L’ex ministro dell’ambiente del governo Draghi, Roberto Cingolani, risulta indagato dalla Procura di Roma in merito a vicende connesse con l’autorizzazione ambientale per lo stabilimento Solvay di Rosignano Marittimo, l’industria che produce carbonato di sodio nel paesino a sud di Livorno. La precedente autorizzazione sarebbe scaduta nel 2027, ovvero tra quattro anni, ma fu rinnovata da Cingolani il 20 gennaio 2022 fino al 2034.
Come raccontato dal Fatto già nel 2021 e 2022 (articoli i cui materiali all’epoca furono acquisiti dagli inquirenti), Cingolani – già ex dirigente del gruppo Leonardo che nel 2021 aveva stretto un accordo con la multinazionale chimica per la creazione di un laboratorio di ricerca congiunto dedicato allo sviluppo di nuovi materiali compositi – in qualità di ministro avrebbe prorogato prima della scadenza per cinque anni le autorizzazioni ambientali allo stabilimento chimico, nonostante le segnalazioni di numerose associazioni ambientaliste e civiche sugli sversamenti a mare dall’impianto, che in ambito europeo era già stato messo sotto la lente per l’impatto sull’ecosistema costiero del Tirreno.
Con l’iscrizione di Roberto Cingolani nel registro delle notizie di reato – inviata al tribunale dei Ministri -, secondo quanto apprende l’Ansa, la Procura di Roma contestualmente ha provveduto a chiedere l’archiviazione. L’atto prevede, per l’ex ministro, la facoltà di presentare memorie, o di chiedere di essere ascoltato, al collegio per i reati ministeriali del Tribunale di Roma.
La vicenda prende le mosse da una serie di denunce sporte alla Procura di Roma da Giuseppe Bivona, azionista attivista della londinese Bluebell Capital, molto noto per le sue iniziative su Mps, e dell’ex senatore M5S Elio Lannutti. Il Fatto non è sinora riuscito a mettersi in contatto con Cingolani.