Scrive la testata inglese: "Il vero rinnovatore sarà William, che avrà la licenza di cambiare le cose più di Carlo. Che per sé terrà il ruolo di stabilizzatore e continuatore"
Sono passati meno di quattro mesi dall’incoronazione di Re Carlo III e già si parla di un suo possibile “passo di lato”. L’ipotesi abdicazione non è sul piatto, anche se qualche settimana fa c’è chi aveva immaginato un addio tra dieci anni, salute permettendo. Ma a sparigliare i giochi ci ha pensato pochi giorni fa il Sunday Times, svelando una strategia più complessa: una sorta di trono “ad interim” che eviterebbe al principe William di rivivere lo stesso copione del padre Carlo. Il quale è salito sul trono a 74 anni, dopo il regno dalla lunghezza monstre di Elisabetta II, deceduta a 96 anni senza mai mostrare (almeno pubblicamente) il concreto desiderio di abdicare in favore del primogenito. La questione anagrafica, in questo caso, è secondaria: il centro di tutto qui è la forma che poi è anche sostanza. E la sostanza è la vita della Monarchia inglese che ha bisogno di una nuova spinta modernizzatrice per resistere agli scossoni delle polemiche e agli urti della storia.
Tradotto: “Il vero rinnovatore sarà William, che avrà la licenza di cambiare le cose più di Carlo. Che per sé terrà il ruolo di stabilizzatore e continuatore”, scrive Sunday Times, titolando apertamente “Carlo sarà un monarca provvisorio, prima di passare la corona a William”. Carlo III dunque “ha un ruolo molto importante da svolgere se vorrà essere un re ad interim, di transizione, come ponte fra due visioni, quella di sua madre e quella di suo figlio, il vecchio mondo e il nuovo”, rivela al giornale una fonte autorevole. “Quando era giovane, Carlo sarebbe stato un re piuttosto riformista, ma ha assunto il trono in un momento di divisioni per la nazione”, aggiunge, e per questo il suo regno sarà una sorta di trait d’union tra due visioni distanti. Carlo come mediatore, insomma, ma non va dimenticato che è stato proprio lui a suggerire e poi a spingere perché la madre cominciasse negli ultimi anni di vita a delineare una “monarchia snella”: c’è la sua mano dietro al piano per tagliare i costi ma anche i “rami secchi” della famiglia, diminuendo ad esempio il numero dei working royals, ossia i membri più stretti della famiglia reale con compiti di rappresentanza ufficiale (tutti gli altri, per vivere, hanno dovuto trovarsi un lavoro, a cominciare dalle figlie di Andrea di York). I Windsor oggi gravano circa 94 milioni di euro all’anno sulle casse dello Stato e Carlo punta su una generosa spending review sia per forma mentale – è abituato a risparmiare, tanto che usa lo stesso cappotto da vent’anni, per esempio -, sia per strizzare l’occhio all’opinione pubblica che notoriamente nulla perdona ai Windsor. I sudditi vedono in William il futuro della monarchia, complice l’immagine giovanile e smart che incarna anche grazie alla moglie Kate Middleton – secondo molti la vera stratega dietro ogni scelta del futuro re – e ai tre figli George, Charlotte e Louis. Ma la “carta William” non va giocata troppo in là nel tempo: un re cinquantenne ha il profilo del modernizzatore, un re ultrasettantenne decisamente no.