Ho una vera e propria passione per gli hotel, sia come cliente che come progettista, mi piace dormire in un letto morbido e profumato, lontano dalla mia città e coglierne le differenze nelle inflessioni dialettali degli addetti e lo stile specifico del luogo, nell’architettura e negli arredi.

Un dettaglio, un colore, può immediatamente immergerti in un mondo non tuo ma che subito ti prende e quando ti svegli al mattino, in quel letto, capisci subito il posto in cui sei arrivato.

Nei nuovi hotel l’architettura dev’essere contestuale, coerente negli stilemi e nei materiali, che in ogni località trovano una sua ragione ed essenza. Mi piace progettarli pensando al comfort e alle esigenze del cliente e soprattutto pensando a cosa vorrei io per sentirmi meglio che a casa.

Ex caserme, monasteri, ospedali, collegi ma anche ex carceri possono senza turbamento alcuno, e ancora meglio di ulteriori colate di cemento, diventare – anche grazie alla loro specifica distribuzione degli spazi, allineamento camere, grandi cucine, corridoi, sale – funzionali strutture alberghiere già inserite nel tessuto storico e sotto il profilo energetico più performanti dei cosiddetti edifici sostenibili definiti a basso impatto ambientale.

Ovviamente l’ideale, come già detto, è rappresentato dai vecchi hotel, quelli storici come La locanda della Posta a Cavour, della famiglia Genovesio dai primi dell’Ottocento, con ancor oggi Giuliana, dove Giolitti aveva fatto installare il telegrafo per rimanere sempre in contatto con Roma, durante la lunga villeggiatura nella Villa con 25000 ettari di parco.

E che dire del mitico Grand Hotel Excelsior Vittoria a Sorrento, che ospitò a lungo Enrico Caruso, reduce da una delicata operazione al polmone sinistro. Sempre nello stesso albergo soggiornarono Wagner, poi in tempi più recenti Marylin Monroe e quindi Lucio Dalla, che qui compose Caruso. Per fortuna la proprietà, capitanata dalla energica Lidia Fiorentino, la cui famiglia detiene la struttura dal 1834, ha mantenuto l’aspetto originale.

Analoga impostazione hanno due strutture alberghiere nate dalla fama di specialità della zona cucinate in modo sopraffino, uno è il Leon d’Oro ad Orta San Giulio, della Famiglia Ronchetti dal 1640 e che vide tra i suoi illustri ospiti Friedrich Nietzsche; l’altro è la Manuelina di Recco di Cristina e Cesare Carbone che nasce come un’osteria-locanda, diversificata come clientela negli orari, di giorno i lavoratori e la sera i signori.

La bisnonna degli attuali proprietari, geniale imprenditrice, rivisitando un piatto semplice riesce in poco tempo a farlo diventare piatto importante: la famosa Focaccia di Recco. Questo piatto, poi in tempi recenti patrimonio IGP, attirava personaggi da tutt’Europa e aveva estimatori come Cavour, Mameli, Stendhal e assidui avventori come Einstein, Gabriele D’Annunzio e Umberto Eco.

Da metà del Novecento, è un hotel de charme con stanze a tema “erbe aromatiche “e sulla scrivania assaggi di pesto, miele ed olio. Pertanto grande sorpresa e dispiacere, è stato apprendere che lo storico “mio” Hotel La Palma di Capri, sorto nel 1822 come Locanda Pagano, è diventato anglo/americano/tedesco per via dell’acquisizione del Gruppo internazionale Oetker Collection e dalla proprietà Reuben Brothers. Via le maioliche colorate dalle camere, nei toni tipicamente capresi, blu, giallo, verde acqua, la hall d’epoca e il soggiorno con qualche pezzo essenziale e leggero di design ma che ben si inseriva nel contesto.

Adesso uno stile inconcepibile a metà strada tra Miami, New York e Marrakech, nulla ricorda negli interni l’Isola dell’Amore come viene chiamata e meta di villeggiatura dell’imperatore Tiberio, che fra tutte le ville preferiva Villa Jovis.

Stesso destino per tanti alberghi storici ignorati dai nostri imprenditori e proprietari di catene alberghiere e stessa sorte per immobili convertibili in hotel, come il suggestivo edificio in pieno centro a Gubbio, il Complesso le Ex Orfanelle, che attende inspiegabilmente da anni un compratore – e come decine di immobili del Demanio in isole e luoghi incantevoli, le cui Aste vanno deserte.

Spiace dirlo ma ci occorre assistere alla svendita del nostro patrimonio architettonico e al suo stravolgimento da parte di gruppi esteri che non hanno a cuore la nostra cultura e storia. Occorre trovare il genius loci, oppure com’è riuscito uno strampalato, divertente quanto affascinante albergo, il 25 Hours Hotel di Firenze ricavato in parte dal Monastero di San Paolino e dall’ex Monte dei Pegni e ispirato totalmente alla Divina Commedia: i piani sono suddivisi in Inferno, Purgatorio e Paradiso e accedendo alle camere risuonano i versi del Poema declamati da Benigni, un’esperienza quindi singolare che vale la pena di sperimentare.

Concludendo, ogni albergo deve rispettare lo spirito e la cultura del posto in cui è inserito, ogni intervento di riqualificazione deve essere attento alle tipologie costruttive e ai materiali senza scendere all’osceno “caratteristico” o ancor peggio “pittoresco”, ma dosare, reinterpretare con il giusto equilibrio, i valori e le fascinazioni del luogo in un ambito di decoro e nell’obiettivo di assoluta Bellezza.

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