Una “vendetta perfetta” pianificata nei dettagli e da tempo. È questo il fulcro delle nuove accuse che Cristina Seymandi muove a Massimo Segre attraverso una lunga lettera al Corriere della Sera, una replica in grande stile a quella che il commercialista e banchiere torinese ha scritto pochi giorni fa a La Stampa. Che l’ex coppia abbia deciso di continuare a lavare i panni sporchi in pubblico ha un retrogusto surreale, visto che entrambi lamentano di essere finiti al centro di una clamorosa soap estiva (in salsa sabauda) ma sembrano volerla cavalcare più che spegnerla. L’ultimo capito – e chissà quanti altri ce ne saranno – lo scrive la Seymandi, che precisa di voler rompere il suo riserbo “dopo giornate di disagio che mi hanno molto provata” a seguito della “grande, disorientante, pagina di giornale” in cui l’ex compagno spiega la sua versione dei fatti. E c’è subito un colpo di scena, che scatta venti giorni esatti dopo la festa del 27 luglio che prima ha terremotato la “Torino bene”, poi ha incendiato le sonnolente pagine estive dei giornali ed infine ha travalicato le alpi arrivando sui giornali anche in Francia, Germania e Brasile.
Quanto al colpo di scena, ruota attorno all’anello di fidanzamento, uno zaffiro appartenuto alla madre che Segre aveva donato alla Seymandi nel luglio del 2020. Quell’anello, rivela l’imprenditrice al Corriere, sarebbe sparito da settimane. “Parla, Massimo – forse con l’intento di attirarsi le simpatie di qualcuno – dell’‘anello di fidanzamento di proprietà di sua mamma’, il nostro anello fidanzamento, di cui non perde l’occasione di sottolineare il valore materiale specificandone le caratteristiche, anello al quale ero affezionatissima come ad una delle mie cose più care, misteriosamente sparito (guarda caso) da casa nostra 15 giorni prima di quella tristissima serata salita agli onori delle cronache”, scrive. E, senza troppi giri di parole, dice che “c’è chi la vendetta la programma minuziosamente, e perversamente, con largo anticipo”.
Ma l’attacco a Segre prosegue anche sul versante tradimenti, con un non detto che in realtà dice molto: “Massimo scrive, infine, che ‘l’amore dovrebbe essere una splendida esclusiva’, affermazione che mi stupisce sentir pronunciare proprio da lui… ma sulla quale preferisco non soffermarmi, perché, a differenza di Massimo, io non sento di avere alcun diritto di erigermi nel contempo a giudice e boia degli eventuali errori delle persone con le quali percorro un pezzo di vita”.
Nella lunga lettera, la Seymandi parla ancora di “gogna mediatica”, umiliazione e diffamazione pubblica e rivela che, a fronte di molti messaggi di solidarietà, ha ricevuto però via social anche “minacce, insulti, epiteti di ogni genere, offese, umiliazioni”. “Il signor Segre pone sé stesso al centro di tutta la narrazione: la sua necessità di prendere parola, le sue vere o presunte difficoltà nel forzarsi a farlo (e faccio fatica a pensarlo, visto che tutto è parso meticolosamente organizzato…), i suoi ‘valori’, le sue aziende, il suo pensiero… proseguendo con una lunga lista di ‘aggettivi possessivi al maschile singolare’”. Poi allarga il discorso e per due volte utilizza la parola vendetta, prima spiegando che quella fine a se stessa è “una cattiva consigliera”, ed infine dicendo tra le righe che la lettera di Segre è stata tutto fuorché una boutade estemporanea bensì una “vendetta perfetta” evidentemente pianificata da tempo che sa di “desiderio di rivalsa”.
Il finale è decisamente agrodolce: “Sono convinta di aver dato il massimo in questa relazione, e mi spiace molto, sinceramente, per il disagio che posso aver creato a Massimo Segre, se – come lui sostiene – non sono stata all’altezza delle sue aspettative come compagna, ma nel merito di questa triste vicenda – anche considerato il fatto di non aver avuto, per sua scelta, nessuna possibilità di confronto con lui, l’uomo con cui condividevo la mia quotidianità da 3 anni – non penso di aver altro da aggiungere”. Almeno fino alla prossima intervista.