Un altro “Sos” sulla carenza di lavoratori. Questa volta a suonare l’allarme è Confartigianato con un rapporto da cui emerge che “per le imprese italiane è sempre più difficile trovare manodopera, Nell’ultimo anno la quota di lavoratori introvabili sul totale delle assunzioni previste è passata dal 40,3% di luglio 2022 al 47,9% di luglio 2023″. Come al solito solo vaghi accenni alle retribuzioni, il salario minimo nel settore artigiano è di appena 895 euro al mese. L’associazione degli artigiani segnala che il problema è “diffuso in tutta Italia e in tutti i settori, da quelli tradizionali alle attività digitali e hi tech”, una “emergenza in crescita ovunque: nell’ultimo anno la quota di lavoratori difficili da trovare è salita di 9,1 punti nel Mezzogiorno, 6,9 punti nel Centro, 7,4 punti nel Nord Ovest, 6,5 punti nel Nord Est”.

“In particolare – evidenzia il rapporto – le maggiori difficoltà di reperimento si riscontrano per i tecnici specializzati nella carpenteria metallica (70,5% di personale difficile da trovare), nelle costruzioni (69,9%), nella conduzione di impianti e macchinari (56,6%)”. A livello regionale “le imprese che faticano di più a trovare dipendenti operano in Trentino-Alto Adige, con il 61,6% del personale di difficile reperimento. Seguono quelle della Valle d’Aosta (57,1%), dell’Umbria (54,6%), del Friuli-Venezia Giulia (53,3%), dell’Emilia-Romagna (52,7%), del Piemonte (52%) e del Veneto (51,4%)”.

Confartigianato individua alcune cause “per il 32,4% dei lavoratori è dovuto alla mancanza di candidati ed il 10,8% all’inadeguata preparazione dei candidati. Per questo, le piccole imprese reagiscono intensificando le collaborazioni con gli istituti tecnici e professionali, l’utilizzo di stage, tirocini, percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento. Inoltre, all’aumento delle retribuzioni, affiancano l’offerta di pacchetti di welfare aziendale, flessibilità dell’orario di lavoro, l’utilizzo dello smart working, interventi per migliorare il clima aziendale e il comfort dei luoghi di lavoro”. Confartigianato, che fa un vago accenno agli stipendi, dimentica anche il fattore demografico, destinato ad incidere sempre di più e a riportare un po’ di potere contrattuale nelle mani dei lavoratori. I dati Istat dicono che solo tra 2018 e 2021 la popolazione tra i 15 e i 34 anni è calata di oltre 260mila unità, scendendo a quota 12 milioni.

“La carenza di manodopera – rileva il presidente di Confartigianato Marco Granelli – è diventata una dei maggiori problemi per le nostre imprese. Siamo al paradosso: il lavoro c’è, mancano i lavoratori. E, nel frattempo, 1,7 milioni di giovani tra 15 e 29 anni non studia, non si forma, non cerca occupazione. Di questo passo, ci giochiamo il futuro del made in Italy. Ecco perché – dice – il dibattito su salario minimo e lavoro povero deve allargarsi ad affrontare con urgenza il vero problema del Paese: la creazione di lavoro di qualità”. Per il leader di Confartigianato “serve un’operazione di politica economica e culturale che avvicini la scuola al mondo del lavoro, per formare i giovani con una riforma del sistema di orientamento scolastico che rilanci gli Istituti Professionali e gli Istituti Tecnici”.

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