Nel suo libro il generale Vannacci rivendica il diritto all’odio? L’odio non è un diritto ma un sentimento. E chi nutre sentimenti di odio non può svolgere le funzioni che rivestiva questo generale“. Sono le parole del filosofo Umberto Galimberti che nella trasmissione In Onda Estate (La7) menziona l’infermiera inglese Lucy Letby, appena condannata dalla Manchester Crown Court per aver ucciso nell’ospedale in cui lavorava 7 neonati e per aver tentato di assassinarne 6 tra il 2015 e il 2016.
Galimberti cita gli appunti trovati nella casa della 33enne subito dopo il suo arresto, avvenuto nel 2018: “In quegli scritti c’era la parola ‘odio’ (cerchiato in nero, ndr). Il diritto al’odio di cui parla Vannacci mi ricorda quello rivendicato da questa infermiera. Ora, questa cultura non può appartenere a nessuno, tantomeno a un generale che governa uomini e che, come tale, non deve insegnare l’odio”.

Galimberti stigmatizza poi l’eccessiva visibilità che i media stanno dando gli scritti di Vannacci: “Perché si dà tanta pubblicità a questo libro? Ricordo che nessun editore l’ha accolto e che Vannacci ha dovuto auto-produrselo. È chiaro che, se tutti ne parliamo, il libro venderà un mucchio di copie e insegnerà brutte cose: il razzismo, l’odio sessuale, l’intolleranza per le differenze che sono differenze naturali – continua – È la natura che crea differenze e la natura va rispettata. Quindi, quelle affermazioni non si possono assolutamente accettare. Naturalmente affermazioni del genere dicono quanto è basso il livello culturale di persone che hanno poteri di comando. E questa è la cosa più pericolosa di tutte“.

Circa la libertà di opinione, frase rivendicata sia da Vannacci sia da esponenti di destra come Marcello De Angelis, capo della comunicazione istituzionale della Regione Lazio, Galimberti osserva: “Vogliono esprimere una cultura di destra, ma per fare una cultura di destra bisogna avere intellettuali di destra. Io ne conosco solo uno, Marcello Veneziani, di cui non condivido le idee ma che ritengo una persona molto intelligente in grado di costruire una narrazione di destra. Ma per il resto non ne vedo altri“.

E conclude: “Per fare una narrazione ci vuole cultura e finora la destra non ha espresso una grande cultura. E allora che succede? Per favorire questa narrazione, si usano anche parole esagerate, fuori luogo e tollerate perché così chi non capisce cosa sia una narrazione coglie almeno gli spunti per animarla. Ecco, tutto questo mi pare compatibile con la cultura del nostro tempo da quando c’è il governo Meloni“.

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