“Sarebbe un grande rimedio, finalmente, evirare il maschio portatore di fallo fallace a scopo sanitario e ascetico. Allora, questo genere di maschi, ripuliti da superflui pezzi di carne, canterebbero al cielo melodie soavi con le loro voci bianche…”. Parole che la regista e drammaturga Emma Dante ha postato su Facebook. “Agli stupratori”, si legge come incipit, e il riferimento è ai fatti di Palermo, lo stupro subito da una ragazza di 19 anni, violentata da un branco di sette giovani. “A che serve quel coso moscio, quel pezzetto di carne che pesa meno di un etto, quella protuberanza fastidiosa che a volte si mette a destra e a volte a sinistra, quel naso brutto senza narici, quella piccola sporgenza imbarazzante, quell’illusione di centro del bacino, centro del maschio, centro del mondo, quel palloncino che si gonfia con la pompetta della libido e diventa arma tagliente, pugnale penetrante, esaltazione dell’io, pene immondo che insozza la poesia di corpi sublimi fatti di vallate e promontori. Perché non asportarlo subito quel pungiglione velenoso?”, si legge ancora. I commenti sono moltissimi e c’è anche quello della stessa Dante che risponde a chi le chiede il perché di questo post: “Per farvi emergere, per farvi indignare… ma la cosa davvero incredibile è che tutti i portatori di fallo si sono indignati, indistintamente, con gli occhi iniettati di sangue, senza leggere in profondità il senso del mio messaggio che era rivolto agli assassini, a quelli che del pene fanno un’arma contro i deboli, donne e bambini. Un mese fa a Palermo una ragazza è stata stuprata da 7 uomini. Io credo che questa ragazza sia stata assassinata anche se resta viva, mentre questi uomini tra qualche mese saranno di nuovo a piede libero col miccio teso”. E ancora: “Il problema è anche nell’indifferenza degli altri, nella società in cui questa ragazza vive e poi muore, perché dopo quella notte lei muore anche se resta viva. La suicidata della società, direbbe Artaud“.
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