Il ricambio cellulare descritto nei post precedenti è molto efficace nel rimpiazzare una cellula danneggiata o morta con una nuova, ma non è in grado di rimpiazzare interi organi.
Un organo possiede una anatomia complessa, alla quale partecipano tipi cellulari diversi, che non può essere facilmente replicata. Gli organi si formano nel corso dello sviluppo embrionale e fetale e raggiungono la piena maturità funzionale nelle fasi iniziali della vita extrauterina; da allora in poi nei mammiferi la rigenerazione d’organo è molto limitata. In alcuni animali la capacità rigenerativa è maggiore: tutti sanno, ad esempio, che alcuni rettili come le lucertole e i gechi possono rigenerare la coda, se questa è stata strappata da un predatore; ma anche questi animali non possono rigenerare gli organi interni.
Questo accade perché nella vita embrionale e fetale le diverse cellule staminali migrano seguendo gradienti di concentrazione di molecole guida, gli organizzatori, e raggiungono posizioni che sono poi definitive e che determinano la forma e l’anatomia microscopica degli organi. Nell’adulto gli organizzatori non vengono più prodotti e le cellule mantengono i posti che hanno raggiunto durante la vita embrionale. Ci sono molti esperimenti, condotti soprattutto su embrioni di insetti, che chiariscono il ruolo e la funzione degli organizzatori.
Il sistema nervoso centrale è un organo molto particolare perché le sue cellule, i neuroni, pur essendo tra loro grossolanamente simili svolgono funzioni diverse a seconda di come sono connessi tra loro. Un neurone motorio primario che controlla la flessione del braccio è sostanzialmente identico ad uno che controlla l’estensione della gamba: la differenza di funzione tra i due non è data da caratteristiche evidenziabili a livello cellulare o molecolare ma dalle connessioni che essi stabiliscono col motoneurone secondario, che a sua volta innerva la fibra muscolare.
Consegue a questa peculiarità che se un neurone per una qualunque ragione muore, la possibilità di sostituirlo è limitatissima o del tutto assente: non basta formare la nuova cellula, ma sarebbe necessario inserirla nell’esatto posto occupato dalla vecchia e ripristinare le sue connessioni con le cellule circostanti e questo è pressoché impossibile nell’adulto. Il risultato è un organo dotato di modestissime capacità rigenerative: i neuroni che abbiamo alla nascita costituiscono un patrimonio insostituibile.
Sebbene i neuroni siano cellule longeve, e capaci di rigenerare porzioni cellulari danneggiate, a volte anche loro muoiono, per insufficiente apporto di sangue (infarto cerebrale) o per malattie neurodegenerative, solitamente dovute al formarsi di precipitati proteici denaturati, quali la malattia di Alzheimer o la malattia di Parkinson. La morte dei neuroni aumenta con l’età, per l’accumulo di vari danni circolatori, ossidativi, degenerativi, etc. e si stima che sopra i settant’anni si perdano 50.000 neuroni al giorno o più. Il nostro cervello contiene circa 100 miliardi di neuroni, quindi anche un ritmo di perdita giornaliera molto sostenuto richiede anni per produrre effetti visibili e ancora di più per causare il decesso; ma prima o poi questo destino è inevitabile.
Il sistema nervoso centrale non è l’unico organo “insostituibile”: ogni organo ha un suo grado di capacità rigenerativa, che può essere grande o piccola a seconda dei casi. Il fegato ad esempio ha grandi possibilità rigenerative e la rimozione chirurgica di una porzione di fegato, ad esempio per un tumore, è seguita da una rigenerazione operata dalla porzione rimasta. Per contro il rene ha una anatomia microscopica complessa e la sua capacità rigenerativa è corrispondentemente più modesta; la funzionalità renale è soggetta ad un calo fisiologico con l’età e l’insufficienza renale nell’anziano è abbastanza frequente.
Un discorso simile vale per il cuore: le cellule cardiache possono essere rimpiazzate soltanto in misura limitata e un infarto viene riparato con tessuto cicatriziale, anziché con nuovo tessuto cardiaco, anche se questo sembra più legato all’assenza o alla scarsità di cellule staminali cardiache che non all’anatomia microscopica del miocardio. Ad ogni modo il punto dovrebbe essere chiaro: i danni d’organo in molti casi non sono completamente riparabili, e talvolta non lo sono affatto; e poiché sono inevitabili è anche inevitabile il depauperamento funzionale, cioè la vecchiaia.
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