Ribadisce il suo pensiero di pace in un’intervista sul Sussidiario, e prosegue il messaggio contro “antagonismi e polarizzazioni” nel corso della messa celebrata a Rimini in apertura del 44° Meeting per l’amicizia fra i popoli di Comunione e Liberazione. Il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, torna a parlare delle speranze di pace rispetto alla guerra che oramai da 18 mesi ha travolto Russia e Ucraina, e sottolinea come l’Unione europea dovrebbe incrementare il suo impegno per la fine del conflitto. Un obiettivo per cui l’Ue “fa troppo poco, dovrebbe fare molto di più – dice il cardinale, che dopo le missioni a Kiev e a Mosca andrà prossimamente a Pechino -. Deve cercare in tutti i modi di aiutare iniziative per la pace, seguendo l’invito di papa Francesco a una pace creativa”. Inoltre, “dovremmo cercare una ripresa dello spirito europeo, essere consapevoli di quanto questo sia indispensabile se vogliamo garantire ai nostri figli un futuro di pace”.

Per Zuppi “il problema dei nazionalismi, qualunque essi siano, è che se si collocano in un respiro ampio, universale, prima o poi diventano pericolosi perché contrappongono e dividono”, osserva il porporato. Una prospettiva evitabile soltanto “se prevale l’amore per il proprio Paese, che è fondamentale e decisivo per tutti e che dobbiamo aiutarci a difendere”, che “però deve collocarsi nel concerto delle nazioni. Mai dimenticarsi di far parte della famiglia umana, o smettere di pensarsi all’interno di questa”. E anche le chiese ortodosse auspica “sappiano essere strumento di pacificazione, e trovare vie di dialogo. È il comandamento di Gesù. Chissà che questa guerra non sia occasione di nuovo dialogo tra le Chiese, tutte le Chiese”, osserva il cardinale, che torna sull’obiettivo della missione di pace fortemente voluta da Bergoglio, che lo ha personalmente incaricato di avviare il dialogo con le parti in conflitto, e anche con Washington e Pechino.

“L’incarico della missione voluta da papa Francesco è aiutare tutto quello che può aiutare la pace, umanizzare un’esperienza che uccide l’uomo. Anche il ritorno di un solo bambino ucraino nella sua casa è un modo per affermare la pace e sconfiggere la logica della violenza”, aggiunge nell’intervista. Si tratta dunque di “un metodo di realtà”: “Usare tutti gli spazi possibili per tessere la trama della pace che la guerra ha lacerato”. La pace però, sottolinea Zuppi, è un percorso in salita. Nonostante tutti la vogliano perché “la guerra è terribile”, “le ragioni degli uni e degli altri portano purtroppo a punti di vista molto diversi. Queste diversità non devono far perdere a noi la chiarezza della responsabilità, dell’aggressore e dell’aggredito. Dobbiamo credere che ci sia un modo per arrivare a una pace giusta e sicura non con le armi ma con il dialogo. Questo non è mai una sconfitta e richiede garanzie e responsabilità da parte di tutti”. E alla domanda se sia ottimista, Zuppi risponde: “Ho speranza. Lo sappiamo: l’ottimismo è credere che andrà tutto bene. La speranza è consapevolezza delle difficoltà che ci sono e affrontarle, lottare credendo che alla fine la pace deve vincere”.

Nel corso dell’omelia a Rimini il cardinale ha poi posto l’attenzione sulla necessità di costruire “comunione per l’intera famiglia umana” attraverso “il sogno di un’amicizia di tutti i popoli” che tuttavia “si scontra con la tentazione di restare ripiegati su se stessi, o peggio di cercare sicurezza alzando nuove frontiere, con antagonismi e polarizzazioni che perdono l’insieme: è sempre pericoloso, perché vuol dire anche non capire e non aiutare a trovare le soluzioni”.

“Con dei pregiudizi, che dànno sicurezza però – ha sottolineato Zuppi -, resistenti e amplificati dal digitale, con razzismi e intolleranze mai innocui e inerti, perché sappiamo quanto avvelenano e armano menti, cuori e mani. E non si può dire che non lo sapevamo”. “L’aria è inquinata da tante epidemie d’inimicizia, come vi ha scritto con tanta intelligenza papa Francesco, l’epidemia d’inimicizia – ha osservato -. Poi quando uno è un pò intossicato non se ne rende più conto, peggio, perché vuol dire che non ci sono più i sensori. E’ come quando l’aria diventa tutta elettrica: tu non te ne accorgi poi basta una scintilla perché scoppi tutto”. “Il nostro impegno di cristiani, figli di un Dio amico degli uomini, è perché cresca il senso dell’appartenenza ad una famiglia, ma anche all’unica famiglia umana”, ha aggiunto Zuppi.

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