Uniforme scolastica obbligatoria, dall’infanzia alle medie, a spese dei genitori. A comunicare questa decisione ai genitori dell’istituto comprensivo “Ruggero De Simone” di San Pietro Vernotico, in provincia di Brindisi, nei giorni scorsi, è stata la preside Loreta Chirizzi. Per i bambini della scuole elementari e della scuola secondaria di primo grado, è prevista una t-shirt bianca (preferibilmente con il logo dell’istituto); pantaloni blu/jeans (non strappati) sia per i maschi sia per le femmine e felpa con cappuccio grigio scuro e blu, con il simbolo della scuola. Non solo. Nella missiva inviata alle mamme e ai papà – pubblicata sull’albo online del “Ruggero De Simone” – si specifica dove acquistare il tutto: presso la ditta Allegrini confezioni di Cellino San Marco. Una spesa “a prezzo invariato rispetto agli anni scorsi” che va comunque ad incrementare i costi che le famiglie già sostengono.

Per le famiglie si tratta di tirar fuori dalle tasche venti euro per le felpe; dodici euro per la maglietta a maniche corte e cinquanta centesimi in più per quella a maniche lunghe. Sconti per le famiglie numerose non sono previsti (lo abbiamo verificato interpellando la ditta che ha avuto assegnato l’incarico dalla scuola). Ma non è finita. La dirigente dell’ dell’istituto ha deciso anche come si devono vestire i più piccoli. All’infanzia, infatti, dall’inizio delle lezioni sino al 31 ottobre e dal 2 maggio fino al termine della scuola , gli allievi devono portare una t-shirt bianca e dei pantaloncini blu per i maschi e maglietta bianca e fuseaux blu per le femmine. “Per il restante periodo dell’anno – spiega la dirigente nella circolare – gli alunni della scuola dell’infanzia riprenderanno a indossare il grembiule”.

Una scelta, quella del De Simone che sta provocando diverse reazioni tra i genitori: c’è chi è d’accordo e chi no nel momento in cui si impone l’acquisto di un preciso capo di abbigliamento. Sui social, tante mamme e papà, stanno discutendo di questa delibera che era comunque già stata adottata in passato. Non è la prima volta che una dirigente impone il dress-code ma all’infanzia e alla primaria è raro. A Milano, ad esempio, all’istituto comprensivo Leonardo da Vinci la dirigente aveva inviato una circolare alle famiglie ricordando che le alunne e gli alunni dovevano evitare di andare in classe con pantaloncini, canottiere, bermuda e ogni altro capo di abbigliamento inadeguato al contesto scolastico. A Rimini la preside Sabina Fortunati e il consiglio di istituto del Belluzzi – da Vinci avevano condotto una battaglia contro i pantaloni corti, i jeans con i buchi, le magliette stracciate, le canotte, i cappellini, le berrette, le ciabatte e le infradito: dopo tre infrazioni nota o richiamo scritto per chi infrangeva le regole. A Quartu, in provincia di Cagliari, invece, il preside di un liceo artistico aveva vietato ai ragazzi piercing e creste definendo questi atteggiamenti troppo estroversi.

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