior parte dei settori comunali” è apparsa “condizionata da rapporti personali con esponenti” della famiglia Gaeta, di fronte ai cui interessi c’è stata “se non una connivenza, una sostanziale acquiescenza o comunque un’incapacità di intervento” da parte dell’amministrazione Lasorsa. Zero controlli e mancata vigilanza hanno aperto la strada alle possibili infiltrazioni e spalancato le porte del municipio ai commissari del governo che dovranno gestire per 18 mesi il Comune di Orta Nova, l’ultimo a cadere nella provincia diventata il ventre molle d’Italia.